Ansa

un altro campo largo

A Bruxelles la conferenza dei conservatori europei. Ma Meloni non sa se partecipare

Pietro Guastamacchia

Il 16 e il 17 andrà in scena “National Conservatism”, la super convention della destra europea con Orbán e Farage. Il bivio della premier sulla strada per le europee: continuare a sostenere  von der Leyen o tornare alle origini?

Bruxelles. Mentre in Italia si sotterrano le spoglie del campo largo, a Bruxelles ne nasce uno nuovo, però a destra. Anche se Giorgia Meloni potrebbe rimanerne fuori. Il 16 e il 17 aprile sbarca a Bruxelles “National Conservatism”, la superconferenza dei conservatori europei con la presenza di nomi di punta come il premier ungherese Viktor Orbán, il padre della Brexit Nigel Farage e l’ex ministra britannica per gli Interni, paladina della linea dura sui migranti, Suella Braverman. Tra gli oltre trenta relatori ci sono big dei conservatori polacchi e spagnoli, alleati di Meloni in Ue, e dei sovranisti belgi e francesi, alleati invece della Lega di Salvini. Resta nebulosa però la presenza italiana, per ora nessuna conferma da Fratelli d’Italia, né dalla Lega, ma gli organizzatori raccontano al Foglio che da Roma potrebbe arrivare a giorni l’annuncio “di un grosso esponente della destra italiana”.


All’evento anche il ministro israeliano per la Diaspora Amichai Chikli, del Likoud, partito del premier Benjamin Netanyahu, e il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, ex capo della Congregazione per la dottrina della fede, liquidato da Francesco nel 2017. La kermesse organizzata dalla Fondazione Burke non è un novità, anzi, nell’edizione del 2020, che si tenne a Roma, l’allora emergente Giorgia Meloni con il suo discorso in inglese, intitolato “God, Homeland and Family” (vale la regola che in inglese suona tutto più innocuo), fissava la sua immagine tra i conservatori europei e si proiettava portabandiera di una rivoluzione conservatrice che da lì due anni l’avrebbe portata a Palazzo Chigi. 

All’evento di Roma Meloni, già in ascesa grazie al remix di “Io sono Giorgia” pubblicato solo due mesi prima, sparò a zero contro chi “seduto a Bruxelles o Francoforte, privo di legittimità democratica, condiziona ogni giorno le scelte economiche, e le decisioni politiche, di coloro a cui quella legittimità è stata conferita dal voto popolare”. Parole che tuttavia oggi Meloni farebbe fatica a ripetere, visto che con chi sta seduta oggi a Bruxelles, ovvero la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ha stretto un patto per la riconferma. Accordo che paradossalmente potrebbe naufragare se, come dicono le indiscrezioni, la premier dovesse invece spostarsi su un altro nome, ovvero quello di chi stava seduto a Francoforte: l’ex presidente della Bce, Mario Draghi.

Sulla partecipazione di Meloni alla conferenza infatti si apre un caso, la premier il 17 aprile sarà a Bruxelles per partecipare al vertice europeo, ma per lei forse il clima non è più adatto a sedersi al tavolo con Orbán e Farage, a meno di un’improvvisa virata a destra che segnerebbe però la fine del patto con l’attuale presidente della Commissione Ue, bersaglio primario della conferenza dei conservatori.

Virata che però non è da escludere visto anche che al bis di von der Leyen a Bruxelles ormai ci credono in pochi e stanno infatti già iniziando le grandi manovre di riposizionamento sia tra i popolari, tra cui sale sempre più in alto la stella del premier greco Kyriakos Mitsotakis, sia tra i socialisti che puntano alla presidenza del Consiglio Ue e che accetterebbero senza colpo ferire uno sgambetto a von der Leyen. Con Orbán inoltre rimane in sospeso la questione del suo ingresso in Ecr, dato quasi per scontato dall’ungherese ma più volte smentito dai vertici del partito europeo guidato da Meloni.

Ma con una destra europea in pressing e l’alleato Salvini che cerca la rimonta schiacciando sempre più la premier sulla figura di von der Leyen chissà che per Meloni non risuoni forte il richiamo delle origini sulla noia dell’ultimo vertice di una legislatura europea rimasta quasi senza slancio. “Sarà una conferenza che, come nel  2020 farà molto parlare di sé, altro per ora non posso dire”, promette Francesco Giubilei, il meloniano presidente di Nazione futura, il think tank italiano partner dell’evento. Un avamposto di Meloni al tavolo dunque già c’è.

Di più su questi argomenti: