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Roma Capoccia

La storia triste ed esemplare di Atac: uno schiaffo ai romani

Luciano Nobili

Il referendum del 2018 doveva sancire la fine del monopolio. Ma né Raggi né l'attuale sindaco Gualtieri hanno dato seguito all'indicazione dei cittadini. Poche settimane fa l'Assemblea capitolina ha deciso di evitare ancora una volta la gara e di mantenere il servizio in house ad Atac, con affidamento diretto e senza trasparenza

Nell’agosto del 2017, di fronte ad un’Atac, incapace di garantire un servizio minimante dignitoso ai cittadini, che si indebitava e perdeva corse e che negava nei fatti il diritto alla mobilità dei romani, decidemmo che la misura era colma. Con Bobo Giachetti e un manipolo di compagni di avventura, al fianco dei radicali guidati da Riccardo Magi, passammo l’estate a raccogliere le firme per proporre un referendum che finalmente mettesse a gara – pubblica, trasparente, europea – il servizio di trasporto della Capitale. 

 

Una liberalizzazione che non significava e non significa una privatizzazione, tanto è vero che in giro per le capitali europee molte aziende pubbliche vincono le gare. Un esempio per tutti: l’Atm milanese che ha vinto la gara per la gestione della metro di Copenaghen, aperta 24 su 24. Una gara che avrebbe imposto a chiunque avesse vinto di gestire il servizio con standard di efficienza misurabili e garantiti e che avrebbe introdotto un principio di sana e positiva concorrenza in un settore devastato da monopolio pubblico e dalle ingerenze politiche e sindacali che hanno portato Atac al collasso, tra inefficienze e ruberie.

A dispetto delle previsioni, raccogliemmo le firme necessarie e dopo un lungo braccio di ferro con l’allora sindaca Raggi che tentò in ogni modo di bloccare il referendum, con i sindacati al suo fianco, l’11 novembre 2018 quasi 400mila romani andarono a votare. Scegliendo di dire basta al monopolio di Atac. Tra loro anche i principali esponenti dem romani: da Walter Tocci a Carlo Calenda, Marianna Madia, Luigi Zanda, Roberto Morassut e molti altri. Si mobilitarono, nonostante tante resistenze, perché il Pd allora “renziano” decise, consultando gli iscritti, a larga maggioranza, di sostenere la liberalizzazione del trasporto pubblico a Roma e la messa a gara. Il bello, o meglio il brutto, arriva dopo. Perché la Raggi, eletta proclamando la democrazia diretta, calpesta la volontà espressa di centinaia di migliaia di romani e decide di non dare attuazione al referendum. Poi arrivano i bus in fiamme, i tram bloccati, le stazioni metro chiuse. Perfino il concordato per evitare il fallimento ormai conclamato di Atac. 

La pagina più recente di questa storia è solo di un paio di settimane fa. Ed è la più triste di tutte. E’ l’esito della votazione in Assemblea Capitolina, sulla scelta della giunta Gualtieri. Che ha deciso di evitare ancora una volta la gara e di mantenere il servizio in house ad Atac, con affidamento diretto. Senza trasparenza. Senza controlli. Senza cambiamenti. L’eterno ritorno dell’uguale a cui la capitale sembra condannata. Nonostante i romani paghino le tasse più alte d’Italia per ricevere i servizi peggiori d’Italia. Una scelta difensiva e sbagliata. Fondata sulla paura che Atac non sia e non sarà mai in grado di vincere una gara. Vota a favore la maggioranza. Si dissolvono le opposizioni: FdI ritira gli ordini del giorno (che le preferenze in Atac fanno sempre comodo) e non partecipa al voto, gli altri si defilano, un paio si astengono. E i consiglieri di Azione? Che si riempiono sempre la bocca di proclami liberali? Desaparecidos.

Gli unici due coraggiosi voti contrari: Valerio Casini e Francesca Leoncini di Italia Viva. Che avevano proposto una soluzione intelligente e alternativa, naturalmente respinta dal clima consociativo del Campidoglio: proroga ad Atac per il solo tempo necessario a istruire e predisporre una gara.  Al termine della votazione in Aula Giulio Cesare, un consigliere comunale del Ps si è rivolto loro così: “Questo voto è uno schiaffo a Nobili e Giachetti”. Mi viene da rispondergli che magari fosse così. Semmai è uno schiaffo in faccia ai romani che si sono fidati di loro, a chi ha votato per Gualtieri pensando che potesse cambiare le cose e ha visto la Raggi e gli esponenti del M5a festeggiare perché l’amministrazione procede in continuità con loro, “ha appoggiato la nostra linea”. Uno schiaffo soprattutto ai milioni di cittadini che vedono negato il più elementare diritto alla mobilità e che ogni giorno affrontano un’odissea su mezzi pubblici inefficienti, in ritardo, fuori uso, rotti, vecchi, sporchi, inadeguati senza nessuno che provi davvero a cambiare le cose.
 

 L’autore di questo articolo è Consigliere regionale del Lazio per Italia Viva e presidente della Commissione RomaExpo2030 e grandi eventi
 

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