(foto Ansa)

l'intervista

"Meloni ha fatto bene a uscire dalla Via della seta”, dice Castaldo (M5s)

Luca Roberto

L'ex vicepresidente del Parlamento europeo: "I dati del Memorandum ci dicono che è stata una sconfitta umiliante. L'uscita è tutt'altro che un autogol, di cui parla Conte accusando Meloni. Salvini e la Lega? Se l'accordo non gli andava bene potevano far cadere il governo. Basta scaricabarile"

Sono in disaccordo con Meloni su numerosi temi, ma l’onestà intellettuale, che andrebbe sempre messa davanti alle logiche di partito, mi impone di esprimere un giudizio positivo per la scelta assunta dal governo di non rinnovare l’accordo sulla Via della seta”. Fabio Massimo Castaldo lo dice all’inizio di questo colloquio con Il Foglio. L’ex vicepresidente del Parlamento europeo, ex responsabile esteri dei 5s, con i grillini è sempre più in rotta. “I principi e i valori universali in cui credo mi costringono a dei distinguo necessari rispetto ad alcune scelte assunte dal vertice del M5s. Per esempio, le posizioni sempre più ambigue rispetto a una chiara, netta e doverosa condanna del regime di Putin per la criminale invasione perpetrata ai danni del popolo ucraino”, spiega. Anche sulle modalità dell’addio al Memorandum, non ci possono essere particolari recriminazioni: “Quando si parla di rapporti diplomatici tra stati, c’è un’importante differenza tra quanto emerge sulla stampa e quanto avviene ‘dietro le quinte’. La nota verbale inviata dal nostro Ministero degli Esteri a Pechino è la formalizzazione di quanto già espresso chiaramente dai Governi Draghi e Meloni negli scorsi mesi. L’unica pecca è stata l’assenza di un dibattito parlamentare che peraltro  avrebbe corroborato ulteriormente questa scelta agli occhi dell’opinione pubblica”.

 

Eppure Giuseppe Conte ha già parlato della decisione del governo come di un “autogol”. “Francamente mi domando come il mancato rinnovo di un accordo che ha drammaticamente esacerbato il divario tra le esportazioni e le importazioni nei saldi della nostra bilancia commerciale, possa essere definito un ‘autogol’ di cui i cittadini pagheranno il prezzo” dice l’eurodeputato snocciolando un po’ di dati. “Dal 2020 al 2022 le nostre esportazioni verso la Cina sono cresciute di soli 3,4 miliardi, da quasi 13 a 16,4 miliardi, mentre al contrario quelle cinesi verso l’Italia sono passate da 32,5 a 57,5 miliardi. Più che un autogol, questi dati testimoniano un’umiliante sconfitta a tavolino”. In aggiunta, secondo l’esponente del M5s, “se non fosse stato per un saggio e massiccio ricorso al Golden power, il sistema-Italia avrebbe perso il controllo di industrie strategiche e know how irrecuperabile, senza alcuna forma di reciprocità”.

Cos’è che spinse il governo Conte I a stipulare quel Memorandum? “Personalmente ho sempre nutrito dubbi a riguardo. Posso ipotizzare che le ragioni alla base di questa scommessa tanto geopoliticamente quanto economicamente azzardata fossero legate alla convinzione, o piuttosto all’illusione, che questo partenariato avrebbe aiutato il nostro paese a colmare il gap nell’export verso Pechino rispetto a Germania, Regno Unito e Francia”, riflette Castaldo. “A più di quattro anni dalla stipula dell’accordo, non riconoscere che quella che fu venduta come un’intesa win-win si è in realtà rivelata una manna dal cielo solo per le esportazioni della Cina vorrebbe dire abbracciare una prospettiva puramente ideologica, non oggettiva”. Eppure, secondo il parlamentare europeo, non è detto che un ruolo all’epoca l’abbia giocato la posizione filocinese di Beppe Grillo. “E’ chi ricopre o ha ricoperto incarichi di governo che ha l’onore e l’onere di assumersi la responsabilità delle scelte assunte. Un vecchio proverbio cinese dice che quando si beve l’acqua, bisogna ricordarsi di ringraziare chi ha scavato il pozzo: proprio per questo io per Grillo provo solo affetto e riconoscenza, anche quando la pensiamo diversamente. Più di chi ha scavato il pozzo, c’è da preoccuparsi delle azioni di chi ci si sta opportunisticamente abbeverando”.

Ora tutti danno addosso a Conte, ma un ruolo nel 2019 ce lo ebbe anche la Lega. “Che il sottosegretario Geraci fosse uno dei più ferventi promotori e sostenitori di questo Memorandum è di dominio pubblico. Così come la sua vicinanza alla Lega. La necessità di assumersi le proprie responsabilità vale per tutto il Governo, anche per i ministri e sottosegretari leghisti, a partire da Salvini, che notoriamente ha l’abilità di provare a sfuggirle come un’anguilla. Se avesse ritenuto necessario impedirlo, avrebbe potuto bloccare l’intesa, minacciare una crisi di governo. Se non ha ritenuto di farlo  ha il dovere di riconoscere il proprio errore e fare umilmente ammenda, risparmiandoci dall’ipocrita gioco dello scaricabarile”. Insomma, dopo l’uscita cosa bisognerebbe fare? “Solo l’Ue ha gli strumenti e il peso specifico per fronteggiare la sfida delle relazioni con la superpotenza asiatica. Certo, se il governo Meloni continuerà a isolarsi rispetto agli altri governi europei più autorevoli, difficilmente rafforzerà il nostro peso negoziale a Bruxelles. Solo insieme potremo essere in grado di strappare a Pechino una cooperazione concreta sulle sfide globali, come il cambiamento climatico, di proteggere le nostre imprese, di difendere la nostra sovranità tecnologica e di esigere delle condizionalità efficaci sul rispetto dei diritti umani. A parte la mia voce, che non è mai mancata, e quella di qualche altra collega, il silenzio del M5s su questo ultimo punto mi imbarazza e mi addolora. Le atroci sofferenze inflitte al popolo tibetano, a quello uiguro, agli abitanti di Hong Kong, ai Falun-Gong e le minacce a Taiwan dovrebbero vederci coraggiosamente al loro fianco, come per tutte le violazioni ai diritti umani, in ogni parte del globo. Io mi sono sempre sforzato di applicare lo stesso metro con ogni Paese, senza distinzione. Non si può essere deboli con i forti, e forti con i deboli. Anche il silenzio è una forma di complicità”.

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