Un medico mostra l'esito di un test sierologico (foto LaPresse)

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Disorganizzazione e anarchia, la scuola è un imprevisto programmato

Marco Bentivogli

Contro la seconda ondata dell'antiscienza. Se un medico viene sospeso per l’utilizzo di pratiche non riconosciute dalla medicina ufficiale, altrettanto deve accadere se un insegnante parla come un “no vax”

Nella gran parte dei paesi europei le scuole sono state riaperte, non senza problemi, ma una gestione avviata dalla scorsa primavera sta aiutando ad affrontare tutti gli imprevisti. In Italia l’imprevisto sembra proprio quello che in molti consideravamo una certezza, ovvero che con tutti questi mesi di tempo, l’apertura, già prevista per il 14 settembre, fosse stata pianificata di tutto punto. E invece, la sensazione è che si arriva al D-Day del tutto impreparati.

 

Nel resto d’Europa ci segnalano che in caso di contagi solo la classe in questione viene sospesa, vengono fatte le verifiche e i tamponi del caso, con la quarantena quando è necessario e poi si riparte senza troppi drammi e clamori. In Italia, per mesi abbiamo discusso di banchi a rotelle. Ma il segnale fondamentale che si doveva lavorare tutti nella stessa direzione, ovvero verso la riapertura certa e in sicurezza, evidentemente non è arrivato. A complicare l’incertezza sulla ripartenza, la recente notizia che riguarda lo scarso senso civico di alcuni insegnanti. I docenti dovrebbero sottoporsi a uno screening dal 24 agosto al 7 settembre: apprendiamo ieri, dal presidente dei Presidi del Lazio, che più di un terzo degli insegnanti si rifiuta di fare il test sierologico. Chissà cosa succederà quando sarà necessario fare la quarantena, sottoporsi al tampone o, peggio ancora, quando il vaccino sarà disponibile.

 

Per noi pedanti, certo non sembra un buon segnale un presidente del Consiglio che parla di “vaccini facoltativi”. Mi spiace ma credo che sia i test sierologici sia i vaccini vadano resi obbligatori. Ammansire i “laureati su Facebook”, i terrapiattisti, i complottisti vari dovrebbe essere lo sport più lontano dal mondo della scuola e da chi rappresenta le istituzioni. E’ vero, ci sono italiani che hanno dichiarato su Facebook, manco fosse il notaio, che non autorizzano nessuna analisi sui propri figli. Con tutto il progresso che c’è stato, viene da rimpiangere quando alle elementari si scendeva in fila e la “vigilatrice scolastica” ci faceva a tutti i vari vaccini.

 

Cosa è successo? La maledizione dell’“uno vale uno” ha portato anche dentro la scuola la convinzione che ciascuno di noi possa essere insegnante, medico, costituzionalista o astrofisico. Ed è ancor più preoccupante che questa delegittimazione del sapere arrivi proprio dagli insegnanti. Nell’entroterra di Ancona – sono mille in Italia i casi simili – ci sono comuni in cui i genitori si rifiutano di mandare i figli a scuola, si chiama “educazione parentale” e spesso non perché i figli siano poco seguiti o ghettizzati ma per il rifiuto dei programmi scolastici. A fine anno, questi poveri bambini si devono sottoporre alle verifiche previste per il loro grado di preparazione e sono quasi sempre tutti bocciati.

 

Un insegnante è un presidio educativo fondamentale per un paese. Se un medico viene sospeso per l’utilizzo di pratiche non riconosciute dalla medicina ufficiale, altrettanto deve accadere se un insegnante perde la testa e parla come un “no vax”, specie quando la diffusione dei test e dei vaccini (quando ci sono) è la condizione per la ripresa della vita normale, come nel caso del Covid. C’è una seconda ondata di questa subcultura antiscientifica che sembrava essere sparita durante il lockdown. Ognuno deve essere libero di pensare quel che vuole, ma quando si ha un ruolo pubblico di cura delle persone (che sia sanitario o che sia educativo) ci sono dei doveri e una deontologia a cui non ci si può e non ci si deve sottrarre.

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