La memoria

La Corte dei conti boccia il decreto Pnrr: toglie fondi alla sanità pubblica

Redazione

Una relazione dei giudici contabili alla Camera interviene sul progetto "Verso un ospedale più sicuro e sostenibile". Il governo ha approvato uno spostamento di fondi che "riduce l’ammontare complessivo delle risorse destinabili a investimenti in sanità"

Il decreto Pnrr approvato dal governo Meloni e che ora si trova in commissione Bilancio alla Camera porterà a una "significativa riduzione" dei fondi destinati alla Sanità. È quanto emerge da una memoria della Corte dei conti depositata alla Camera dopo un'audizione tenuta davanti alla commissione e che come ha trattato proprio il decreto in questione. La Corte cita il piano di investimenti per realizzare il progetto "Verso un ospedale più sicuro e sostenibile", già finanziato con il Piano nazionale complementare (Pnc). Dalla relazione emerge che 1,2 miliardi di euro destinati a quel programma sono stati spostati al Fondo per l'edilizia ospedaliera previsto dall’articolo 20 della legge 11 marzo 1988 numero 67.
 

Questo spostamento di fondi,  "oltre a ridurre l’ammontare complessivo delle risorse destinabili a investimenti in sanità e a incidere su programmi di investimento regionali già avviati – sottolineano i magistrati contabili – comporta il rinvio dell’attuazione del progetto a quando saranno disponibili spazi finanziari adeguati".
 

Il ministro per Pnrr Raffaele Fitto ha più volte ha affermato che i fondi non mancherebbero. La Corte tuttavia puntualizza: "Se è vero infatti, che al 31 dicembre 2023 le risorse non ancora utilizzate attribuite all’articolo 20 (e quindi pronte per finanziare quel progetto, ndr) sono pari a 9,9 miliardi, il loro utilizzo effettivo è subordinato alla indicazione in bilancio di importi spendibili compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica. In altre parole, pur previste a legislazione vigente, tali risorse non sono già scontate nel tendenziale e quindi richiederanno apposita copertura".

Una situazione che, avverto infine i giudici, porterebbe a "un allungamento dei tempi che dovrebbe essere valutato alla luce dello stato di attuazione dei progetti attivati e che potrebbero registrare fabbisogni difficilmente rinviabili".

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