(foto Ansa)

"Chiara? Sistemata"

Meloni a casa per influenza (salvo recita della figlia) gongola per la botta a Ferragni

Simone Canettieri

La premier non nasconde con i suoi colonnelli una certa soddisfazione per “aver sistemato” l’imprenditrice digitale e, di carambola, anche il marito Fedez, che nel corso degli anni non ha mai mancato di attaccare il centrodestra, il governo e anche Fratelli d’Italia

Finché l’opposizione in Italia la fa Chiara Ferragni, noi possiamo dormire tranquilli”. Giorgia Meloni da domenica, giorno del belligerante comizio finale di Atreju, è a casa alle prese con una forte influenza. Ieri mattina però è andata alla recita della figlia, poi ha ha cancellato tutti gli appuntamenti fino a Natale: dal saluto con le alte cariche al Quirinale di ieri alla conferenza stampa di fine anno prevista per oggi. Nel pomeriggio, quando Dagospia ha diffuso la foto di lei alla recita con Andrea Giambruno a debita distanza, ha rivelato di essere negativa al Covid dopo essersi sottoposta al tampone. Tutto un po’ bizzarro, certo. Meloni da casa lavora, e telefona molto. Rimane in contatto sui principali dossier che riguardano il governo. A partire dal Patto di stabilità a cui ha dato il via libera. Parlando con i suoi si è lascia andare sul caso della settimana: il pandoro di Ferragni. Ed è subito Melognez.

 

La premier, tra il serio e il faceto, non nasconde con i suoi colonnelli una certa soddisfazione per “aver sistemato” l’imprenditrice digitale e, di carambola, anche il marito Fedez, che nel corso degli anni non ha mai mancato di attaccare il centrodestra, il governo e anche Fratelli d’Italia. Come accadde, giusto per citare un esempio eclatante, all’ultimo Festival di Sanremo quando strappò la foto del viceministro Galeazzo Bignami. Se è vero che Chiara e Giorgia sono così distanti come origini ma così vicine nell’esprimere una forma nuova di matriarcato e di women power, a nessuno è sfuggito che la “battaglia navale” sia stata vinta dalla premier. “La cara Chiara è stata colpita e affondata”, raccontano da Fratelli d’Italia con la stessa scanzonata allegria da spogliatoio di quando vincono un derby con Matteo Salvini in Consiglio dei ministri. Ma quella è politica al primo stadio. Questa invece è una disfida quasi culturale che si gioca in un campo molto più ampio e che passa anche dalla reputazione sui social network. Un aspetto che Meloni e il suo staff curano in maniera maniacale, e non solo per la trovata degli “Appunti di Giorgia”. La “Capa”, d’ altronde, è la più seguita d’Italia. E forse anche per questo soffre molto l’aggressiva comunicazione social di Giuseppe Conte, la migliore su piazza insieme a quella di Via della Scrofa. “Gli influencer non sono quelli che fanno soldi a palate mettendo vestiti o borse o promuovendo carissimi panettoni facendo credere che si farà beneficenza, ma il cui prezzo servirà solo a pagare cachet milionari”, ha detto Meloni ad Atreju, con un attacco che ha avuto ripercussioni clamorose, come si sa: lacrime e mea culpa di Ferragni, difesa d’ufficio di Fedez. La premier in questi giorni di influenza a proposito del suo comizio non proprio di pace, vista la lunga teoria di nemici sfornati e messi in fila, è stata doppiamente contenta di aver attaccato Ferragni. Perché, come ha ragionato con i suoi, quest’affondo ha avuto anche un’altra funzione: quella di coprire l’attacco che ha sferrato a Roberto Saviano accusato di lucrare sulla malavita (“raccontare i camorristi fa vendere copie”). Un’uscita che avrebbe potuto provocare ben altre reazioni: lo scrittore è da una vita sotto scorta per minacce ed è dunque protetto dallo stato italiano. Ma la stoccata al padre di “Gomorra” è passata in secondo piano davanti allo “scandalo pandoro” anche perché nessun intellettuale di peso si è alzato in piedi per difenderlo. Una doppia fortuna per Meloni che per il momento segna un punto contro una donna che considera un’oppositrice  culturale, in mancanza di una vera opposizione politica in Parlamento e nel paese.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.