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Zaia sindaco a Venezia? L'idea leghista per contenere un rivale 

Francesco Gottardi

Il presidente della regione Veneto spera ancora di poter correre per il quarto mandato. La Lega sta pensando in alternativa a farlo correre come primo cittadino nel capoluogo per non minare gli equilibri interni al partito

Venezia. Due anni scarsi. Poi, salvo ribaltoni legislativi, la Lega avrà un disoccupato di lusso. Troppo importante per rimanere tale. Così è già scattato il toto-Zaia: dove sarà il futuro dell’amministratore più amato d’Italia? L’unica certezza, si ragiona in Via Bellerio, è che il presidente del Veneto da qualche parte va piazzato, anche per non minare gli equilibri interni. Difficile il poker in regione – lui ci spera, il partito sostiene lo sblocco al limite dei mandati, ma di fatto il tempo stringe e a Roma non se ne parla. C’è poi l’opzione Bruxelles: le elezioni sono dietro l’angolo e il Carroccio ha bisogno di pezzi forti in Europa. Ma ce lo vedete Luca Zaia, passare dalle colline del prosecco alla Grand-Place? Ecco che allora si profila una terza via. La più suggestiva: il doge sindaco di Venezia. Da Palazzo Balbi a Ca’ Farsetti, da una sponda all’altra del Canal Grande. Trasbordo indolore, tutti contenti. Fino a qualche giorno fa erano solo voci di corridoio. O la locandina di un film. Ora si scopre che la pista è concreta.

Il ragionamento sottostante è il seguente. La Lega in Veneto è allo sfascio – dei 34 consiglieri attuali ne sopravviverà una decina –, senza Zaia non può pretendere di governare e Fratelli d’Italia aspetta al varco. “Seguo con passione la telenovela sul suo futuro”, si sfrega le mani il coordinatore regionale Luca De Carlo, erede al trono designato nei ranghi meloniani. Ma se salta il terzo mandato dei governatori, salta anche quello dei sindaci. Dunque Venezia non potrà più contare su Luigi Brugnaro. E se FdI finisce per accaparrarsi il Veneto, dovrà allentare la presa sul capoluogo – dove sarebbe già pronto il nome di Raffaele Speranzon.

Qualcosa però si sta già muovendo dietro le quinte. Fine settembre: cominciano a piovere strane telefonate ai cittadini lagunari. “Qualora Zaia si candidasse a sindaco, sareste disposti a votarlo?”. Soltanto il 27 per cento risponde di no. Un plebiscito già scritto, senza nemmeno un euro di campagna elettorale. È il risultato di un sondaggio Quaeris, commissionato da VeneziePost. Dietro la piccola testata padovana ci sarebbe però la classe dirigente. L’imprenditoria, i sindacati: è il cuore della regione a porsi la domanda. In casa FdI lo ammette anche Elena Donazzan. “Sono basita”, spiega ad Antenna3 l’assessore più longevo del paese. “Significa che da tempo qualcuno sta tarando le posizioni politiche per capire come muoversi: c’è del metodo scientifico, non un’ipotesi campata in aria”.

Per ora Zaia fa spallucce. “Sono concentrato sulla regione”, dice, ben sapendo come prendere i veneti per la gola: “Il 2024 sarà l’anno dell’autonomia. Sicuramente”. Ma si sa che al gran desiderato Venezia piace. E non poco. La stampa locale lo punzecchia, dandogli del “trevigiano che chiama vie quel che son calli”. Eppure il sentimento con la cittadinanza sembra reciproco proprio per questo: Zaia ha il fascino del signor Wolf, il foresto un po’ deus ex machina che entra in scena e risolve problemi. Lo ha già dimostrato in una realtà molto più grande, anche se meno complessa della città d’acqua. E porterebbe con sé un’inarrivabile rete di contatti istituzionali, frutto della sua ventennale esperienza in regione. Se lui fa il sibillino, Alberto Stefani fa capire l’antifona: “Luca ha le competenze per fare qualsiasi cosa”, dichiara il segretario della Liga al Gazzettino. “Continuiamo a lavorare per lo sblocco dei mandati. Ma Zaia a Venezia ci sta”.

Va ricordato che Stefani è un fedelissimo di Salvini. E proprio a giugno sgusciava vincitore dalle lotte intestine del Carroccio grazie all’inatteso benestare di Zaia. Che fatto il do aspetta il des. Se la regione non sarà possibile – pesa l’ostruzione meloniana – almeno un’altra destinazione di prestigio. Lo sa bene anche la Lega: il doge ha una popolarità da leader ma un leader oggi c’è già. E per non minare la faticosa risalita dell’ex capitano in felpa, meglio adulare i potenziali rivali anziché sfidarli. È così dall’alba della politica: una volta Cesare si liberò di Catone Uticense nominandolo questore di Cipro. Domani Matteo potrebbe avvalersi di un’altra isola dorata. E Zaia ringrazierebbe pure.

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