Roma Capoccia

C'è un altro problemone a Roma: lo statuto giuridico della capitale

Andrea Venanzoni

Assegnare ulteriori poteri oppure trasformare Roma in una città-regione? Entrambe le possibilità hanno potenzialità e limiti. Una buona via d'uscita potrebbe essere quella di costruire una classe dirigente capace di governare e trasformare l'Urbe

Mentre il neo sindaco Gualtieri era alle prese con la non semplice composizione della Giunta, resa complessa anche dallo scarso appeal della figura assessorile, mercoledì in Parlamento sono ripresi i lavori in Commissione Affari Costituzionali della Camera per la piena attuazione dell’ultimo comma dell’articolo 114 della Costituzione, ovvero per il riconoscimento di ordine costituzionale di Roma quale Capitale della Repubblica: potrà apparire incredibile ma ci volle il 2001 e la non ottimale riforma del Titolo V della Costituzione per mettere nero su bianco quello che era un dato di fatto storico.

  
E questo ritardo però ben segnalava tutta la difficoltà di inquadrare, istituzionalmente e giuridicamente, una città tentacolare, spesso caotica e disurbanizzata, con nel proprio ventre l’unicum di ospitare addirittura un altro Stato, lo Stato Città del Vaticano, paralizzata nei trasporti da manifestazioni e dalla presenza di plessi diplomatici e consolari e i tutti i principali palazzi del potere. Roma, Capitale su carta ma molto meno nella attuale e pratica configurazione dei propri poteri, con un Sindaco dimezzato nelle prerogative, nello stipendio e nella possibilità di governare con efficacia una megalopoli orizzontale di quasi tre milioni di abitanti, così drammaticamente distante dalle altre Capitali europee.

   
Di recente, in audizione presso la Commissione Affari Costituzionali, la Ministra Gelmini ha rimarcato la necessità di far presto e di dotare di poteri speciali la Capitale, affinchè la città si faccia trovare preparata per il Giubileo 2025, l’Expo 2030 e per i piani del Pnrr che più direttamente la riguardano. E qui già si apre una prima parentesi dolorosa: assegnazione di maggiore poteri, perimetrati e razionalizzati alla luce del dato costituzionale, o trasformazione della Città in una sorta di Città-regione munita di potestà legislativa? Mentre tra i partiti c’è generale accordo sulla eccezionalità della Capitale non c’è accordo reale però sulla morfologia da modellare in concreto.

  
L’idea di una Città-regione, va detto, per quanto affascinante, significherebbe la morte del Lazio, da cui verrebbe estroflessa la città più importante e popolosa, spezzandone peraltro l’unità geografica posto che Roma è situata esattamente al centro. Falliti i tentativi di dare attuazione per via di legge ordinaria al novellato articolo 114 della Costituzione, con una serie di tardivi e farraginosi provvedimenti adottati tra il 2009 e il 2010, è emersa di nuovo la tentazione di procedere per via costituzionale, con tutto ciò che ne consegue in termini di complicazioni procedurali e di tempistiche geologiche, le quali mal si sposano con le scadenze piuttosto ravvicinate di Giubileo ed Expo.

 
Di contro la mera assegnazione di risorse e poteri, se non inserita in un contesto altamente razionale, rischia di tradursi nell’ennesimo spot destinato a gravare sulle spalle dei cittadini, romani e non: d’altronde Roma annaspa tra i debiti contratti in forza di leggi-provvedimento che dagli anni sessanta in poi hanno riversato fiumi di denaro sulla città.

 
E se la politica sembra aver maturato una qualche blanda consapevolezza della particolarità cittadina, vi è da dire che siamo invece ancora in altissimo mare quando si tratta di individuare una classe dirigente in grado di traghettare Roma nella modernità, lontana dal dolciastro afrore di una città-museo, stantia e fuori dalla storia. Francesco Rutelli lo ha capito bene, mettendo in piedi la ambiziosa scuola di servizio civico, la cui ratio vitale è proprio quella di plasmare una classe dirigente capitolina che possa rendersi utile nella gestione concreta del potere e dei servizi pubblici. E in effetti, prima ancora della definizione costituzionale di Roma, sarebbe buona cosa lavorare sulla costruzione di una classe dirigente capace di mandare avanti la elefantiaca macchina amministrativa capitolina, da sempre croce e delizia degli amministratori locali.

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