L'evento

Rutelli e la rimpatriata al Campidoglio. Tutti guardano a Gentiloni

Gianluca De Rosa

All'Auditorium per i trent'anni dalla vittoria con Gianfranco Fini. C'è anche il commissario europeo che ricorda: "Per sconfiggere Berlusconi cercammo un federatore"

Sospesi tra Amarcord, nostalgia o rievocazione storica, quei bravi ragazzi del Campidoglio della stagione rutelliana di Roma si sono rivisti oggi per i trent’anni dalla vittoria di Rutelli su Gianfranco Fini  in uno dei simboli di quella presunta età d’oro, l’Auditorium. Ed eccola la nostalgia. Un fiume in piena di aneddotti. E dunque ecco anche Guido Bertolaso che con Maurizio Pucci e “Robertino” Giacchetti ascolta a tutto volume i Pink Floyd sulla spianata di Tor Vergata per sfogare la tensione al termine della grande adunata dei giovani con papa Giovanni Paolo II all’inizio del Giubileo del 2000. “Il questore  ci aveva detto che con due milioni di giovani non se ne parlava: il Papa doveva passare direttamente dall’elicottero al palco, ma il Santo padre non ne volle sapere ‘la divina Provvidenza ci guiderà’, disse, non c’erano nemmeno le transenne: con 42 gradi all’ombra i giovani le avevano usate per farci delle tende”, raccontava  l’ allora vice commissario del Giubileo. Oppure ecco Mimmo Cecchini, ex assessore al Territorio, affrontare Teodoro Buontempo, er Pecora del Movimento sociale, il più votato di tutti consiglieri comunali, che a Selvotta, 15 esimo chilometro della Casilina, è alla testa di un cordone di energumeni che vuole impedire una demolizione: “Ma un certo punto – racconta Cecchini – interviene un braccio e una mano che sposta Buontempo e un vocione che dice ‘e fa passà l’assessore’, il braccio era di Rocchetto La Salvia, per genialità ironica dei romani si trattava di un gigante buono che ci salvò”. Poi ci sono gli aneddoti internazionali, affidati a Paolo Gentiloni, capo della comunicazione  delle giunte di Rutelli. E dunque ecco gli uomini della sicurezza di Bill Clinton che saltano sul balconcino dell’ufficio del sindaco con affaccio Fori imperiali “per testarne la resistenza” o Fidel Castro che arriva in Campidoglio e cita a memoria Marco Aurelio e ancora Gentiloni “emozionatissimo”  nel 1995 a Davos vedere per la prima volta  un giudice italiano che è  “quello che tutti volevano incontrare”, Antonio Di Pietro.  Poi c’è il Gentiloni narrato dall’attore Massimo Ghini, all’epoca consigliere comunale dei Ds: “Noi stavamo lì a fare questo riunioni infinite, Paolo arrivava serafico, faceva firmare una cosa a Rutelli e andava via, adoravo che mentre noi discutevamo c’era  qualcuno che stava lavorando”. Accidenti quanto ci si divertiva. Lo dice chiaro e tondo Walter Tocci, assessore ai Trasporti dell’epoca: “Non mi sono mai più divertito così”. O per dirla con Gentiloni: “E’ stato molto importante esserci allora, in fondo ci ha cambiato la vita”.

 

Erano gli ottimisti anni 90, ma chissà che il 2024 non gli assomigli. Chissà che non tornino protagonisti gli ex radicali e popolari che contribuirono a inventare il centrosinistra. Oggi Francesco Rutelli, alcuni giorni fa Pierluigi Castagnetti all’assemblea dei popolari  che auspicava la necessità del ritorno di un federatore.   Gentiloni, uno di loro, è  l’italiano sul tetto d’Europa, l’unico a sinistra con una poltrona che conta. Altro che Elly Schlein. Anche lui auspicava qualcosa di simile. Dopo la sconfitta con Berlusconi, raccontava, la formula per la rivincita iniziò in qualche modo in Campidoglio: “Con l’ingresso in giunta di Renzo Lusetti, primo assessore popolare in una giunta di centrosinistra. Poco dopo  Rutelli organizzò una cena con Pietro Scoppola, Arturo Parisi e Luigi Spaventa per convincere l’allora presidente dell’Iri, Romano Prodi a candidarsi”. Chissà se dopo le europee il futuro del centrosinistra non sia davvero un déjà-vu anni 90.


Il format dell’evento  prevedeva diversi interventi, uno per ogni lettera dell’alfabeto. Tre minuti ciascuno, con un gong a sancire severissino lo scadere del tempo. Regola aurea: non andare oltre. In prima fila oltre a Paolo Gentiloni e Walter Veltroni, c’era anche il sindaco di oggi,  Roberto Gualtieri. “Stiamo cercando di ispirarci a loro”, dice. Ma il suo intervento è interrotto da almeno due colpi di gong. “Sindaco, è finito il tempo”. La comica Francesca Reggiani sottolinea le differenze con il passato: “Poi adesso c’è st’altro sindaco, com’è che se chiama? Coso… Gualtieri! E’ tanto bravo Gualtieri, però è schivo, è timido, ogni tanto pubblica un video, quando sta male poretto, a me dispiace da na parte, ma almeno uno lo vede”. Tutto termina con Veltroni che interviene alla lettera W, come Walter factor, “la meravigliosa fatica che abbiamo fatto resta. Fellini non usava mai la parola fine nei suoi film perché immaginava che i suoi personaggi continuassero, ed è un po’ così anche per noi”. Da Scorsese a Fellini, chequei bravi ragazzi stiano per tornare?