(foto LaPresse)

Il colloquio

Oliverio: “Anche la sinistra smetta di usare gli scioglimenti come un'arma”

Luca Roberto

L'ex presidente della Calabria: "Basta usare questi casi come strumenti di lotta politica. Cambiamo la legge. Lo dico e lo chiedo da anni"

“La legge che disciplina lo scioglimento dei comuni è una legge liberticida. Ma soprattutto è una specie di clava che viene usata politicamente per colpire gli avversari, tanto a destra quanto a sinistra. Abbiamo tutti delle responsabilità trasversali”. L’ex presidente della Calabria Mario Oliverio, storico esponente dem, osserva quanto sta succedendo in queste ore a Bari. E lo lega a quella che considera una consuetudine molto diffusa, soprattutto in regioni come la sua. Ma non solo. “Quella di Decaro è una vicenda paradossale. Non solo non è oggetto di procedimenti giudiziari, ma addirittura vive sotto scorta per il suo impegno contro la criminalità organizzata. Il problema è che ci sono tantissimi comuni in cui, attraverso l’attivismo di prefetti e magistrati, si è arrivati a uno scioglimento senza vere fondamenta. E questo ha prodotto dei danni permanenti sui territori”.

 

In questi giorni Oliverio sta presentando un libro scritto dalla giornalista Adriana Toman sulle sue vicende giudiziarie, che lo hanno visto indagato per anni e sempre assolto. All’interno c’è un capitolo dedicato proprio ai comuni sciolti per mafia nella sua regione: Marina di Gioiosa Ionica, Laino Borgo, Rosarno, Rende, tra gli altri. “In questi anni si sono applicate delle misure sommarie che nella gran parte dei casi hanno prodotto solo danni”, racconta Oliverio al Foglio. “Sono norme, quelle che permettono di far ricadere le responsabilità dei singoli sull’intera amministrazione, che non si usavano nemmeno nel medioevo. Non hanno alcuna ragion d’essere”. Eppure, secondo l’ex presidente calabrese, che è stato anche deputato, “c’è sempre una cagnara, un uso politico di queste vicende, che è poi il motivo per cui in questi anni si è fatto poco per cambiare questa legge. Ebbene, intervenire sarebbe una priorità. Perché questo miscuglio, questo utilizzo politico-strumentale, lo ripeto, sui territori, all’interno delle comunità, produce solamente dei danni irreparabili”. Una parte della responsabilità ce l’ha senz’altro anche la sinistra, argomenta Oliverio, perché evidentemente non ha avuto abbastanza a cuore il tema. “Anche se è stato lo stesso Decaro, in qualità di presidente dell’Anci, a dire che bisognava intervenire sulla materia”. L’altra considerazione è che “sul punto il Parlamento è rimasto immobile perché, con le liste bloccate, è diventato una schiera di nominati”. O forse, semplicemente, c’è chi bega perché le cose restino così come sono per trarne dei vantaggi.

Ieri l’ex sindaco di Reggio Calabria Demetrio Arena ha raccontato che, quando il Viminale sciolse il suo comune per mafia, nel 2012, l’allora ministro era stato incitato da parte dei parlamentari del Pd. Un po’ com’è successo anche con i parlamentari pugliesi di Forza Italia che hanno incontrato il ministro Piantedosi per porlo all’attenzione del caso barese. “Non so se ci furono incontri, pressioni, da parte dei parlamentari del Pd. Io sicuramente non c’ero”, racconta Oliverio, che nel 2012 era presidente della provincia di Cosenza. “In più il caso di Reggio Calabria era diverso da Bari, perché nell’amministrazione precedente, quella Scopelliti, c’erano state delle condanne. Ma qui non è una questione di medaglie da mettersi addosso. Il tema è che bisognerebbe essere garantisti sempre, non usare le indagini altrui per avvantaggiarsene da un punto di vista della lotta politica”.

 

E invece, forse anche nel caso di Bari, uno strumento tecnico, la commissione d’accesso istituita dal ministero dell’Interno, è stato trasformato in un modo per alimentare la campagna elettorale, da una parte e dall’altra. “Ripeto, questa è una legge liberticida. In tutta la mia carriera ho chiesto che venisse modificata ma non sono mai stato ascoltato. E’ tempo che le forze politiche diano una risposta invece che continuare a usare le indagini come uno strumento per regolare i conti”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.