Emergenze

La peste suina avanza e il governo litiga sull'Irpef. Cospirazioni, falle. È già a Parma

Carmelo Caruso

È una minaccia per la filiera suinicola, da due anni si propaga,  mentre due commissari si sono avvicendati. Per l'ultimo sarebbe colpa di false barrette vegetali cinesi. La paura per un comparto che vale cinque miliardi

Roma. Manda la pasta nello spazio ma ha la peste sotto casa. Viene abbreviata con la sigla Psa, è la peste suina africana, e dovrebbe essere la sola angoscia del ministro dell’Agricoltura Lollobrigida. Colpisce i maiali, che devono essere abbattuti, viene diffusa dai cinghiali. E’ già arrivata a pochi chilometri da Parma, il paradiso del prosciutto. In Liguria i casi registrati sono 704 (12 nuovi casi ieri) in Piemonte 594. A Piacenza, trenta aziende hanno già chiesto lo stato d’emergenza. Il fenomeno è noto da due anni. L’assessore all’agricoltura dell’Emilia-Romagna, Alessio Mammi, da mesi, avvisa il governo, scrive,  e dice, “presto”, “di più”. Dieci trattori hanno sequestrato un  governo, un cinghiale infetto può fermare un comparto da cinque miliardi.


Cosa resta quando in agricoltura si esaurisce la fantasia, dopo che vengono approvate le leggi bandiera contro la carne sintetica o tagliata l’Irpef (un taglio che sia Meloni sia Giorgetti, ieri, alla fine, neppure volevano firmare)? Resta la peste. Dal 2022 in Italia circola la Psa, la peste suina africana, un virus che va precisato subito non colpisce l’uomo. Aggredisce e infetta suini. Sono stati già abbattuti 40 mila maiali, allertato l’esercito perché una soluzione è limitare i movimenti dei cinghiali, contenerli con reticolati adeguati. Gli scienziati la definiscono una “malattia economica”. I mercati internazionali si chiudono,  le esportazioni si bloccano,  i consumi crollano. Il 29 gennaio qualcosa è cambiato. In provincia di Parma, a Tornolo, un cacciatore ritrova una carcassa infetta. Il servizio veterinario dell’Usl di Parma conferma il caso. E’ il primo. Mai la malattia si era avvicinata al cuore della filiera suinicola: 1.200 allevamenti, 1.2 milioni di capi. Da due anni l’Italia si è dotata di un commissario straordinario per prevenire  la diffusione della peste suina. Il primo è stato Angelo Ferrari, nominato durante il governo Draghi, il secondo, l’attuale, è Vincenzo Caputo, già direttore generale dell’Istituto zooprofilattico di Umbria e Marche. E’ stato indicato 9 marzo 2023. Il suo mandato sta per scadere. Cosa è stato fatto finora? La malattia perché si sta propagando? In questi due anni una delle regioni più colpite è stata la Lombardia. Dopo il caso di Tornolo l’assessore dell’agricoltura dell’Emilia-Romagna, in un comunicato, ripete che occorre una strategia nazionale, “con una catena di comando chiara” e aggiunge “scriveremo nuovamente ai ministri competenti”. Ci sarebbe dunque un epistolario regione-governo. Il 15 gennaio il commissario straordinario, Caputo, viene convocato dalla Commissione agricoltura e sconvolge i presenti. Ogni virus ha bisogno di una spiegazione e Caputo ne trova una che solletica la destra perché contiene una parola magica. La parola è “vegetale”.

 

A domanda del presidente di Commissione, il leghista Carloni, Caputo spiega che il virus sarebbe stato introdotto da false barrette vegetali provenienti dalla Cina. Dice Caputo: “Non avrei riferito se non ci fossero state fughe di stampa, siccome ci sono state, io ritengo che a un tavolo tanto autorevole vada chiarito. Sono prodotti falsamente etichettati cinesi a uso alimentare. Prodotti disidratati dichiarati vegetali”. Cosa abbia in mano Caputo non si capisce tanto che si sente in dovere di aggiungere “posso essere io stesso richiamato perché c’è un’indagine in corso”. Che il virus si sia trasmesso per delle barrette energetiche essiccate è tutto da dimostrare. Il presidente Carloni chiede come faccia la barretta a infettare il cinghiale se il virus non si trasmette da uomo animale? Caputo risponde prontamente: “Attraverso gli scarti”. Il virus circola già da due anni e il test molecolare sulla barretta, spiegano degli scienziati, può risultare positivo anche se il virus è morto. La parte sconvolgente è però la successiva. Caputo dice che queste barrette “sono prodotti camuffati attraverso un sistema di contrabbando noto, che sono falsamente etichettati e che quindi cercano di sviare attenzione della autorità perché chiaramente il prodotto ha una lingua originale cinese”. Il prodotto, lo dice sempre Caputo, “non proviene da circuiti legali”. Se il contrabbando “è noto” è evidente che c’è una falla, se il problema è l’etichetta si deduce, dalle parole del commissario, che forse qualcuno l’ha letta ma non l’ha saputa interpretare. Che un’epidemia vada avanti da due anni è segno che non è più straordinaria. Sarebbe necessario parlare di vaccino (che manca) ma al governo c’è chi ancora non crede che dal Coroanvirus ne siamo usciti grazie al vaccino. Sul sito del ministero resta un comunicato, lungo nove righe, che risale al 31 agosto. E’ una celebrazione del “governo compatto nel fronteggiare la peste suina”. Il 26 gennaio Lollobrigida, al Tg1, parlava di space economy, di mezze maniche da portare nello spazio. Nelle stesse ore un cinghiale, in provincia di Parma, portava pure lui qualcosa. Era la peste.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio