Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina - foto Ansa

Editoriali

Nella lotta contro il Ponte sullo Stretto il Pd usa anche gli argomenti peggiori

Redazione

L'ex ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, esagera quando parla di "devastazione sociale" per descrivere gli espropri necessari a costruire il ponte. Legittimo contestare l'opera su tutti i fronti, ma l'opposizione può essere controproducente

Tutto è buono per scagliarsi contro il Ponte sullo Stretto, anche il progetto politico – del tutto inedito per il Pd – di mettersi alla testa delle proteste di chi viene espropriato. L’ex ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, individua negli espropri addirittura una nuova “devastazione sociale” che porterebbe “migliaia di cittadini” a perdere quartieri, abitazioni e attività, i sacrifici di una vita”. Esagerazioni. Per essere più precisi, saranno demolite 150 unità immobiliari in Calabria e 300 in Sicilia. Ovviamente chi viene espropriato avrà un indennizzo ai prezzi di mercato (secondo giurisprudenza della Corte costituzionale). Il progetto Ponte ci aggiunge un “bonus trasloco” dell’ordine dei 20mila euro. Il M5s rilancia che gli espropri sono ridicoli senza un progetto esecutivo, a definire il campo largo della retorica degli espropri.
 

È legittimo contestare l’opera da tutti i fronti possibili, ma abbracciare la bandiera degli espropriati non è esattamente una politica progressista e di modernizzazione. Anche la più importante opera infrastrutturale italiana degli ultimi 50 anni, l’Alta velocità Milano-Roma, si incagliò sugli espropri, ma a parte qualche frangia dei Verdi, nessuno pensò di mettersi alla testa delle proteste per fermare i cantieri. La Tav poi risolse tutto pagando gli espropri 10-20 volte il minimo di legge. Qui il discorso politico è diverso perché l’opera è “vecchia, inutile e dannosa”? Giusta la battaglia contro un’opera che non si ritiene prioritaria, ma va fatta nelle sedi opportune. Anche la conferenza di servizi che comincia il 16 aprile sarà un teatro per le contestazioni. Però attenzione ad avere il senso della misura e a scegliere la strada giusta: perché la dichiarazione di interesse pubblico e di pubblica utilità che accompagna una grande opera infrastrutturale dice che lì è il bene pubblico, piaccia o no, mentre schierarsi a difesa di un interesse particolare, per quanto legittimo, è altra cosa. Costruire un progetto politico sul “no”, soprattutto con questi argomenti, può essere un passo indietro per il paese.