il racconto
Rider, prete e salumiere. Al cinema, Bersani funziona quasi meglio che in politica
L'ex segretario del Pd è tra i protagonisti del cortometraggio Coupon – il film della felicità, nel quale interpreta più ruoli: "Me l'ha proposto Staino. L'idea di fare tutti questi mestieri veri mi corrisponde molto. La candidatura alle europee? Assolutamente no"
È l’onorevole salumiere, il segretario fruttivendolo, il presidente rider. È il Bersani post Bersani. Chi lo vedeva proiettato verso Bruxelles, insomma, rimarrà un po’ deluso. Noi no, perché al cinema se la cava benissimo. Siamo andati a vederlo.
Pier Luigi Bersani è il pezzo forte, ci perdoneranno gli altri attori, di Coupon – il film della felicità. Il cortometraggio, presentato ieri a Roma, di Agostino Ferrente con Milena Vukotic, la poetessa Maria Grazia Calandrone, l’attore Paolo Lombardi e il cantautore Andrea Satta. “Mi ha telefonato Sergio Staino, è stata l’ultima volta che l’ho sentito, e me l’ha proposto. L’idea mi è piaciuta subito”, svela Bersani.
E così eccolo qua l’ex segretario del Pd, che si concede alle domande dei cronisti a margine della proiezione. Un film tutto politico che non parla di politica, non quella dei palazzi ovviamente, ma racconta la solitudine e i mali del nostro tempo, il cosiddetto paese reale rispetto a cui Bersani ha “un sacco di empatia. Io son di paese e davo via la benzina. La realtà è starci dentro”. Spiega che questo “è un film amaro. Se non riesci ad avere un sistema di relazioni c’è la solitudine. Ed è un problema sociale enorme”. Di cui forse pure la sinistra dovrebbe tornare a interessarsi di più, è il sottotesto.
La saletta del cinema Eden, dove va in scena l’anteprima, per la verità, è piena solo a metà. Ed è un peccato. Non si vedono i santoni della sinistra, ma certo non può mancare la fedelissima Chiara Geloni che all’ingresso smista traffico e domande. Bersani racconta che dietro la macchina da presa si è “divertito molto”. Nessun dubbio invece sulle sue doti, e non potrebbe essere altrimenti: dopo una carriera politica che l’ha portato a un passo da Palazzo Chigi, tra segreterie e ministeri, la sua capacità d’intrattenere – al di là del palco di un comizio – non è una una novità. E se un tempo duettava con Crozza a suon di “Oh ragazzi, siam mica qui...”, oggi è presenza fissa in tv, grande mentore su La7. E non solo per competenza politica. Dietro lo schermo, tra metafore e proverbi, funziona. E come attore? “Forse il migliore di tutti”, risponde con una battuta il regista Ferrente. Nel cortometraggio, Bersani fa un po’ di tutto: appare come testimonial in un manifesto e come cassiere, poi scaffalista, fruttivendolo e prete che gioca a bocce. Infine rider, nella scena che chiude il film. “Penso che l’autoironia sia un meccanismo di salute mentale, lo consiglio anche ai colleghi della politica. E’ chiaro che se m’avessero fatto mettere la parrucca per fare il cicisbeo del ‘700, avrei rifiutato. Ma l’idea di fare tutti questi mestieri veri mi corrisponde molto. Son figlio di un meccanico, ragazzi”, dice ancora Bersani, con un punta di sano orgoglio (proletario).
Fuori pellicola, c’è anche spazio per la stretta attualità politica. Lollobrigida e il Frecciarossa? “Ho imparato in questi giorni che chiunque può dire: ho un problema, fermiamo il treno”. Il governo? “La situazione internazionale crea una cintura d’emergenza. Ma il consenso si sta ammaccando”. Le opposizioni? “L’alternativa non c’è ancora. C’è però una richiesta di unità da parte di chi si sente alternativo alla destra. E le opposizioni lo stanno capendo. Avvicinandosi alle europee scatterà la nobile gara a chi è più unitario”, è la profezia ottimista, forse un po’ troppo. In ogni caso, Bersani non sarà della partita: “Bruxelles? Assolutamente no”. E a chi gli chiede se possa fare da federatore tra M5s e Pd, risponde: “L’ho già detto. Io non posso tirare il carro. Spetta ad altri, io darò una mano”. Non resta quindi che il cinema, le risate e gli applausi convinti del piccolo pubblico dell’Eden. Inizia un’altra carriera, Bersani punta all’Oscar? “Non farò nemmeno l’attore”, ci scherza su. Sempre che non arrivi la chiamata di Ken Loach. Allora chissà.
L'editoriale del direttore