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La replica

Meloni vs Elkann. "Sulle privatizzazioni non accetto accuse da chi ha dato Fiat ai francesi"

Redazione

Prendere "le lezioni di tutela dell'italianità da Repubblica anche no", dice la premier da Porro. Sulle europee "deciderò all'ultimo. Il consenso dei cittadini è l'unica cosa che mi interessa"

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, replica alle accuse del quotidiano Repubblica, nel corso dell'intervista a Quarta Repubblica, in onda stasera su Retequattro. "Ho letto una prima pagina di Repubblica che diceva 'L'Italia è in vendita'. Ora francamente che quest'accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e ceduto ai francesi, hanno trasferito all'estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane... Non so se il titolo fosse un'autobiografia, però le lezioni di tutela dell'italianità da questi pulpiti anche no". 

 

Sul dossier privatizzazioni, "lo stato mantiene sempre il  controllo quando è fondamentale", ha ribadito la premier. Sulla questione occorre fare chiarezza per Meloni, secondo la quale non si tratta di "regalare miliardi a qualche imprenditore fortunato e amico, come spesso visto in passato. Per me significa che lo stato può indietreggiare dove la sua presenza non è necessaria mentre deve avanzare quando la sua presenza è necessaria". Insomma, qual è la strategia di governo per le privatizzazioni? La premier annuncia che "nel documento economico di Bilancio sarebbero previsti 20 miliardi in tre anni. Un lavoro che si può fare con serietà", sottolinea. "Possiamo cedere alcune quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico e su alcune società interamente di proprietà dello stato possiamo cedere quote di minoranza a dei privati"; spiega Meloni, rivelando che anche Ferrovie dello stato sarebbe uno dei dossier sul tavolo di palazzo Chigi.

 

In merito alla polemica per la nomina di Luca De Fusco alla direzione del teatro di Roma, la premier ci tiene a chiarire di non aver esercitato alcuna influenza. "Neanche lo sapevo francamente", ha dichiarato. "C'è un cda che per legge nomina il direttore del teatro di Roma ed è stato nominata una persona che ha, da quello che io apprendo, un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza", ha aggiunto Meloni che nel suo endorsment a Fusco ci tiene a ribadire che il neo direttore "non ha tessere di partito, tantomeno di Fratelli d'Italia, ma lo scandalo - commenta ironica - è che non ha la tessera del Pd...". Per la premier "è finito il tempo dell'amichettismo, in cui per arrivare da qualche parte, dovevi avere la tessera di partito. Le carte ora le do io, o meglio le danno gli italiani. Questo è il tempo del merito", ha sottolineato. 

 

Meloni torna poi sulla sua candidatura alle elezioni europee, sulla quale ancora non sarebbe intenzionata a sciogliere la riserva. "Vediamo, non ho deciso. Penso deciderò all'ultimo, quando si formano le liste", dichiara. "Candidarsi alle europee da presidente del Consiglio è prendere in giro i cittadini perchè poi in Europa non ci si si va. È chiaro che, se i cittadini dovessero decidere di votare per una Meloni che si candida in Europa, sanno che non ci va", ha aggiunto la premier. "Ciò non toglie che se vogliono confermare o meno un consenso, anche questa è democrazia. E per me potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso dei cittadini, che è l'unica cosa che mi interessa", conclude.