Elly non rilancia

Schlein non riesce ad attaccare Meloni e lascia il campo a Conte

Marianna Rizzini

La piazza è piena, ma quando la premier la attacca o le risponde, la segretaria lascia andare. "Le cose le sa, deve decidersi a dirle", sosteneva Rosy Bindi. E anche dalla sinistra pd la incalzavano: dobbiamo essere più incisivi. Niente

Ha riempito Piazza del Popolo, sabato, Elly Schlein. E, dal palco, alludendo alla riforma costituzionale, ha detto che “Giorgia Meloni vuole comandare e non governare”. E la sua avversaria e premier Meloni ha subito replicato: “Cara Elly, noi vogliamo semplicemente che siano i cittadini ad avere più potere”. Uno, due, tre. Risuona in piazza “Bella ciao” ed Elly c’è, ma non raccoglie. Parla d’altro (le altre opposizioni, il fatto che non si aspettasse “così tanta gente”). E quella palla rilanciata a Shlein dalla premier – in un tentativo di legittimazione reciproca che puntava a lei, non a Giuseppe Conte – pare una palla di stracci che cade sulla sabbia con un piccolo tonfo sordo: “pof”. 

 
Meloni ci prova, a far deflagrare l’incendio che potrebbe incorniciare se stessa e la segretaria del Pd l’una contro l’altra armate, e appena una piccola scintilla s’accende in casa dem (come quando, a inizio novembre, Schlein ha fatto allusione al governo in cui siedono “persone che negano i cambiamenti climatici”), la premier risponde con la grancassa, chiamando per nome la segretaria pd, come a volerla riportare nella mischia: “Leggo da parte di Elly Schlein assurde accuse. L’opposizione ha tutto il diritto di criticare l’operato dell’esecutivo, ma adoperare calamità e tragedie per fare attacchi politici strumentali e infondati è un comportamento che reputo sconsiderato”. Ma l’accusata di sconsideratezza non ribadiva. E nell’entourage della premier c’è oggi chi trasecola: possibile che finisca sempre in un ‘pof’ il lancio di palla? Sarà pure elegante distinguersi dal modus operandi di Conte che nel frattempo sottolinea, perché Elly intenda, di non voler fare “la stampella di nessuno”, ma, tanto più a piazze piene, risuonano forti le frasi dette da Rosy Bindi due mesi fa: “Quando uno studente mi diceva che non sapeva esprimersi, io capivo che non sapeva le cose e che non aveva studiato. Siccome io so che Schlein le cose le sa, deve decidersi a dirle, non può essere evasiva nelle risposte”.

   

Glielo dicevano anche dalla sinistra pd: Elly, dobbiamo essere più incisivi. E però ora la sinistra pd è con Elly, sul palco. Fuori dal palco, Schlein puntava sul salario minimo, quando Meloni parlava di dati Istat, auto-lodandosi per “l’oltre mezzo milione di posti di lavoro in più, record dal 1977 a oggi”, e fino a lì Schlein incideva nel campo mezzo-largo dell’opposizione, ma poi l’argomento e le settimane passavano, e la segretaria dem descriveva se stessa e Meloni come “avversarie leali”, con “obiettivo il 2027”, ma non lastricava la strada di risposte colpo su colpo. Ma siccome poi diceva, a La7, “giù le mani dal presidente della Repubblica”, sempre a proposito del premierato, vista Piazza del Popolo c’è chi a destra si domanda: perché mai allora non parte lancia in resta, in compagnia dei nuovi girotondi e antichi professori del “no” alla riforma, già pronti alla pugna? Fatto sta che Schlein dalla piazza passa intanto al teatro – ieri sera, alla Sala Umberto, a Roma, veniva premiata nel corso della seconda edizione dei “Rainbow awards”, premio internazionale “Roma per i diritti Lgbtqia+”, come pure, tra gli altri, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, accanto a lei sul palco già l’11 novembre. E c’è chi rimpiange, a sinistra e pure a destra, dove si sogna una Schlein più agguerrita di Conte, i giorni in cui, in settembre, la segretaria dem quantomeno scriveva a Repubblica, accusata dalla premier di propaganda sui migranti, che “il fallimento di Giorgia Meloni è sotto gli occhi di tutti”.

 

E alla replica di Meloni – “la volontà della sinistra europea è rendere ineluttabile l’immigrazione illegale di massa”, Schlein ribatteva con un “si ricordi che al governo c’è lei”. Ora invece le tocca il rimprovero del presidente albanese Edi Rama, l’uomo che i dem volevano cacciare dal Pse per l’accordo con Meloni sui migranti. Intervistato da questo giornale, Rama dice: “L’opposizione non si fa così. Quando ero io all’opposizione, nel mio paese, ho capito che se volevo vincere non dovevo saltare su ogni argomento senza mai arrivare al risultato”. Forse colpita, chissà, ieri Schlein attaccava: “Giorgia Meloni umilia i lavoratori, ha aumentato la precarietà e taglia le pensioni anche a medici e infermieri”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.