L'editoriale del direttore

Le elezioni sarde offrono buone notizie per il futuro dell'opposizione e della maggioranza

Claudio Cerasa

Un doppio e allegro bagno di realtà: Il Pd e Movimento 5 Stelle trionfano dimostrando come l'ondata di destra non esista. Dall'altra parte, il governo sa di poter costruire una competizione reale in vista delle europee. Ma l'elenco è un po' più lungo

La Sardegna, che bellezza. Aprite gli occhi e ragionate. Ci sono molte buone notizie che arrivano dalle elezioni sarde. Buone notizie per tutti: sia per gli sconfitti sia per i vincitori. Le elezioni sapete come sono andate. Dopo una giornata caotica durante la quale il popolo degli scrutatori ha contato i voti delle regionali con la stessa velocità con cui nel film “Zootropolis” gli impiegati della motorizzazione offrono pregiati servizi ai propri clienti, alla fine la candidata del centrosinistra, Alessandra Todde, ce l’ha fatta. Battuti i pronostici (che vedevano il centrodestra vincente). Battuto il centrodestra di Paolo Truzzu (è la prima regione strappata al centrodestra dal 2015). Battuto il centro di Renato Soru (il cui 8 per cento arriva dopo il 9 per cento di Moratti in Lombardia, arrivato a sua volta dopo l’8 per cento del Terzo polo alle politiche del 2022: lo spazio è piccolo ma c’è). Si dirà: ma a parte le buone notizie per il centrosinistra, quali sono le altre notizie che si possono individuare in questa tornata elettorale? L’elenco è lungo.

 

  

Notizia positiva numero uno: la presenza di un’alternativa possibile (prossimo obiettivo: superare il 50 per cento, fra tutti i partiti d’opposizione, alle europee) può creare una competizione reale con il centrodestra e quando un governo si ritrova di fronte un avversario vero il dovere di migliorarsi, e di occuparsi meno dei capricci interni, diventa una necessità. Notizia positiva numero due: la presenza di un’ennesima candidatura perdente, fortissimamente voluta da Giorgia Meloni, non va a legittimare la scelta che avrebbe voluto fare Matteo Salvini, cioè candidare il poco amato governatore uscente Stefano Solinas, ma va a mettere in rilievo un problema che la presidente del Consiglio prima o poi dovrà affrontare con forza: la presenza di una classe dirigente non all’altezza delle sfide a cui dovrebbe far fronte il primo partito italiano. Truzzu (doppiato nella città di cui è stato sindaco dalla sua rivale) arriva dopo Enrico Michetti (disastroso candidato a Roma nel 2021), che arriva dopo Luca Bernardo (disastroso candidato a Milano nel 2021), che arriva dopo diverse scelte infelici fatte al governo da Meloni (da Santanchè a Urso, per esempio) e dopo scelte poco fortunate fatte in alcune società partecipate dallo stato (un anno fa, Meloni ha tirato fuori dal cilindro, per la guida di Terna, una manager che sentiva vicina, Giuseppina Di Foggia, e Terna, fra le società partecipate rinnovate nel 2023, è l’unica ad avere oggi un valore del titolo inferiore rispetto a quello di un anno fa). E dover fare urgentemente i conti con i limiti della propria classe dirigente porterà probabilmente Meloni a puntare su stessa alle europee per non deludere le attese e porterà probabilmente anche ad accelerare la partita delle nomine primaverili (per riconfermare gli attuali amministratori delegati di Cdp e Ferrovie, come vorrebbe la premier, occorrerà quantomeno dare alla Lega la Basilicata, dove si voterà ad aprile).
 

È dunque una buona notizia il bagno di realtà della maggioranza di governo. Così come è una buona notizia il bagno di realtà delle opposizioni. Il centro, ancora una volta, ha di fronte a sé un quadro chiaro: per contare qualcosa, alle elezioni, bisogna colpire uniti, dopo aver marciato divisi, ma per contare davvero qualcosa occorre scegliere da che parte stare, o di qua o di là, praterie al centro continuano a non vedersi. Il centrosinistra, ancora una volta, ha di fronte a sé una prospettiva evidente. L’onda di destra, in Italia, non c’è (altro che regime). Non c’è stata nel 2022 (la destra ha vinto solo perché le opposizioni si sono divise). Continua a non esserci ora (come dimostra la Sardegna). E quando le opposizioni si uniscono lo spazio per non perdere esiste. Tutto sta nel capire, per il Pd, se l’altra lezione sarda sarà chiara: un partito che ne insegue un altro è destinato a trovare la sua dimensione naturale solo quando diventa la costola del partito che insegue. Viva la Sardegna!

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.