La premier Giorgia Meloni e il ministro della Salute Orazio Schillaci (Ansa)

Analisi

Pnrr e tagli alla sanità. Gli errori della strategia del governo

Marco Leonardi e Leonzio Rizzo

Nelle ultime settimane vi sono state forti lamentele delle regioni per il taglio di alcuni investimenti nella missione “sanità” del Recovery. I territori hanno ragione: ecco perché le scelte dell'esecutivo rischiano di rallentare o bloccare opere  e porgetti di cui ci sarebbe una gran bisogno

Nelle ultime settimane vi sono state forti lamentele delle regioni per il taglio di alcuni investimenti nella missione “sanità” del Pnrr. In particolare, si tratta del progetto “sanità connessa” per 200 milioni, ma soprattutto della cancellazione dal Piano nazionale complementare (Pnc – il piano parallelo al Pnrr finanziato con il bilancio nazionale) del progetto “verso un ospedale sicuro e sostenibile” per il 1,2 miliardi. Quel progetto finanzia il miglioramento strutturale degli edifici ospedalieri, adeguandoli alle vigenti norme antisismiche. Il governo sostiene che è possibile attingere alle risorse  per il programma dell’edilizia sanitaria (ovvero i fondi ordinari dell’art. 20 della legge 67/1988) e che quindi non c’è nessun taglio.

Hanno ragione le regioni. E’ vero che formalmente esiste un fondo su cui, secondo l’ultima audizione della Corte dei conti, residuavano a maggio 2023 10,4 miliardi per programmi ancora da sottoscrivere. Tuttavia, finché il programma non viene sottoscritto, con lunga e complessa procedura, e quindi il suo costo inserito in legge di bilancio, i 10,4 miliardi non hanno di fatto copertura.  Se si vuole finanziare il taglio alla sanità con il fondo relativo al programma per l’edilizia sanitaria, bisognerà prevederne la copertura nella prossima legge di Bilancio. L’altra possibilità è che si attinga alle risorse relative a progetti, sempre finanziati  con il fondo per l’edilizia, già approvati, per cui sono previsti impegni in legge di Bilancio per 940 milioni nel 2024, 1,2 miliardi nel 2025 e 1,1 nel 2026. Nella prossima legge di Bilancio si potrebbero definanziare tali impegni, ma ciò vorrebbe dire  non fare alcuni progetti per farne altri: sarebbe un gioco a somma zero. Inoltre, se alcuni investimenti fossero già stati avviati, potrebbe essere un’operazione  difficile da fare. In teoria rimangono anche i residui passivi per circa 2,8 miliardi, ma solo in teoria perché questi sono debiti dello stato, relativi a impegni già presi, e quindi non si possono definanziare.

Le possibilità sono quindi tre: o si fa più debito, o si definanziano altri progetti, o si taglia il progetto di messa in sicurezza sismica degli ospedali. Poiché il Pnc ha le stesse regole del Pnrr, con questi tagli  si rinuncia a inserire questi progetti in un canale che avrebbe usato procedure e vincoli temporali tali da renderne possibile l’attuazione. Invece il governo li sta rimettendo a carico dei finanziamenti ordinari, ben sapendo che con le procedure ordinarie si procede con grande lentezza. Il taglio di 1,2 miliardi  implicherà minori interventi per adeguamenti antisismici nelle strutture ospedaliere: le unità da adeguare sono infatti passate da 109 a 84. Anche nel caso in cui si riuscisse a trovare le risorse per finanziare tale taglio, la procedura perché queste siano attivate è particolarmente complessa, tale da far sì che il finanziamento, semmai, sarà necessario tra un paio di anni se non molto di più. Nei fatti,  significa rinviare o molto probabilmente cancellare del tutto gli interventi per la messa in sicurezza di strutture ospedaliere già esistenti.

Infatti, prima di arrivare alla necessità di trovare una copertura finanziaria le procedure attuative dei fondi ordinari per l’edilizia sanitaria sono così distribuite: i) le Aziende sanitarie locali (Asl) presentano alle regioni un’idea progettuale; ii) le regioni valutata la fattibilità dell’intervento, inseriscono il progetto nel programma degli interventi; iii) il programma  degli  interventi  viene sottoposto al ministero della Salute; iv) il ministero della Salute, valutati gli studi di fattibilità, autorizza gli interventi mediante la sottoscrizione di Accordi di programma; v) le regioni fanno richiesta di finanziamento dei singoli interventi al ministero della Salute; vi) intervenuta l’ammissione a finanziamento, le Asl procedono all’indizione delle gare per attuare gli investimenti. La procedura è lunga e complicata e coinvolge almeno tre livelli di amministrazione: le Asl, le regioni e il ministero nonché ovviamente la conferenza Stato- regioni: ci vogliono anni per arrivare alla fine. Tutti gli sforzi compiuti negli anni passati per semplificare questa procedura, a ora sono stati frustrati.

Alla fine, la situazione nel comparto sanità è questa. L’anno scorso sono state ridotte le case di comunità da 1.350 a 1.038 (il governo le voleva ridurre a 936) e ora il progetto per la messa in sicurezza antisismica degli ospedali. Nel frattempo non si è  affrontato l’unico tema che andava davvero risolto: rinnovare la convenzione con i medici di base per indurli a lavorare all’interno delle case di comunità, che altrimenti rischiano di rimanere vuote.

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