Pietro Parolin (LaPresse)

Roma Capoccia - Spina di borgo

Le chiare parole del cardinale Parolin sulla guerra che non piaceranno a Mosca

Matteo Matzuzzi

“Tenere sempre a mente il popolo ucraino che soffre o muore”, ha detto al vertice del Consiglio d’Europa il segretario di stato della Santa Sede. Una condanna non proprio nello stesso stile della “Nato che abbaia”

“Non possiamo accettare passivamente che la guerra di aggressione in quel martoriato paese continui. Tenere sempre a mente il popolo ucraino che soffre o muore”, ha detto il segretario di stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, intervenendo al vertice del Consiglio d’Europa in corso a Reykjavík, in Islanda. Parole misurate ma nette, anche perché rispondono a una delle più insistenti richieste della parte ucraina, e cioè la definizione della Russia quale stato aggressore. Parolin lo dice, confermando che l’udienza concessa dal Papa a Volodymyr Zelensky, sabato scorso, non rispondeva a una semplice richiesta “cui non si può dire di no”, come pure qualche media aveva scritto alla vigilia dell’incontro.

Certo, la mediazione vaticana non ci sarà, Zelensky ha esplicitamente detto di non averne bisogno e neppure la Russia sembra interessata a fornire al “Papa di Roma” un ruolo di primo piano nella vicenda (l’ala più “spirituale”, e quindi conservatrice, del Patriarcato non lo perdonerebbe mai a Kirill). Si vedrà. Quel che resta a oggi, è la chiara condanna del segretario di stato della “guerra di aggressione”. Che non è propriamente nello stesso stile della “Nato che abbaia”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.