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A roma

Guerra e pace: Zelensky, il presidente soldato parla all'Italia

Adriano Sofri

“Senza gli aiuti ci sarebbero molte più vittime. La nostra proposta di pace ci sarà quando arriveremo al confine con la Crimea”. Cosa ha detto il leader ucraino durante la sua visita italiana

Con tutto quel parlare di capitale blindata e cecchini sui tetti, c’era da temere che ne venissero fuori solo inquadrature di auto tetre e di strette di mano nei cortili delle autorità. Tutto il contrario. E nel finale, sbrigate le pratiche già spettacolose con il Quirinale, Palazzo Chigi e il Vaticano, la terrazza dell’Altare della Patria ha offerto la scena più spalancata a respirare profondo, e mortificare il piccolo rintanato impostore della Terza Roma. Non ci fossero stati Fellini e Sorrentino ad aggiornare l’immaginario greve della Romanità (e la vespa di Vacanze romane, sia detto senza allusioni) si sarebbero fatti gli scongiuri. Per quasi un’ora e mezza il presidente dell’Ucraina ha vivacemente risposto, come uno scugnizzo estratto a sorte, alle domande del “Gotha del giornalismo italiano” (Gotha di tutti maschi salva Monica Maggioni. Solo in Vaticano era andata peggio, da questo punto di vista). 

 

Che cosa ha detto, l’ospite? Che i mobilitati, le decine di migliaia di criminali estratti dalle galere, vengono mandati a uccidere, e se retrocedono li fucilano. Che le divisioni plateali fra i boss militari russi, Prigozhin e Shoigu e Gerasimov avvicinano alla pace noi ucraini, non lui Putin. Lui non si cura della gente, è isolato e isola la Russia. Parla di un colpo di Stato in Ucraina che ha portato al potere i delinquenti. Qualcuno ci crede. Dopo la guerra su larga scala non può nasconderlo più. Il mondo ha visto la nostra gente che fermava i carri a mani nude. Qui avete la pace, è bellissimo, la sento, vorrei farvi sentire la guerra. Villaggi che hanno vissuto otto mesi nelle cantine, senza luce, senza acqua. 

 

Trump dice che in 48 ore farebbe finire la guerra? Ma eravamo tutti e due presidenti, lui e io, e c’era già una guerra nel Donbas, e la Crimea occupata, e Trump non ne aveva idea. Putin si è detto allora che poteva muoversi a piacere. 

Quando avverrà la controffensiva, e dove, e quanto durerà? Se rispondessi, farei il male dell’Ucraina. Vedrete i risultati – e la Russia li vedrà. E’ inutile rifarmi la domanda, sono anch’io del mestiere. Risponderanno i fatti – a breve.

Il compromesso? Forse non è chiaro che cosa chiamiamo vittoria. Non si tratta solo né tanto di territori. Chi ha perso i figli, lo dico da padre, lo sa: gli do una medaglia e dico: Non perdonate, verrà la giustizia, non il giudizio di Dio, la giustizia dei tribunali. I valori per i quali ci battiamo. 

Dite che fuori dall’Ucraina il tempo che passa accresce l’indifferenza? E’ naturale. Ma si tratta di scegliere. Potete rischiare cose diverse, il ricatto sull’energia – vi riguarda. Caduta l’Ucraina, tocca alla Moldova, poi ai Baltici, siete nella Nato, quando, il cielo non voglia, avvenisse, toccherebbe a voi, ai vostri figli, anche se non arrivasse ancora all’Italia. 

Che io non volessi vedere Salvini? Figurarsi, con piacere. Se mi rimetterò la giacca? Sì, e anche la cravatta di Bruno, perché no, quando avremo vinto. Per la verità non ci ho più pensato. 

Se temo che vacilli l’aiuto italiano? Senza le difese antiaeree procurate da Italia e Francia ci sarebbero molte più vittime, semplicemente. Guardate, so che ci sono persone, partiti, che non sono dalla nostra, o che offrirebbero solo aiuti umanitari, medici – ma i medici curano persone che sono state ferite dai missili e dai droni, e se l’antiaerea ferma droni e missili, i feriti diminuiscono, e con loro il lavoro dei medici. Putin è come una grossa bestia feroce, veder mancare l’aiuto, o raggirate le sanzioni, lo ingolosisce. 

La Bielorussia? Se la vuole pappare, lo fa già, ha messo già uomini russi a comandare e amministrare. Ma la maggioranza dei bielorussi è triste per la guerra e simpatizza per l’Ucraina. Sanno di poter essere i prossimi. 

Sull’esportazione dei cereali, le difficoltà hanno una spiegazione politica, e la rispettiamo: non succederebbe se fossimo nell’Ue. Dovete capire che di fatto l’Ucraina è già membro dell’Europa, sta nella stessa rete. La visita di Draghi, con Macron, Scholz e il presidente rumeno, ha avuto un ruolo fondamentale. E così oggi. Le riforme che ci chiede l’Europa sono difficili da realizzare in guerra, ma stiamo facendo di tutto: a giugno avremo un resoconto preliminare e verso la fine dell’anno il dialogo sull’ingresso. 

