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come un déjà vu

“Fermare Meloni”. Da Landini e don Ciotti fino Rosy Bindi e Anpi: in arrivo i comitati contro il premierato

Ruggiero Montenegro

Nella sede della Cgil un convegno per denunciare "il pericolo democratico" della riforma e preaparare la mobilitazione. Il segretario del sindacato: "In gioco un modello di democrazia. Le manganellate sono un messaggio di intimidazione"

I protagonisti ci sono tutti. La benzina invece arriva dai recenti fatti di cronaca, le fallimentari manganellate agli studenti di Pisa. “Allarme democratico”, è il tema ricorrente, declinato dai relatori in varie sfumature. C’è il segretario della Cgil Maurizio Landini, a fare gli onori di casa, e c’è Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi. Poi il presidente emerito della Corte costituzionale Ugo De Siervo, don Luigi Ciotti e pure Rosy Bindi. A presiedere i lavori, il costituzionalista Gaetano Azzariti. Prendono la parola uno dopo l’altro. Si sono dati appuntamento nella sede nazionale del principale sindacato confederale per un convegno dal titolo “Un capo assoluto in un’Italia spezzata”, organizzato dall’associazione Salviamo la Costituzione. La presiede lo stesso Azzariti, che apre i lavori e spiega: “La maggioranza sta attentando alla Costituzione. E’ un disegno sistematico”. Presto arriveranno anche i comitati, ci stanno lavorando: l’obiettivo numero uno, non l’unico (si parla anche di autonomia differenziata, di pace e stop alle armi) è combattere la madre di tutte le riforme, il premierato. Che si realizzi è tutto da verificare, forse poco importa, ma è bene non farsi trovare impreparati. 

 

Sembra una sorta di giorno della marmotta, molti degli interventi infatti potrebbero essere, con qualche distinguo, gli stessi sentiti in occasione degli ultimi tentativi di modifiche costituzionali. E in effetti è lo stesso volantino distribuito in sala a spiegarlo: “Come già nel 2006 e nel 2016 è indispensabile costruire un grande movimento popolare, un insieme di realtà politiche che faccia della ‘Scelta per la Costituzione’ un terreno comune di incontro”. Un sindacalista (in borghese) aggiunge: “E’ la solita solfa, ma è necessaria”. Una professoressa di lettere, che per l’occasione ha dismesso i panni dell’insegnante e prende appunti su appunti, in modalità Elly Schlein, non è d’accordo: “Ma non li avete visti quei poveri studenti? I fatti di Pisa non possono essere ignorati”. Qualche ragione, in fondo, ce l’ha pure lei.

Intanto partono gli interventi. Quello di Azzariti è (quasi tutto) politico, invita alla “lotta democratica”, a federare il dissenso. De Siervo invece preferisce ragionare in punta di diritto, enunciando le contraddizioni della riforma tanto cara alla presidente del Consiglio: “Il premierato ha ricevuto critiche da ogni parte”, sottolinea. Arriva il turno di Landini, il più atteso: “Non si tratta solo di una riforma costituzionale, è in gioco un modello di democrazia”, dice il segretario mentre le manganellate sono un “messaggio di intimidazione”.  Nel suo intervento passa in rassegna l’attualità politica –  ricorda il 7 ottobre, condanna Hamas e poi anche la reazione di Israele – parla dei problemi del mondo del lavoro. “Problemi che non sono solo colpa di questo governo, se vogliamo essere onesti, ma di tutti quelli che hanno governato negli ultimi 20-25 anni”. Landini rilancia quindi l’idea dei comitati, “per fare una battaglia democratica, per affrontare il referendum quando ci sarà. Dobbiamo essere pronti anche prima”, aggiunge ricordando “che anche la Cgil sta ragionando sull’utilizzo dello strumento referendario per cancellare le leggi sbagliate su appalti, precarietà e possibilità di licenziamento”. E se fosse necessario anche per fermare l’autonomia di Calderoli. Di fare il federatore Landini non ne vuole sapere, ma se c’è qualcuno davvero in grado di mettere d’accordo Pd e M5s, forse è proprio lui.

Pagliarulo però, che prende parola dopo il leader dei lavoratori, preferisce andare all’attacco di Piantedosi e “dell’imbarazzante difesa del manganello”. Il segretario dell’Anpi cita Gramsci e “con tutti i distinguo ricordo la situazione del primo dopo guerra, degli anni Venti e Trenta e i regimi autoritari in Europa, oltre al fascismo e al nazismo. In uno scenario simile si colloca l’operato di questo governo”. A questo punto sarebbe stato quasi doveroso l’intervento di un parlamentare dem. E invece, in rappresentanza della “buona politica”  – la introduce così Azzariti – ecco Rosy Bindi. E’ lei la rappresentante dem? Macché. “Io sono qui in quota Bindi. Del Pd non ho la tessera”, ci risponde. Per l’ex ministra quella del governo è una “riforma bugiarda. Non mi meraviglia. Questa destra non ha mai accettato la Repubblica così com’è nata nella carta costituzionale. E allora a colpi di maggioranza vogliono demolirla”. Non restano insomma che le barricate. O almeno i comitati.
 

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