Carlo Nordio (foto Ansa)

l'intervista

“L'opposizione giudiziaria esiste”. Intervista a Carlo Nordio

Claudio Cerasa

Le riforme “che faremo tutte”, le promesse per il 2024, la separazione delle carriere, la stretta sulle intercettazioni e una certezza: “Quando un pm si espone non è più terzo ed esercita pressioni”. Parla il ministro della Giustizia

La separazione delle carriere? C’è. Le intercettazioni? Anche. Il riequilibrio tra poteri? Pure. Le pagelle? Eccole. E sul ruolo futuro dei magistrati? Partiamo da qui. Dice Carlo Nordio, ministro della Giustizia, che parlare di opposizione giudiziaria in Italia non è affatto un’eresia ma è un dato di realtà. “E’ un fatto”, dice il ministro. Carlo Nordio lo dice, conversando con il Foglio, pochi minuti dopo aver scortato, si fa per dire, il suo collega Guido Crosetto alla Camera.

Due settimane fa, Crosetto aveva espresso la sua preoccupazione sul tema dell’opposizione giudiziaria. Ieri alla Camera, nel corso di una informativa urgente, il ministro ha spiegato cosa intendeva con quell’affermazione. E mentre Crosetto spiegava, Nordio era lì accanto a lui che annuiva. “Il ministro Crosetto – ci dice Nordio – non ha fatto altro che riassumere, con un’espressione, tutto quello che è successo in Italia negli ultimi anni. Lei mi chiede se esiste o meno un’opposizione giudiziaria nel nostro paese”.

Nordio prende fiato, si accende una sigaretta e spiega il suo ragionamento. “La storia recente del nostro paese è piena di casi in cui vi sono magistrati che mostrano la propria volontà di interferire nella produzione legislativa o nella politica. Quando un magistrato in una riunione pubblica esprime il desiderio di opporsi alle iniziative politiche di un governo o del Parlamento, quel magistrato deve sapere che non sta soltanto esprimendo un’opinione. Sta facendo qualcosa di più. Sta facendo un passo per mostrare di non essere imparziale, di non essere terzo. E quando un magistrato va a intaccare la terzietà della sua figura, a pagarne in credibilità non è un singolo magistrato. A pagarne agli occhi dell’opinione pubblica rischia di essere anche la categoria. Le parole sono esse stesse dei fatti. La magistratura ha dimostrato di avere un potere immenso e ogni sua parola deve essere calibrata”. “E ogni espressione di un magistrato – dice Nordio – anche se non è seguita da azioni, ha un potere di impatto e pressione sull’opinione pubblica che è immenso. E’ una pressione. E in un paese in cui una fase della Repubblica è stata archiviata dai magistrati, pensi a Mani pulite, gli strumenti di pressione non possono essere sottovalutati e non denunciati pubblicamente”.

A cosa pensa? “Penso per esempio alla riforma dell’abuso di ufficio. Nel momento in cui una parte della magistratura manifesta una nettissima opposizione, vogliamo ammettere che esprimere una pressione preventiva nei confronti degli amministratori che invece vogliono cambiare questa legge significa intimorirli, condizionarli, mettergli paura?”.

Le parole dei magistrati sono esse stesse dei fatti, d’accordo, ma è un fatto che un magistrato che ha un grande potere discrezionale può usare il proprio potere in modo arbitrario. “Su questo non c’è dubbio. E il cocktail, a pensarci, è impressionante. Reati evanescenti, processi che finiscono nel nulla, magistrati che considerano qualsiasi valutazione sul loro operato come lesa maestà. Vi pare possibile vivere in un paese dove la prima cosa che un cliente chiede a un avvocato quando si tratta di reati di Pubblica amministrazione non è cosa ne pensa il giudice ma di che corrente è il giudice che mi giudicherà?”.

