Giorgia Meloni - foto Ansa

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Meloni sale, mentre il suo partito cala un po' nei consensi. In FdI c'è un problema di immaturità

Salvatore Merlo

Dalle ultime rilevazioni di Swg la prima forza politica del paese cala dello 0,4 per cento. La lunga lista di sgrammaticature e una certa predisposizione alla gaffe dei membri di Fratelli d'Italia iniziano a farsi sentire

Giorgia Meloni cresce nei consensi, il suo partito invece, Fratelli d’Italia, cala. Di niente, certo. Dello 0,4 per cento secondo l’istituto di sondaggistica Swg. Un nulla, specialmente considerato il fatto che la soglia di errore statistico, in un sondaggio, è del 3 per cento. Tuttavia cala, il partito, benché  di un “tanticchia”, come si dice in Sicilia, cioè di poco. Di assai poco. Ma poiché anche un “tanticchia”  è qualcosa, o forse significa qualcosa, ecco che quel -0,4 per cento deve far riflettere. E non può essere archiviato, da politici professionisti come quelli che abitano adesso Palazzo Chigi, con una scrollata di spalle o riversando la colpa sulla stampa ostile che monta casi inesistenti intorno al partito di maggioranza relativa. Il fatto è che da una parte c’è la presidente del Consiglio, e leader della destra nazionale, che va a una velocità, mentre dall’altra parte c’è il partito, e la sua classe dirigente, che le arranca alle spalle tra piccole sgrammaticature, qualche incertezza, una certa predisposizione alla gaffe, e qualche improvvisazione di troppo. Il treno di Lollobrigida, preceduto mesi fa da quel sonoro “i poveri mangiano meglio dei ricchi”, e poi la “sostituzione etnica”, e ancora il caso Donzelli, Delmastro, Mollicone che dice “la maternità surrogata è un reato più grave della pedofilia”, Sangiuliano che vota allo Strega i libri che non ha letto, infine anche  la nomina di Geronimo La Russa al teatro Piccolo di Milano... Tante minuscole cose, talvolta ridicole, sì, inciampi o ingenuità di nessun rilievo, ciascuna forse quasi insignificante per conto suo, ma che però sommate tutte insieme alla fine diventano qualcosa. Un rumore di fondo. Un “tanticchia”, appunto.

Ciò che sembrava una mera bagattella, la mera palla di neve di un’infinitesimale scivolata transitoria che sarebbe durata lo spazio di un mattino, sta invece assumendo  proporzioni per la prima volta rilevabili, benché ancora infinitesimali. Per ora. A forza di creare immagini, se ne resta prigionieri. Come quel sovrano cinese che un giorno ordinò di cancellare dal muro nella sua stanza il dipinto di una fontana perché la notte non riusciva a dormire per il rumore. Così, a forza di piccoli spropositi, topiche e approssimazioni, la destra rischia di rimanere prigioniera di quel ritornello che all’inizio suonava rassicurante ma che adesso forse risulta stonato e nasale: “Meloni è brava, ma...”. Ecco. Quel “ma” adesso vale lo 0,4 per cento. In negativo. “Un leader senza classe dirigente, senza un partito radicato, senza cultura, senza una linea orizzontale di personalità di standing medio alto che lo affianchi, dura il tempo necessario a logorarsi nella macchina della sovraesposizione mediatica”. Sono parole di Andrea Augello, scomparso sette mesi fa e lasciate alla destra, la sua destra, come un testamento. L’ultimo consiglio della testa più politica del mondo post missino.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.