 

La Cina: Ho parlato con Xi, gli sono grato per avermi detto che non daranno armi e tecnologie alla Russia. La cosa più importante è che abbiamo perduto tante persone, noi, non la Cina, ai cui cittadini auguro di vivere sani e salvi. La guerra è sulla nostra terra, ne conosciamo tutto: valori, sfide alimentari, nucleari, energetiche. Deboli o forti, le proposte devono riguardare la vita delle persone, ogni paese può inventare un piano per la pace di parole. Si facciano proposte concrete, come per il grano. Sulla sicurezza nucleare per esempio, i paesi nucleari sono garanti dell’accordo di Budapest, non possono esserci armi e militari alla centrale, non si può minacciare l’Europa di una nuova Chernobyl... 

Il Papa: noi abbiamo a che fare con Putin, c’è solo lui, e vuole solo uccidere. Con tutto il rispetto per Sua Santità, non c’è bisogno di mediatori fra noi e l’aggressore. Ho detto al Papa che lo invitiamo, come uno dei leader, a operare per il futuro ma prima... C’era stata una mediazione, il “formato Normandia”, il piano di Minsk, l’ha tradito e svuotato, tolto la cittadinanza ucraina, vietato la lingua, mobilitato le persone, bandita la chiesa ucraina. “Ma se fosse necessario, lei parlerebbe con Putin?” No, ma di che? Parlare di cosa? Nel 2019 diventai presidente, la gente non voleva, dissi che l’avrei fatto io. Volevo solo finire la guerra, lui non trovava un modo di incontrarci. Ci siamo messi d’accordo, e ogni giorno portava una provocazione, ferimenti, uccisioni, l’ho chiamato, i cecchini lungo il confine si allenavano al loro safari contro la gente viva. Ho chiamato più volte: niente. Oggi che si vede più debole, chiede di calmare le sanzioni, e dopo un anno ricomincerà a uccidere. 

 

Ma no, la via d’uscita c’è. Verrà dal campo. Noi li ricacceremo indietro, il suo consenso interno si indebolirà, e convocheremo un incontro sulla nostra proposta di pace con i migliori esperti internazionali e coi rappresentanti della Russia. Succederà quando saremo arrivati al confine con la Crimea – dunque manca poco.   
No, non credo che userà l’atomica. Ma certo nessuno sa che cos’ha in testa. Se lo facesse, il giorno dopo non sarebbe più vivo. Guardate come si siede al capo di quel tavolo lungo per la paura di contagiarsi: ha voglia di vivere. Non dobbiamo aver paura. Lui ha perso ogni connessione con la realtà, si aspettava i fiori, l’inerzia della Nato, va dicendo che abbiamo militari da tutti i paesi, non capisce più niente, ma ha una gran voglia di vivere.

 

“Ma voi volete l’integrità del vostro territorio, e Putin ha dichiarato che le zone occupate appartengono perennemente al territorio russo. Non c’è alternativa alla prosecuzione della guerra”.  Non vi è chiaro davvero che cosa è dell’informazione in Russia. E’ riuscito a far credere che l’Ucraina è nazista. E con lo stesso sistema, spiegherà che ha vinto, e lo farà quando saprà di poter perdere tutto, e noi dobbiamo fare che succeda il prima possibile. La liberazione progressiva dei nostri territori lo spingerà a questo, sarà la sua via d’uscita. Le sanzioni, e il campo di battaglia. 

 

Se io tema di essere ucciso, no, non c’è bisogno di parlarne. Coi droni sul Cremlino non abbiamo a che fare. Ha bisogno di inventare cose, se non lui i suoi. Ogni giorno ci bombarda, noi non bombardiamo da lui: i nostri partner ce lo impediscono. In Russia diminuisce il consenso del mondo degli affari, i ricchi perdono yacht e ville e alla fine non possono nemmeno venire qui e viaggiare, con le loro cittadinanze comprate: pensavano di soffrire un paio di mesi, e non si vede fine. I figli da Londra, dagli Usa, vengono mandati a casa, è un ritorno all’Urss, a lui piace, se la gente diventa sempre più povera puoi ricorrere solo alla guerra. Ma la gente ha visto che non è più l’Urss, la società non è chiusa, i giovani studiano su internet, vogliono essere liberi, si faranno sentire.

 

All’Onu molti paesi sono con noi. Ci sono gli scettici, o gli equidistanti, c’è una lunga storia di rapporti con l’Urss, ne abbiamo fatto parte anche noi, pensano che la Russia sia il successore, quella catena di relazioni rimane. Abbiamo sbagliato a non costruire dopo l’Urss i nostri rapporti, con l’America latina, con l’Africa. 
“Se liberaste la Crimea, fareste un referendum?” La nostra Costituzione permette il referendum ma in tutto il territorio. La Repubblica autonoma di Crimea fa parte dell’Ucraina. Voi fareste un referendum riservato al Sud Tirolo sull’uscita dall’Italia? Non ho paura dei referendum, ma è il popolo ucraino che deve decidere.
Chiede Maggioni: “Fino al 2019 la sua era un’altra vita, poi è venuta quella da presidente: quando si è trovato ad affrontare la terza potenza militare, ha pensato: Non ce la posso fare?..”. “Ma ce l’ho fatta”.     

 

Al commiato da quel rinfrancante ritrovo, non sono risuonati i reciproci inni nazionali ma la sigla di “Porta a porta”, e il cinefilo ospite ucraino dev’essersi detto: Questa l’ho già sentita da qualche parte.


 

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