Ministro, ma al governo ci siete voi: se la magistratura ha troppo potere cosa aspettate a riequilibrare i poteri? E soprattutto, gentile ministro, che fine ha fatto la riforma dell’abuso d’ufficio? Che fine ha fatto la riformulazione del delitto di traffico di influenze illecite? Che fine ha fatto la modifica della disciplina delle intercettazioni? Che fine ha fatto la modifica della disciplina della custodia cautelare in carcere? Che fine ha fatto l’esclusione dell’appello del pubblico ministero contro le sentenze di proscioglimento nei procedimenti per reati a citazione diretta? Che fine ha fatto la separazione delle carriere? “Le riforme che lei cita hanno fatto la fine che meritano. Buona parte di queste è stata votata in Consiglio dei ministri, è stata votata in Senato, arriverà alla Camera presto e non faccio fatica a dire che il nostro cronoprogramma non ha subìto rallentamenti. E nel 2024 tutto ciò che lei ha detto verrà approvato in via definitiva”. Ministro, è serio? “Lo sono. In questo momento la precedenza è alla legge di Bilancio. Appena questa verrà approvata, le nostre riforme che non faccio fatica a definire epocali avranno priorità assoluta. E sul pacchetto di riforme approvato a giugno la maggioranza non presenterà emendamenti. Sono ottimista. Molto ottimista”.

Andiamo per ordine, ministro. Abuso d’ufficio: abolizione totale o parziale? “Totale”. Dunque i rilievi dell’Unione europea e, a quanto si dice, del Quirinale sono superati? “Diciamo che ci sono state agli inizi delle perplessità sulla compatibilità con la legislazione europea. Abbiamo fatto degli studi e la sostanza è molto semplice: alla Ue più che l’abolizione del reato d’ufficio interessa vedere quale sia la strategia efficace del nostro paese nei confronti della corruzione. E su questo noi abbiamo dimostrato che l’arsenale normativo repressivo e preventivo contro la corruzione in Italia è il più efficace d’Europa. Aggiungo una cosa importantissima di cui nessuno ha parlato: io sono andato ad Atlanta, in Georgia, qualche giorno fa alla conferenza nazionale sulla corruzione e lì abbiamo fatto una proposta accolta da tutti i paesi. Abbiamo posto il problema della cosiddetta corruzione percepita. Abbiamo spiegato, e gli altri interlocutori erano perfettamente d’accordo, che i criteri della corruzione percepita non corrispondono affatto a quelli della corruzione reale. E abbiamo convenuto con i colleghi che i parametri per valutare la corruzione in un paese devono cambiare. Contano non le impressioni, le percezioni, ma i fatti, i risultati dei processi, i caratteri oggettivi. E con i nuovi parametri vedrete che l’Italia non sarà più percepita per quello che non è”.

E le intercettazioni, ministro? “Non si riforma una materia così delicata procedendo per strappi. Serve una riforma complessiva, ci stiamo lavorando”. “La segretezza dell’informazione di garanzia resta per noi un punto cruciale. Con la nostra riforma, non sarà più possibile pubblicizzare le notizie di un’indagine fino a che non vi sarà una richiesta di rinvio a giudizio. Ma con il nuovo pacchetto che vareremo nei prossimi mesi faremo qualcosa di più. E interverremo con forza anche per offrire maggiori garanzie per chi dovesse subire il sequestro di quello strumento che tiene in mano: il telefonino”. In che senso? “Oggi, sequestrare il telefonino di una persona significa sequestrare la sua vita e quella degli altri. Con le norme che presenteremo nelle prossime settimane spiegheremo perché il sequestro di un telefonino non dà il diritto di poter entrare nella vita di persone terze estranee alle indagini”.

C’entra qualcosa il fatto che qualche mese fa la Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione sollevato dal Senato nei confronti della procura di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell’acquisizione di corrispondenza del senatore Matteo Renzi in violazione dell’articolo 68, terzo comma, della Costituzione? Leggo dalla sentenza:  “Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto (…) a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”. “C’entra naturalmente, ma la Corte costituzionale è intervenuta per tutelare i diritti di un parlamentare. Ora dobbiamo intervenire per tutelare i diritti di tutti i cittadini”.

  

Carlo Nordio con Guido Crosetto (foto Ansa)  
  

Ministro, lei però sa che ci possono essere le norme migliori del mondo. Ma le norme sulle intercettazioni, sulla segretezza degli atti di indagine, esistono già oggi. Il problema è che essendo puniti con una bazzecola i trasgressori, le leggi semplicemente non si rispettano. “Stiamo studiando un modo per farle rispettare e rendere poco conveniente non rispettarle. Il principio è chiaro e granitico: non si può sputtanare un terzo che non ha nulla a che fare con un’indagine e non si può violare il segreto prima che vi sia una richiesta di rinvio a giudizio”. Le diranno: bavaglio! “Risponderò: stato di diritto”. Dopo le intercettazioni, la riforma sulla custodia cautelare: entro il 2024, conferma, promette, assicura? “Assicuro. Entro il prossimo anno, ogni decisione relativa alla custodia cautelare dovrà essere devoluta a un organo collegiale, con un interrogatorio che verrà fatto prima dell’emissione dell’ordinanza, non dopo. E oltre a questo ovviamente vi sarà una riforma sulla prescrizione. Non era nei nostri piani, per il momento, ma al nostro cronoprogramma si è aggiunta un’iniziativa parlamentare importante, che punta a riportare la prescrizione sotto il profilo sostanziale, con le regole che vi erano prima ancora della riforma Cartabia e della riforma Bonafede”.

Che cosa pensa il ministro Nordio quando sente dire da un magistrato: “Io non sono un burocrate”. “Penso che abbia ragione chi dice che un magistrato non è solo un burocrate. Perché ogni magistrato ha un profilo da funzionario statale e per difendere i suoi diritti ha ovviamente come tutti i funzionari anche quello di protestare. Poi però c’è un altro lato del magistrato: il suo profilo giurisdizionale. Quando indossa la toga, il magistrato non rappresenta se stesso, rappresenta lo stato di diritto. E quando riveste quel ruolo un magistrato deve essere libero da ogni pregiudizio, a cominciare dai propri. E questo significa che le sue opinioni politiche non solo le deve lasciare da parte, ma non le deve nemmeno esternare. Perché un magistrato che accetta di dire  da che parte sta è un magistrato che accetta di non essere fedele al suo mandato. Al suo essere terzo”. E un magistrato che non accetta di essere valutato, che magistrato è? “Se il suo riferimento è alle famose pagelle, che rivendico e difendo, dico che si tratta di un falso problema. Le pagelle esistono già oggi, i magistrati lo sanno. Solo che oggi le pagelle è come se non ci fossero: il 99,9 per cento dei magistrati viene valutato con i massimi voti. E’ sufficiente, come stiamo facendo, introdurre parametri oggettivi, chiari, specifici. E vorrei ricordare che il giudizio ai magistrati verrà dato dagli stessi magistrati del Consiglio superiore della magistratura senza nessuna interferenza del potere esecutivo”.

A proposito di magistrati e di pulsioni della magistratura: c’è in Italia un problema con l’antimafia delle chiacchiere? “Concordo con quello che ha scritto il Foglio: sono anni che lo stato che lotta contro la mafia continua a rispondere con i fatti a un’antimafia delle chiacchiere, che se avesse dedicato all’attività investigativa contro la mafia la stessa attenzione dedicata alla promozione del complottismo avrebbe certamente aiutato lo stato a ottenere successi ulteriori rispetto a quelli già imponenti realizzati. Ci sono esempi positivi di lotta contro la mafia, penso ai procuratori della Repubblica che l’antimafia la fanno con i fatti e non con le chiacchiere. E ci sono esempi meno positivi di lotta contro la mafia che sono tutti coloro che invece che cercare i fatti cercano di avere un posto in prima fila nei talk. Occupandosi non di legalità ma di visibilità. E nel farlo puntano i bersagli grossi. Per far parlare di sé. Questo è vergognoso. Così come è vergognoso che ci sia in Italia un fronte trasversale che considera come un regalo alle mafie ogni iniziativa della politica. Penso alle infrastrutture, per esempio”.

