Marcello De Vito con Virginia Raggi (Foto LaPresse)

Il fantasma De Vito aleggia in Campidoglio

Marianna Rizzini

L’ex presidente dell’Aula accusato di corruzione non si è ancora dimesso, e il suo caso agita Di Maio, Raggi e i consiglieri grillini

Roma. Il caso è surreale, ma anche reale (e in linea con lo spirito del tempo). Personaggi e interpreti: Marcello De Vito, ex candidato sindaco grillino nel 2013 ed ex presidente a Cinque Stelle dell’Aula Giulio Cesare in epoca Raggi, arrestato nel marzo scorso con l’accusa di corruzione; Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo, colui che, all’indomani dell’arresto di De Vito, annunciava immediata espulsione per l’esponente romano al grido di “ciò che emerge è un insulto a ognuno di noi”; Virginia Raggi, sindaco di Roma, colei che, all’indomani dell’arresto di De Vito, scriveva su Facebook: “Nessuno sconto. A Roma non c’è spazio per la corruzione”.

 

E ancora: Enrico Stefàno, consigliere comunale per il M5s e vice presidente vicario dopo l’arresto di De Vito, dimessosi dall’incarico a inizio luglio con tanto di suspence (“spiegherò le mie motivazioni a mente fredda”, aveva detto il 4, per poi dichiarare sul Messaggero, il 7, che il suo gesto era legato all’“errore” di non aver revocato De Vito” e al fatto di aver visto prevalere in Aula “paura, menefreghismo e timori”). Eh sì, perché De Vito, nonostante i proclami di puro giustizialismo a Cinque Stelle e le auto-patenti di aderenza perfetta ai codici morali casaleggiani ostentate da Di Maio e Raggi, nei mesi successivi all’arresto non era stato revocato (per volontà della maggioranza dei consiglieri grillini che così intendono evitare il contenzioso legale – con risarcimento dei danni – con lo stesso De Vito). Stefàno avvertiva altresì anche l’ultimo personaggio comparso sulla scena, l’allora futura vicepresidente vicaria Sara Seccia (in carica da ieri): “È una collega molto in gamba ma non mi sento di spronarla anzi voglio dirlo: attenta, è come andare in trincea e non tornare”.

 

Fatto sta che, all’indomani della nomina di Seccia, il fantasma di De Vito, mai dimessosi dall’incarico, aleggia nonostante la nuova vicepresidente annunci grande “motivazione personale” (si troverà infatti, come Stefàno, ad avere un potere da presidente, ma in qualche modo dimezzato dalla non revoca di De Vito). E il sindaco? Raggi, su Twitter, fa gli auguri di buon lavoro a Seccia, mentre i consiglieri contrari alla revoca si rifanno a un parere secretato dell’Avvocatura capitolina che parla di un iter diverso (più lungo) per venire a capo della questione. C’è un “ma”: e se De Vito, non rimosso, nel frattempo torna a presiedere l’Aula? Tutto resta intanto sospeso – e appeso – alla decisione (prevista entro domani) dei provibiri a Cinque stelle, dopo la notifica del procedimento disciplinare a De Vito, ora ai domiciliari (il procedimento era stato aperto subito, dicono i probiviri, ma essendo De Vito in carcere senza posta elettronica, l’originaria notifica non gli era arrivata. E il ritardo così forse è spiegato, ma il tutto resta misteriosamente surreale).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.