Roma, i monopattini elettrici in città - Foto Valerio Portelli/LaPresse

Monopattini per tutti

Gianluca De Rosa

Ci vorrà un mese, ma il sindaco è entusiasta per il nuovo servizio di sharing: tutti dentro una buca

Roma. Fase 2: “Monopattini”. E’ l’eroico mezzo prescelto dalla Roma del Coronavirus, l’unico, secondo il Campidoglio, che può far muovere i cittadini tenendoli lontani da metro e autobus. Elettrico, pratico, ma soprattutto da condividere. Sedicimila monopattini in versione sharing – questo il numero massimo previsto dal Comune – gestiti dalle aziende specializzate in servizi a noleggio che vorranno proporsi. E’ la grande visione del Campidoglio, garanzia di distanziamento sociale per le settimane a venire e pretesto di sperimentazione di una mobilità sostenibile. Ieri la giunta ha licenziato la delibera con le linee guida, ora  tocca al dipartimento Mobilità raccogliere e vagliare le manifestazioni di interesse, mentre i municipi s’impegnano a individuare già possibili aree di sosta per i mezzi. Tra i requisiti minimi richiesti alle aziende: una flotta di almeno 750 monopattini, ma che non superi i mille, la garanzia del funzionamento quotidiano del 90 per cento dei mezzi e un servizio di assistenza clienti con call center attivo 24 ore su 24. Infine, l’assicurazione per la responsabilità civile, fino a un massimo di 6 milioni di euro. Tra gli operatori che parteciperanno ci sono sicuramente Bird Italia e Tier Mobility, aziende che già operano in diverse capitali europee che da tempo offrono il servizio. “Sono pronte a partire”, ha assicurato l’assessore alla Mobilità Pietro Calabrese.

  

Parte del grande piano romano per la cosiddetta "mobilità dolce", l’idea è parente di un’altra e altrettanto recente trovata del Campidoglio (condivisa per la verità anche dalla ministra dei Trasporti Paola De Micheli), anche questa ispirata dalla convivenza con il coronavirus: le piste ciclabili transitorie. Non esistono ancora ma sui viali principali della Capitale sono già in corso i primi rilievi per capire dove collocarle. Corsie ciclo-pedonali “à la carte”, disegnate insomma dove servono, da cancellare se e quando la fase 2 sarà superata. Gialle, larghe due metri e affiancate alle carreggiate, con segnaletica semplice e leggera da realizzare in tempi brevi. Un modo, in sostanza, per mettere una strada sotto ai piedi delle nuove migliaia di pedoni che da un po’ si trovano costrette a camminare o pedalare per la città. E in luoghi dove non pensavano. Se decollasse, come sembra accadrà, il progetto potrebbe riguardare fino a 40 chilometri di strada. “Siamo convinti che anche queste misure possano dare un contributo importante per superare al meglio l’emergenza”, diceva ieri Calabrese. E viste le difficoltà di salire su metro e bus ai tempi dell’epidemia, quella che normalmente sembrerebbe un’idea un po’ strana, oggi sembra più che mai opportuna. Chissà che quando torneremo alla normalità, complice la scarsa manutenzione della città, quelle piste non diventino definitive.

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