Antonio Decaro (foto Ansa)

il casus belli e le reazioni

Cos'è successo a Bari e perché il governo forse vuole commissariare il comune

Gabriele De Campis

Nella città pugliese va in scena lo scontro istituzionale tra il sindaco e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. La solidarietà al primo cittadino barese rimette a sorpresa d’accordo la Schlein, Renzi e Calenda

A Bari si registra uno scontro istituzionale inedito. Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco della città, contro il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Casus belli la nomina della commissione d’accesso “finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune di Bari”, dopo l’inchiesta della Dda con oltre 150 arresti (tra cui una consigliera comunale eletta in un civica di centrodestra e passata subito dopo con il centrosinistra al governo) e il commissariamento dell’ex municipalizzata dei trasporti Amtab per presunta infiltrazione dei clan (che maramaldeggiavano tra assunzioni e soprusi vari).

Piantedosi ha informato Decaro mercoledì sera dell’avvio dell’istruttoria (dopo che il prefetto aveva chiesto al sindaco una prima documentazione) e il leader dem è insorto, parlando “di atto di guerra nei confronti della città di Bari”, ma soprattutto di “un meccanismo a orologeria” scaturito dalla “la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del governo” che dopo la retata dei mafiosi si erano recati proprio al Viminale per chiedere di accendere i riflettori sulla vita della comunità cittadina. Decaro a sua difesa ha anche ricordato “le parole del Procuratore distrettuale antimafia che ha detto testualmente: "L'amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata””. A nulla è servita un nota del Ministero dell’Interno che ha specificato come la commissione di accesso non abbia alcun indirizzo pregiudiziale.

Decaro la mattina dopo ha tenuto un conferenza stampa in lacrime, affiancato dalla sua giunta e dai suoi consiglieri comunali, nonché dai due fratelli coltelli - Vito Leccese e Michele Laforgia - candidati rivali alle prossime primarie dei progressisti. Bene, Decaro non ha abbassato i toni: “A Bari – ha spiegato – la mafia c'è, ci sono 14 clan criminali, ma li devi guardare in faccia, li devi sfidare, come ho fatto io, entrando in un'aula del tribunale con la fascia tricolore indosso”. E si è detto pronto a rinunciare alla scorta antimafia mentre ha evocato anche il celebre sceneggiato sulla camorra per sanzionare i toni del centrodestra: “Ogni giorno comunicati dei partiti regionali e nazionali. Come Savastano in Gomorra alcuni di loro hanno scritto 'andiamo a riprenderci la città'. Ma la città è dei baresi cosa volete riprendervi”.

Decaro, scottato dalla vicenda, ha inconsciamente condannato il gran bazar del visir Michele Emiliano, da sempre puntellato da transfughi della destra (o di Casapound): “Il problema vero – riferendosi proprio alla consigliera arrestata, Mari Lorusso, transitata da destra nella sua squadra – è il trasformismo. E ho colpa pure io perché quelle persone arrestate, gira e gira, me le sono ritrovate in maggioranza".

La solidarietà al primo cittadino barese rimette a sorpresa d’accordo la Schlein, Renzi e Calenda (“Ricapitolando a Bari il Governo di destra vuole Commissariare un Sindaco che vive scortato perché ha difeso la legalità, a causa di due consiglieri di destra che hanno praticato voto di scambio. Ma siete impazziti completamente?”), ma ha suscitato anche la reazione del ministro Raffaele Fitto (“nessun golpe, commissione atto dovuto. Per molto meno stati sciolti altri comuni”), mentre dai parlamentari di Fratelli d’Italia è arrivato un monito: "Lasciar passare l'idea che l'accesso della commissione sia un atto politico ha una doppia pericolosa valenza. Da un lato lascerebbe pensare che i Comuni che sono stati sciolti negli ultimi anni di governo del Pd lo siano stati allora per decisioni politiche secondo il suo ragionamento; la seconda rischiosa deriva sarebbe non accettare che lo Stato faccia lo Stato”, verificando eventuali infiltrazioni.

Lo sceicco Michele Emiliano, infine, non ha fatto mancare una sua lettura della vicenda, con un messaggio sibillino a Palazzo Chigi: “Non escludo che ora persino Meloni entri a gamba tesa su questa storia. Vorrei consigliarle di essere prudente, perchè poi la procedura passa dal consiglio dei Ministri, arriva al presidente della Repubblica”. L’affondo: “Rischiate di confermare i sospetti di chi pensa che questo sia un governo autoritario e non garantisce la Costituzione e la democrazia”.

Piantedosi, infine, è tornato sulla vicenda: “Capisco l'amarezza di Decaro. Abbiamo sciolto 15 comuni in prevalenza a guida di centrodestra. Questo governo ha dichiarato guerra alle mafie non agli amministratori locali". E con le comunali in arrivo a giugno il conflitto istituzionale e politico non potrà che infiammarsi ancora di più.

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