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EDITORIALI

Terza dose e coordinamento vaccinale

Redazione

Sul “booster” serve una linea comune globale, o quantomeno a livello Ue

Sulla somministrazione della terza dose  si rischia una situazione di caos. Da un lato l’Oms rilancia dichiarazioni di contrarietà invitando a occuparsi prima dei paesi più poveri che non hanno ancora avuto accesso neanche alle prime dosi; dall’altro Stati Uniti, Israele, Inghilterra, Francia, Serbia e Germania hanno già programmato o avviato l’offerta del “booster” a partire  dai più fragili. La questione non è esclusivamente scientifica. C’è infatti un altro elemento, più politico, che è necessario prendere in considerazione. E’ infatti evidente che le decisioni già annunciate da Francia, Germania e Inghilterra avranno ripercussioni anche sugli altri paesi europei, spingendoli a imitarli. In un certo senso si sta riproponendo lo stesso problema riscontrato nel dicembre 2020 sull’avvio della campagna vaccinale. In quel caso, per evitare fughe in avanti e mantenere una certa uniformità, l’Ue decise un’unica data simbolo per l’avvio della campagna vaccinale contro il Covid. E ancora prima, fu lo stesso principio a ispirare la decisione di un acquisto centralizzato di vaccini per evitare difformità di approvvigionamento. Oggi la scelta della terza dose sembra porci nuovamente di fronte allo stesso problema.

 

Oltre a un costo in termini di vite umane, la questione “booster” ha anche implicazioni sociali ed economiche. Parliamo cioè del rischio di trovarsi il prossimo ottobre costretti a dover mettere in campo nuove restrizioni per far fronte a un possibile aumento delle ospedalizzazioni dei pazienti più fragili e anziani vaccinati nei primi mesi del 2021 e quindi con una riduzione in termini di protezione. Serve quindi un coordinamento, almeno a livello europeo, per tenere insieme l’interesse globale a vaccinare tutto il mondo al fine di evitare l’emersione di nuove varianti e quello dei singoli paesi a tutelare i fragili ed evitare altre chiusure. Se ogni stato va per conto suo l’esito non sarà affatto ottimale. Serve una linea comune – magari a partire dalle indicazioni dell’Ema e coinvolgendo anche gli Usa – sulla necessità della terza dose.

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