Roma Capoccia

Venite a vedere il declino finale di Ostia: il deserto del reale

Andrea Venanzoni

Con la cessione a Roma della competenza di gestione delle spiagge, il X Municipio è rifluito a territorio dormitorio

Strade scomparse nella coltre di sabbia, un deserto, il deserto del reale, che avanza senza neon tremolanti e con solo l’ombra degli ultimi lampioni morenti a far da cornice. Distesa di onde che superano i tre metri e che rimasticano la spiaggia, invadendo i lembi della costa. Ostia sotto lo scudiscio meteorologico di Ciaran, tempesta di un tempo in cui anche gli eventi avversi devono avere nome, quasi per esorcizzare un orrore senza speranza di essere compreso. Quando a sera la furia del vento e della pioggia cessa, a riemergere alla vista è la fisionomia di una megalopoli che solo una tragica ironia burocratica ha potuto rubricare quale municipio, il X, di Roma. E mentre Ciaran si allontana, la politica si interroga sul ritorno verso Roma, la distante Roma che se ne sta tra i lucori dei Fori e del colle capitolino, della strategica competenza della gestione del demanio marittimo.

Inutile nascondersi dietro un dito, dietro la pudica foglia di fico della retorica politica: sin dal commissariamento che ha iconograficamente scolpito il litorale capitolino come una sorta di perenne suburra popolata di sbandati, delinquenza di strada, degrado e anomia, il X Municipio è rifluito a una dimensione di quartiere-dormitorio, scurito, desertico, coi casermoni ogni tanto immortalati dalla cronaca poliziesca per qualche maxi-operazione. Siamo a novembre, in fondo. Il mese in cui quarantotto anni fa, tra le canne lacustri e l’orizzonte basso baciato dal mare notturno, venne ritrovato il cadavere straziato di Pasolini, e a visitare l’area oggi davvero poco sembra essere cambiato. Idroscalo. Ancora popolato di casette basse e abusive, baracche, scogli frangiflutti inondati da disperazione, fanghiglia e carcasse di vetture.

Nonostante il litorale venga conosciuto e quasi sempre ridotto esclusivamente a Ostia Lido, il municipio comprende una moltitudine di aree urbanizzate del tutto diverse e con una popolazione che supera abbondantemente i 230.000 abitanti. Una megalopoli figlia di stagioni di abusivismo edilizio, bonifiche, interventi spesso dimenticati che hanno creato un quartiere con una serie di scatole cinesi urbanistiche incastonate le une nelle altre, difficilmente riducibile a unità sociale e culturale. Ostia Lido, fascia di spiaggia, cemento e pineta che si stende come una lingua smozzicata dai confini della foce del Tevere fino alle porte di Torvaianica.

C’è poi Ostia Antica, con i suoi bellissimi scavi, poco valorizzati e con una stazione del treno da film western dentro cui i turisti vagolano spauriti e confusi, senza indicazioni e con un ponte blu scarnificato, pericolante, che consente di attraversare la pericolosa via del Mare. C’è Acilia, zona popolare e popolana, caotica, ingolfata di case di edilizia pubblica, pochi servizi e dal notevolissimo record criminale. Dragona, Dragoncello, che costeggiano la via del Mare sul lato dove gorgoglia il tratto terminale del Tevere prima di andare a schiantarsi nel mare. Sull’altro versante, sopra Acilia, Casal Bernocchi, evocativo nomignolo che indica collinette che furono un tempo domicilio di briganti, e Malafede, lembo finale del Municipio tra la via Cristoforo Colombo e la via Ostiense. E poi zone residenziali, come Casal Palocco, consorzio privato di bellissime ville, e l’Infernetto, nomen omen ologrammatico di una Palocco sorta nel cuore della pineta, con una certa disinvoltura urbanistica e che proprio per questo di tanto in tanto finisce sotto l’acqua dei vicini canali di bonifica. Il X Municipio soffre la distanza, fisica, geografica, politica, amministrativa, da Roma. Ne è separata, più che collegata, dalla ferrovia Roma-Lido, ora Metromare, le cui vicende sono arci-note, e da alcune tra le strade più pericolose e col più alto tasso di sinistrosità, anche mortale, di tutta Roma, come via del Mare, via Ostiense e via Colombo. Il decentramento amministrativo, qui, al di là delle tentazioni autonomiste che pur inevitabili si sono affacciate nel corso degli anni, è una necessità fisiologica. Troppo complesso, troppo vasto e ramificato, troppo peculiare questo territorio per poter esser governato come una lontana provincia di palazzo Senatorio.

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