Pensa al Ponte sullo Stretto? “Penso anche a quello. E penso che assecondare un’opinione pubblica che suggerisce di non costruire un ponte per paura di fare un regalo alle mafie significherebbe assecondare lo sfascio di un paese. Significherebbe arrendersi all’immobilismo. All’idea che l’unica forma di legalità consentita in Italia sia il non fare nulla”. Domenica scorsa il presidente del Consiglio ha rivolto, senza citarlo, un attacco allo scrittore Roberto Saviano. Lo ha fatto con queste parole. “Grazie di cuore a uomini e donne delle forze dell’ordine che presidiano territorio per anni abbandonato dallo stato. Sono storie da raccontare, che nessuno scrittore racconta, forse perché i camorristi fanno vendere molto di più, ci si fanno le serie televisive. E magari regalano il pulpito da New York da cui dare lezioni di moralità agli italiani”. Nordio cosa ne pensa? “Il discorso della Meloni l’ho condiviso in pieno. Per me, Saviano che ha fatto la sua fortuna scrivendo degli ottimi libri, più o meno di fantasia e più o meno reali sul fenomeno mafioso, non può continuare a pontificare ogni giorno che questo è un paese di mafiosi e qualsiasi cosa accada e faccia chi lui non ama è un favore alla mafia. Posso usare per l’ennesima volta il detto di Senofane? Se un triangolo potesse pensare, vedrebbe Dio fatto a triangolo. I problemi esistono, naturalmente. E quando si denuncia la criminalità si fa un servizio al paese. Non si può dire la stessa cosa però quando si diffonde anche all’estero l’idea che l’Italia sia dominata dalla corruzione e dalla mafia. Non è vero, è falso, si fa un pessimo servizio al paese. Dunque, denunciare sì, screditare un paese per vendere qualche copia in più, no”.

Ministro, lei ha sempre detto che aumentare le pene è un atto illiberale che ogni governo dovrebbe evitare. Possiamo dire che sul fronte dell’aumento delle pene il governo ha già dato e Nordio farà di tutto per evitarlo nel 2024? “Io ho sempre detto e sostengo che l’innalzamento della pene non ha mai costituito un deterrente contro i detenuti perché il delinquente, quello che vuole commettere un reato, non va a consultare il codice per vedere se la pena è aumentata o diminuita, perché pensa di farla franca”. Ministro, le devo ricordare quanti reati il governo ha introdotto e quante pene il suo governo ha innalzato o promesso di innalzare? Rave illegali. Violenza di genere. Violenza contro il personale sanitario. Violenza contro il personale scolastico. Omicidio nautico. Reato universale di gestazione per altri. Occupazione abusiva di immobili. Incendi boschivi. Istigazione alla violenza sui social. Muri imbrattati. Acquisto di merce contraffatta. Truffa ai danni di soggetti minori o anziani. Baby gang. Carne sintetica. “Lo so bene. Ma la politica è l’arte del possibile e ogni ministro deve fare dei compromessi per raggiungere alcuni obiettivi. Mi lasci però dire che pur essendo contrario all’aumento delle pene, a volte capisco che la politica abbia il bisogno di farlo”. E’ contrario ma approva? “Non approvo ma comprendo”. E cosa? “Comprendo che ci sono dei momenti in cui lo stato deve dimostrare la propria sensibilità fenomeni delittuosi e spesso l’unico modo per farlo è innalzare le pene. Se mi chiede se io mi illuda che innalzando le pene i reati diminuiscono direi no. Ma è anche vero che, come politico che interpreta anche le esigenze dell’opinione pubblica, devo ammettere che nei reati contro la violenza sulle donne c’erano dei vuoti normativi. Aggiungo poi un’altra cosa, sul rave party. Sarà un caso però dopo la promulgazione della legge rave party in Italia i rave party sono praticamente spariti”.

Non ci ha detto se la separazione delle carriere diventerà realtà nel 2024. “Glielo dico ora: sì. E le dico anche di più: separazione delle carriere e fine della attuale obbligatorietà dell’azione penale”. E ci dice anche in che modo? “Oggi l’azione penale viene esercitata dal pubblico ministero in modo arbitrario. I magistrati sanno bene che le priorità le decidono loro, in base alle convenienze a volte e in base ai propri interessi altre volte. Non sarà più così. Ci saranno delle regole chiare, delle priorità prestabilite e ci sarà un sistema all’interno del quale non vi sarà più un pm che ha un potere enorme senza avere responsabilità. Sulla separazione delle carriere, parleranno i fatti. Ma quel che mi sento di promettere è che il prossimo anno la norma ci sarà. E sarà una norma semplice. Chi vuole fare il pm, farà solo il pm e verrà giudicato dal suo Consiglio superiore della magistratura. Chi vuole fare il giudice, farà solo il giudice e verrà giudicato dal suo Csm. La giustizia cambierà, caro direttore, è una promessa che sono sicuro riuscirò a mantenere”. 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.