Manovra

C'è Fornero per Salvini. Costretto a piegarsi alla riforma per non perdere il Ponte

Carmelo Caruso

Meloni e Giorgetti blindano la manovra, Lega e FI spingono per emendare. Sulle pensioni si cerca una pecetta per il leader del Carroccio, FdI: "Togliamo i soldi dal Ponte?". Renzi li sfotte: "Finché Fornero non vi separi"

Roma. Più schiaffoni prendeva e più uomo di stato sembrava. Era di “stato” il Matteo Salvini che, al Senato, le ha ricevute, rispetto al Salvini che, per anni, le ha date alla professoressa Fornero. Il segretario della Lega, accanto a Giorgetti, si è infatti lasciato “gonfiare” da uno strepitoso Renzi. Il leader di Italia viva lo colpiva dove gli faceva più male. Diceva a entrambi: “Vi vedo insieme finché Fornero non vi separi” e ancora: “Vincerà Lotito”. Alla fine del question time, Salvini si complimentava, da sportivo, con questo guascone che ai giornalisti spiegava: “Ci farò la campagna elettorale”. Salvini sta lottando contro il vecchio Salvini, Giorgetti e Meloni contro i partiti di maggioranza che vogliono scassare la manovra con gli emendamenti, la loro chiave inglese.


E’ troppo facile deridere il leader della Lega, ricordargli che il superamento della legge Fornero è oggi una promessa irrealizzabile e che “lo faremo quando saremo al governo” è una espressione che dovrebbe essere vietata. Ci sono parole che non dovrebbero essere mai pronunciate. Sono quelle che si dicono a letto, dopo la sbornia, per spacconeria, tipo, “per tutta la vita”, “ancora”, “ma lo sanno tutti che in ufficio comando io …”. Al momento resta la riforma Fornero, Quota 104. Al ministero del Lavoro si studia una pecetta per farla sembrare una Quota 103. Spiegano i tecnici che in realtà, per paradosso, rischia di trasformarsi in una Quota 105 se si tiene conto dell’incrocio tra incentivi e disincentivi: 10 per cento in meno di pensione qualora si decide di lasciare il lavoro. Serve a mostrare che sulle pensioni Salvini non perde la faccia. Chi gli vuole bene dovrebbe garantirgli che non la perde, anzi, se la rifà morbida, e che dire ai giornali “prendiamo i soldi dalle banche con gli extraprofitti” è un disastro comunicativo. Per calmare le banche, questa estate, è servita una marcia indietro. Riproporre quanto si è dovuto aggiustare è più una mossa da disperati che da statisti. E’ da giorni che Giorgetti ripete ai ministri che non ci sono soldi nel Bilancio e che non è possibile fare felice Salvini se non “a saldi invariati” ovvero togliendo da una voce di spesa quanto si destina a un’altra. Giorgia Meloni avrebbe confidato a Salvini che c’è un modo per cambiare la legge Fornero: “Togliamo i soldi dal Ponte. Cosa scegliamo?”. E’ difficile per tutti. Giorgetti di sponda con la premier ha aggiunto: “Non è che non voglio, è che non posso” e, ancora, che, se serve, la fa lui la parte del bruto. Da giorni circolano bozze di manovra come i fuorionda di Giambruno, ma la verità è che il Parlamento, per decisione della  premier, è in questo momento tagliato fuori. Il testo finale dovrebbe essere trasmesso domani alle Camere. Fino a sera, non lo possedeva neppure il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, uno che fuma il sigaro e che quando c’è da tirare pugni, parlamentari, si fa avanti per ruolo, storia, fisico. E’ lui, in Aula, si dice mandato avanti dal segretario, a ripetere che sulle pensioni “bisogna fare qualcosa in più”. Claudio Durigon, che è il professorone delle pensioni, della Lega, il sottosegretario al Lavoro, se ne sarebbe fatto una ragione. Agli amici scherzando dice: “Ma quanto è bello lavorare, lavora. Che cerchi la pensione? Alla tua età!”. Lo sanno anche i leghisti, Salvini, che il mondo è cambiato, che la vita si è allungata. Si fa ancora battaglia, dopo anni, intorno a una donna che l’Italia dovrebbe ringraziare e che invece si continua a bastonare, non ultimo Giuseppe Conte. Si tratta della professoressa Elsa Fornero che si diverte un mondo (scrive, rilascia interviste, dà pagelle) una donna che ha la sola colpa di aver fatto una riforma delle pensioni necessaria, certo dolorosa, ma necessaria. Salvini ha perfino le attenuanti perché sulla riforma Fornero aveva costruito la sua fortuna elettorale. Ma come si permette Conte, che con il Superbonus ha sfasciato un bilancio, di irriderla, o ancora il gruppo Avs, Sinistra, Verdi che alla Camera voleva superare la Lega dicendo: “La SuperFornero va cancellata”? Spiegava Galeazzo Bignami, il viceministro delle Infrastrutture, che purtroppo non c’è scelta se vogliamo salvare “l’equilibrio finanziario”. E’ la stessa opinione di Tommaso Foti anche lui di FdI. Non si era deciso di non fare emendamenti e non era Salvini, a dire che l’iter doveva essere veloce? La manovra non è stata forse approvata da tutti, con il sorriso, in Cdm? I leghisti attendono il testo come fosse un osso e si esercitano come ha fatto ieri il leghista Sasso. La mattina è stata animata dalla sua sfuriata contro l’educazione sessuale a scuola definita “una nefandezza”, tanto che il suo collega di FdI, Maschio, gli avrebbe detto: “Ma come parli? Che parole sono? Mi dissocio”. Non è vero che c’è solo la Lega. Forza Italia ha la bandiera della “cedolare secca” al 21 per cento anziché al 26. Alessandro Cattaneo, all’inviato di Agorà, Tommaso Giuntella, dice ora “che un emendamento allunga la vita”. Antonio Tajani, Trudi Tajani, che, a Milano, deve fare vedere a Marina e Pier Silvio Berlusconi, che non è un “muzzunaro”, come si dice a Palermo, un raccoglimozziconi, deve anche lui “emendare qualcosa”. Da Chigi emendano intanto la (falsa) notizia dell’accesso diretto a i conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate. E’ una manovra che  ha una “durata” di sei mesi, in un momento difficilissimo: il Mes da approvare, il 17 novembre altre agenzie di rating che devono valutarci. Oggi saperle prendere è meglio che saperle dare. E’ con questa manovra che Salvini verserà i suoi contributi per pensionarsi uomo di stato.
Carmelo Caruso

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio