L'Ucraina vuole che il Vaticano condanni esplicitamente l'aggressione di Mosca, ma Francesco non può spingersi a tanto: significherebbe entrare in gioco e finire nella schiera degli occidentali che combattono il Cremlino
La visita di Volodymyr Zelensky dal Papa è servita se non altro per mettere una parola tombale su ogni possibilità di mediazione vaticana. Non può esserci, perché a non volerla è prima di tutto l’aggredito, che non vuol sentire parlare di tregue – che consoliderebbero lo status quo sul campo – e di una pace che preveda qualche concessione a Mosca affinché si ritiri. Zelensky l’ha detto in modo chiaro due ore dopo i quaranta minuti di colloquio con Francesco e già l’asciutto comunicato diffuso dalla Santa Sede faceva capire che il vis-à-vis non era andato secondo i desiderata di Roma. “Con tutto il rispetto per Sua Santità, non abbiamo bisogno di un mediatore tra l’Ucraina e l’aggressore che ha sequestrato e occupato il nostro territorio”. Qualcosa è stato ottenuto – si lavorerà per riportare a casa i bambini – ma è evidente che quella breccia che qualcuno in Vaticano forse s’illudeva di aprire in una conversazione a quattr’occhi resta ben sigillata.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE