Elly Schlein e Stefano Bonaccini (Roberto Monaldo / LaPresse)

Passeggiate romane

I due piani per prepararsi al dopo Schlein, in caso di flop europeo

Sotto l’apparente unanimità interna si affaccia, per l’ennesima volta nella storia del Pd, l’idea di cambiare la leadership. Il nome che circola è sempre lo stesso: Paolo Gentiloni benché luisi dica non disponibile

Dire che nel Pd le acque sono agitate è dire poco. Sotto l’apparente unanimità interna con cui i dem si accingono ad andare alle elezioni europee e amministrative cova una certa tensione e si affaccia, per l’ennesima volta nella storia del Pd, l’idea di cambiare la leadership attuale. Ovviamente, non subito. Dopo il voto. I nemici interni di Schlein, che militano in gran parte nell’area Bonaccini, anche se il presidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna non pare essere dello stesso avviso, sono convinti che nonostante al Nazareno si preveda di arrivare almeno al 25 per cento grazie alla logica del voto utile, il Pd arriverà al massimo al 20. E anche per le amministrative prevedono pessimi risultati. 

 
E a quel punto? Il nome che circola è sempre lo stesso, benché il diretto interessato si dica non disponibile. Ed è il nome del commissario europeo Paolo Gentiloni. In questo senso, l’altro ieri, è stata  apprezzata l’intervista che il commissario ha dato alla Stampa. Gentiloni, rispondendo a una domanda sulla riforma del libero mercato dell’elettricità, che il suo partito vorrebbe invece ancora sotto tutela, ha dichiarato: “Da italiano e da ex presidente del Consiglio dico che è una riforma sensata”. Una posizione opposta a quella di Elly Schlein che alcuni giorni fa ha addirittura convocato una conferenza stampa insieme a Pier Luigi Bersani per chiedere al governo Meloni di tornare indietro sul libero mercato e di rivedere l’impegnò preso nel Pnrr. Una posizione che gli avversari interni della segreteria hanno letto come un ceffone alla leader. Dunque sotto sotto si lavora per l’ennesimo cambio della guardia al vertice del Pd. E gli esponenti dell’area Bonaccini che si stanno dando da fare sono convinti che alla fine riusciranno a portare dalla loro parte anche alcuni dei leader dem che alle primarie hanno sostenuto Schlein, come Dario Franceschini. L’unico neo è la disponibilità dell’ex premier. “Ma vedrete che se viene accolto tipo salvatore dirà di sì”, assicurano i sostenitori del piano Gentiloni. 

   
Schlein è convinta che non succederà niente e ritiene che la sua permanenza alla guida del Pd sia scontata. Per questa ragione c’è anche chi ha congegnato un piano B. Se Schlein dovesse restare al suo posto l’idea è quella di non andare  alle  politiche candidando lei a palazzo Chigi in opposizione a Giorgia Meloni. Perciò si è alla ricerca di un’altra personalità. Chi? Qualcuno in questi giorni ha sussurrato il nome di Beppe Sala. A proposito di elezioni. Le europee, non le politiche. Un sondaggio riservato ha rivelato ai dirigenti dem che nel mondo della sinistra più di tanti nomi altisonanti, più dei leader di quell’area, quello che piace è l’usato sicuro: Pier Luigi Bersani.

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