Pronto, chi parla?

Il pasticciaccio telefonico Meloni-comici russi visto da Ferdinando Nelli Feroci

Marianna Rizzini

"Una falla c'è stata e andrà riparata, il responsabile deve essere trovato", dice l'ambasciatore. "Ma le parole di Meloni sono le stesse dette in pubblico, anche se con toni diversi". 

“Non deve più accadere”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a proposito del cosiddetto “scherzo telefonico” fatto alla premier Giorgia Meloni da due comici (impostori) russi, uno dei quali ieri sera era annunciato come ospite a “Otto e mezzo”, su La7. “Certamente c’è stata una superficialità da parte di chi ha organizzato la telefonata”, ha aggiunto il vicepremier ai microfoni di Rai Radio1, definendo tuttavia le parole di Meloni “chiaro segnale di conferma della linea politica del nostro paese”. Ma l’episodio ha lasciato una scia di dubbi e congetture. Dall’opposizione, ieri, il presidente dem del Copasir Lorenzo Guerini esortava “ad agire affinché simili circostanze non si ripetano in futuro". E anche in seno all’Unione europea serpeggiava preoccupazione, tanto più che Meloni, nella telefonata con colui che pensava essere il presidente della Commissione dell’Unione Africana, aveva accennato qualche distinguo tra l’Italia e la Francia, a partire da alcune considerazioni sul golpe in Niger. E anche se l’ufficio del consigliere diplomatico della premier, guidato dall’ambasciatore Francesco Maria Talò, aveva, già il giorno precedente, diramato una nota di rammarico, ieri la questione appariva (come minimo) non chiusa.

 

“Incidente spiacevole”: così la definisce, interpellato dal Foglio, l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente Iai. “C’è stato, questo sembra, un cortocircuito, di cui l’aspetto a mio avviso meno rilevante è quello contenutistico: l’immagine della presidente del Consiglio che ne deriva ha, sì, una sfumatura diversa rispetto a quella delle occasioni ufficiali, ma la stessa Meloni dice cose sostanzialmente coincidenti con il suo discorso pubblico. Il punto su cui riflettere è quello della facilità con cui i comici hanno avuto accesso alla premier. Perché è potuto accadere? Di solito questo tipo di telefonate viene filtrato da vari passaggi. Qualcosa in questo caso non è andato come doveva, qualcosa avrebbe dovuto insospettire, a partire dall’accento dell’uomo che parlava — accento dalle venature slave — e quindi dovrà essere trovato un responsabile”. “Clamoroso” il fatto, per Feroci, in un ambito in cui, per arrivare a una telefonata del genere, si fissa con controlli incrociati un appuntamento, al netto dei colloqui preliminari, e da due parti. “Unica scusante: Meloni si trovava negli Stati Uniti per il vertice Onu, e in quelle occasioni si accavallano contatti e conversazioni”, dice Nelli Feroci.

 

L’episodio evidenzia una falla per la sicurezza, secondo alcuni osservatori europei. “La falla c’è stata e andrà riparata. I due impostori avevano già tratto in inganno altri leader europei e, anche se dicono di essere indipendenti dai vertici russi, in Russia è molto difficile esserlo, tanto più che i due parevano interessati alle parole di Meloni sull’Ucraina”, dice l’ambasciatore, convinto però “che questo non sia un episodio destinato a ripetersi”. Non è casuale, forse, la scelta di impersonare un leader di un’organizzazione africana, vista l’attenzione di Meloni al tema Africa. “Diciamo che i comici russi hanno usato la sensibilità al tema per avere accesso a un leader di governo continentale”. Fatto sta che tra i Palazzi ci si arrovella per capire chi, come e quando ha potuto essere così distratto, per così dire, da farsi anello debole del telefono senza fili che ha prodotto il patatrac. Non ci sarà anche un problema di staff? “Sta al premier, come si sa, scegliere il proprio consigliere diplomatico – in questo caso ne abbiamo due: Talò e Luca Ferrari”. A loro volta i consiglieri scelgono i propri collaboratori, scagionati però in prima battuta dalle note ufficiali. Il giallo resta lì, sospeso nell’aria, mentre dal medio oriente le notizie di guerra irrompono. In questo momento lo scherzo che effetto può avere sul ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale? A Bruxelles si prevede un indebolimento. “Nei toni di Meloni, pur in una telefonata rubata”, dice Nelli Feroci, “non ci sono, ripeto, contenuti che si discostino dalla linea tenuta finora dalla premier. E’ casomai una questione di toni”. Toni considerati un po’ troppo confidenziali, per via di quel “detto tra me e lei” uscito di bocca alla premier, convinta di parlare con un leader africano vero e non posticcio. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.