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l'Ipocrisia del biscione

A Mediaset sapevano delle parole di Giambruno, lo hanno assecondato e ora lo processano

Salvatore Merlo

Dopo aver dato in pasto al pubblico italiano i video dell'ormai ex compagno della premier, adesso l'emittente televisiva di Berlusconi corre ai ripari in nome del codice etico dell'azienda. Ma valgono le regole o valgono solo i meccanismi semi ricattatori?

Lo hanno elevato a conduttore  e volto televisivo, quando era il compagno della presidente del Consiglio, esattamente come  adesso pensano di sospenderlo e di allontanarlo visto che lo ha allontanato la presidente del Consiglio. Il meccanismo è purtroppo identico: prendono sempre atto di quello che succede nella vita privata della premier. Ma che storia è? “Andrea Giambruno potrebbe aver violato il nostro codice etico”, dicono a Mediaset. Accidenti, sì, il codice etico di Mediaset. E  c’è un dettaglio, in tutta questa vicenda di Giambruno, che sta lì, fosforescente, a denunciare una gigantesca ipocrisia che prescinde dalle espressioni fuori onda e fuori luogo dell’ormai quasi ex conduttore tv. Quelle parole che ormai tutti conoscono,  Giambruno le pronunciava infatti in uno studio davanti a dei delegati di rete, dei funzionari dell’azienda televisiva  che sono sempre presenti in tutte le produzioni, specialmente quelle interne. E sono presenti proprio col compito di ascoltare e controllare.  Dunque l’azienda c’era. Sapeva. E  allora è mai possibile che ciò che a Mediaset evidentemente non sembrava una violazione del codice etico – “Se vuoi fare parte del nostro gruppo di lavoro devi dare qualcosa in cambio. C’è un test attitudinale: si scopa” –  lo diventi soltanto quando Antonio Ricci decide, dopo diverse settimane, dopo aver tenuto quelle registrazioni nel freezer per mesi,  di diffondere quelle  parole e quei video?

Ma insomma, valgono le regole o valgono solo i meccanismi semi ricattatori? E che senso ha far valere ora quelle presunte regole che evidentemente nessuno rispetta? Sembra davvero che Mediaset sia metafora di un’Italia figlia della stessa fantasia di Ricci, il creatore di Striscia. Ovvero il paese in cui tutti chiamano un Gabibbo per far rispettare delle leggi che altrimenti nemmeno esistono. Ora a Mediaset farebbero bene a lasciar perdere questa faccenda ridicola del “codice etico aziendale” col quale forse vorrebbero appendere per i piedi Giambruno all’antenna più alta di Cologno Monzese. Lascino perdere i loro (letterale) “accurati accertamenti”, perché l’unica cosa chiara e accertata è che Giambruno non è stato protetto da sé stesso, non è stato frenato quando smaniava, non è stato consigliato con determinazione quando straparlava, ma è stato invece assecondato da tutti finché questo  era ritenuto presumibilmente e servilmente opportuno nella misura in cui a Mediaset immaginavano di fare cosa gradita (e c’è da dubitarne, che fosse cosa gradita) alla presidente del Consiglio.  Nel mondo disegnato da  Ricci oggi dovrebbe arrivare un tapiro d’oro, ma non a Pier Silvio Berlusconi, bensì  a Mauro Crippa, lo strapotentissimo capo operativo di Mediaset, l’uomo che ha messo Giambruno lì dove stava e che adesso – ohibò –  scopre che il conduttore da lui creato era forse fuori controllo “in violazione del codice etico”. Com’è che dice il Gabibbo? Besugo di un besugo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.