Federico Freni (Ansa)

l'altro carroccio

Meno citofoni, più realtà. Alla Lega servono più (Federico) Freni

Giuseppe De Filippi

Mediazioni, percorsi e molto tè. Ritratto dell’uomo macchina del ministreo dell'Economia, guidato da Giorgetti

Più ci si parla, più ci si documenta sulla sua attività da sottosegretario all’economia, in questo governo e nel precedente, e più diventa interessante tentare di capire in cosa consista l’essere leghista per Federico Freni. Se non fosse componente di un partito che odia i tecnici come espressione umana, come categoria del potere e come accidente della storia politica, verrebbe voglia di definirlo tecnico. Ma sarebbe uno sciocco dispetto e una brutta banalità.

Perché, invece, il suo contributo stabilizzatore e la sua capacità di portare saggezza da amministrativista (è avvocato e tuttora studioso, con abilitazione da professore associato in diritto amministrativo), sono qualcosa di eminentemente politico. E servono a mostrare come la Lega del rutto, del citofono in favore di telecamera, della demagogia previdenziale e dei porti chiusi sia capace, per definizione, di urlare e di prendersi il primo piano dalle troupe televisive, ma poi sia tristemente priva di un’ideologia praticabile. Il leghismo possibile, specialmente quando si governa, deve necessariamente essere qualcos’altro.

Allora bisogna entrare nella testa di Giulio Centemero, tesoriere della Lega, con le sue grane giudiziarie (una condanna un po’ stiracchiata a otto mesi per un finanziamento illecito alla Lega nel 2016 da parte del fondatore di Esselunga Bernardo Caprotti) ma talent scout meno solitario e diffidente rispetto a un Giancarlo Giorgetti, che pure la penserebbe allo stesso modo, per immaginare come, anni fa, si sia messo in cerca di personale politico di qualità con cui dare forza e agibilità al leghismo governante. È stato Centemero a individuare il giovane e molto promettente Freni e ad aprirgli la strada verso il governo di Mario Draghi, mica un’occasione da poco, come sottosegretario all’economia, leghista in partibus infidelium, si direbbe, ma c’era in quel governo anche il pugnace Claudio Durigon a bilanciare le cose (i due messi vicino in foto rappresentano una contrapposizione didascalica e corrivamente degna della peggior commedia all’italiana tra lo studioso di buone maniere e il simpatico del gruppo un po’ caciarone). Di Centemero, per capire meglio, si può citare un recentissimo tweet di congratulazioni ad Alberto Nagel per la conferma nel ruolo di amministratore delegato di Mediobanca.

Insomma, è uno che sa stare al mondo e che non ha nulla a che fare con la guerriglia demagogica al potere o con lo spirito populista e anticasta. La scelta è stata perfetta. Il percorso di Freni ricorda un po’ quello di Giuseppe Vegas, prima sottosegretario in un governo tecnico, quello di Lamberto Dini e poi nuovamente al governo, ma con piena adesione alla politica di Forza Italia e ingresso in parlamento, in vari governi di Silvio Berlusconi. Freni risolve problemi. Ora, da deputato, leghista eletto nel Lazio, e da sottosegretario, nuovamente all’Economia, dotato di buona intesa con il suo ministro è il leghista che quando parla non fa alzare lo spread (definizione di Luciano Capone sul Foglio), anche se in un’uscita televisiva scivolò proprio sulla quantificazione del livello accettabile del differenziale tra i rendimenti italiani e tedeschi. Piccolo errore di comunicazione, perché è meglio astenersi dall’indicare soglie per quel numero così rilevante, ma niente di grave.

È rimasto, per fortuna del governo, un solutore e un fantastico mediatore. Detesta tensioni e contrapposizioni, anzi, le ama, ma per affrontarle e risolverle. Ha tolto di mezzo le esagerazioni sui cambiamenti di calcolo per i voti dei soci di lunga durata nelle assemblee delle società per azioni, ha limato e sistemato piccoli e grandi tentativi di infilare norme contro la contendibilità delle aziende, e ha portato a casa l’approvazione al Senato (che anche in questa legislatura è il ramo più spigoloso del parlamento) del Ddl capitali, la cui trasformazione in legge è ben prevedibile entro la fine dell’anno. Uno degli articoli del Ddl, il numero 16, darà poi il via, con una delega al governo, alla riscrittura del Testo unico della Finanza, punto di riferimento da qui in avanti per un settore chiave della nostra economia. Il primo passo sarà la nomina di una commissione tecnica, un’occasione perfetta per sfoggiare la capacità di scegliere i migliori unita a buone doti diplomatiche, cioè il lavoro perfetto per Freni. E poi ci sarà un anno di tempo per mettere a frutto i pareri della commissione e per trovare una convergenza nella maggioranza e poi si potrà vedere di cosa è capace questo avvocato quarantatreenne.

Vive a Roma ai Parioli (in gioventù, invece, al Portuense), in una delle palazzine costruite da cooperative di giornalisti, così gli esponenti della stampa imparano a non fare gli snob al contrario contro i pariolini. Se volete fargli un dispetto dovete invitarlo a cena. Doppio dispetto, perché gli dispiacerà dire di no, per naturale inclinazione all’affabilità, ma soffrirà ancora di più accettando e dovendo passare la serata fuori.

È un esperto e quotidiano bevitore di tè. Uno dei suoi (rari) momenti di scontro, in questo caso familiare, è dovuto proprio all’occupazione con la sua collezione di tè da varie parti del mondo, e conseguente sfratto per le bottiglie di vino, di una parte della cantinetta domestica, dove pare che ci siano le perfette condizioni per la conservazione delle foglie. Per un tè invita (non di sera, come anche da regola di uso di quell’infusione) e ovviamente ne ha a disposizione anche nei suoi uffici. Su ciascuna delle sue scrivanie, che sia del ministero o dello studio privato, troverete sempre almeno un libro di poesie, gli ultimi segnalati sono un Alfred Tennyson e un John Keats, ma cambiano spesso, perché non li espone ma li legge.

Non scalpita per il potere, anche perché glielo regalano. Mentre media, amministra, risolve problemi e crea legami utili a tutto il leghismo di governo, sogna la tranquillità e la distanza di una baita in montagna, in cui starsene in pace, con la moglie e le due figlie, a leggere libri, se possibile non saggistica, dice con un sorriso comprensivo (per le umane ambizioni dei saggisti), ma racconti e romanzi dai quali si impara molto di più. Dalla nonna ha preso e mai perso la passione per l’Opera e per andare a teatro sfida anche qualche rientro a casa un po’ più tardivo. Se gli chiedete del futuro ricomincia con la baita e i libri. Le condizioni politiche sembrano però fortemente sfavorevoli a un suo trasferimento sulle Alpi.

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