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“Afd, che imbarazzo”. Viaggio tra i dissidenti leghisti, che chiedono a Salvini di cambiare linea

Luca Roberto

Nella base leghista cresce il malcontento verso il segretario: "Dobbiamo ricostruire la nostra identità. I nostri elettori e il mondo produttivo non capiscono l'alleanza con i neonazisti". Parlano gli ex parlamentari Invernizzi e Belotti e i sindaci Monti e Olivari, tra coloro che hanno sottoscritto una lettera indirizzata al leader del Carroccio

“Se in Europa ci alleiamo con l’Afd e in Italia con l’Udc di Cesa è evidente che c’è un problema di linea politica. Possibile che Salvini non capisca che il nostro obiettivo non è tanto certificare un malessere quanto dare un contributo alla discussione interna al partito?”. Cristian Invernizzi è l’ideatore e primo firmatario della lettera che ventuno “dissidenti” hanno scritto al segretario per manifestare tutta l’insoddisfazione per lo stato in cui versa la Lega. A partire dalle alleanze europee. “Molti dei nostri elettori potenziali ci dicono: ‘perché dovremmo votare Lega se con quegli alleati rischiate di isolarvi in un recinto?’. Siamo sempre stati caratterizzati dal pragmatismo ed è lì che dobbiamo tornare”, spiega al Foglio l’ex deputato ed ex segretario della Lega in provincia di Bergamo. “Non lo diciamo per rompere, ma forti di una storia, di anni e anni di militanza. Ci mettiamo il nome, la faccia, poniamo semplicemente delle questioni. Non guardiamo ai risultati, ma alla ricostruzione di un’identità”.

Qualcuno può pensare che i firmatari della lettera sono solo dei trombati incattiviti, ma proprio perché non hanno più ruoli sono in qualche modo più liberi di dire quello che pensano”, racconta Daniele Belotti, ex parlamentare, anch’egli tra i sottoscrittori del documento critico nei confronti dei vertici. Quello in cui si dice, tra le altre cose, che la Lega ha poco a che spartire con Alternative für Deutschland. “E’ un dato politico che ci allontana dalla storica linea della Lega”, analizza Belotti. “Noi andavamo a fare le manifestazioni con gli indipendentisti catalani, non dall’ultradestra. Lo stesso Salvini è stato in Scozia quando ci fu il referendum, la Lega nasce per la libertà dei popoli. Passare dalle grandi manifestazioni catalane al congresso di partiti simili a Vox è qualcosa che ci allontana dalla nostra storia”.

Un pensiero condiviso non solo da chi l’attività politica nelle istituzioni se l’è oramai lasciata alle spalle. Ma anche da amministratori locali che ancora si sporcano le mani sul territorio. Com’è il caso di Andrea Monti, sindaco di Lazzate, in provincia di Monza-Brianza. “Premetto che non ho mai appoggiato Salvini”, dice al Foglio Monti, ex consigliere regionale, figlio di Cesarino Monti, già senatore leghista che nel 2012 sfidò Salvini al congresso della Lega Lombarda. “Quando parlo con gli imprenditori della Brianza mi dicono: ‘vorremmo che la Lega contasse in Europa’. Ma se mi metto con i neonazisti non faccio il bene del tessuto produttivo. Noi non abbiamo nulla in comune con loro”, spiega il sindaco. In questi giorni Monti ha ripescato un vecchio post che scrisse nel 2017 per criticare la svolta della Lega da partito territoriale a partito nazionale, accantonando il nord sin dalla denominazione. Ma soprattutto rimprovera a Salvini lo schiacciamento su posizioni identitarie che hanno reso la Lega “un partito replicabile, mentre prima eravamo unici. E questo è andato a tutto vantaggio della Meloni. Alle politiche del 2022 ci ha votato solo il 2 per cento delle Partite Iva, solo il 2 per cento degli studenti. I nostri elettori oramai sono i pensionati, un po’ di dipendenti pubblici. Il travaso è stato evidente. E nel frattempo, mentre noi caliamo, Forza Italia cresce. Sapete perché? Perché lo spazio c’è alla sinistra di Meloni, non alla sua destra”. 

 

La pensa così anche Lorenzo Olivari, sindaco di Quinzano D’Oglio, in provincia di Brescia. Anche lui ha condiviso parola per parola la lettera indirizzata a via Bellerio. “Milito nella Lega dal 2022. Ho aperto 15 sezioni giovanili. Il nostro marchio di fabbrica  è sempre stata la condivisione di ideali, e di una governance che consentiva di portare avanti quei valori. Era una famiglia in cui si condividevano le decisioni e l’operato. Tutto questo con Salvini sta venendo meno. La base era il nostro riferimento e siamo arrivati al verticismo”, racconta oggi. Anche Olivari pensa che gli alleati scelti da Salvini siano imbarazzanti.  “Siamo nati al grido di né neri né rossi ma per la libertà dei popoli. In questo contesto operativo ci siamo mossi con politiche che potevano essere a volte di destra e a volte di sinistra. La nostra bussola era il buonsenso, come ci ha insegnato Bossi. Ecco perché non ci si può alleare con gli estremisti isolandoci in Europa. Adesso sembriamo la brutta copia di FdI alla sua destra”. Eppure il segretario per adesso dice di non avere rivali interni. “Ma sempre più persone si renderanno conto che Salvini sta svendendo il partito. Zaia e Fedriga? Ottimi amministratori. Forse non hanno ancora l’esperienza per essere segretari, ma avranno l’occasione di farsi le ossa”.

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  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.