Il Foglio Weekend

Galliani contro Cappato, la sfida in Brianza nel nome del Cav.

Michele Masneri

Domenica 22 e lunedì 23 ottobre si tengono le elezioni suppletive per sostituire il seggio di Berlusconi in Senato. I candidati sono otto, ma i favoriti sono l’ex amministratore delegato del Milan (ora del Monza) e il leader dell'Associazione Luca Coscioni 

Ma chi è stato in definitiva Silvio Berlusconi? Un grande italiano, secondo alcuni, un italiano medio per altri. Già, ma    geograficamente, cos’era? Milanese, non è mai davvero stato. Un po’ napoletano, come tutti i lombardi amanti dello spettacolo, e un po’ sardo per le vacanze affluenti. Francese per le canzoni. Nell’intimo ci pare però che fosse soprattutto brianzolo. In Brianza aveva infatti cuore e anche portafoglio e un ideale: la vita in villa.  


Così l’occasione di un tour in Brianza  è propizia perché domenica 22 e lunedì  23 ottobre, in finale di quest’estate che non vuole saperne di trasformarsi in autunno,  si tengono  le elezioni suppletive per sostituire il Cav. in Senato, a rappresentare proprio questa terra. Gli sfidanti al seggio che fu berlusconiano sono otto: Adriano Galliani,  intimo della famiglia e che dalla famiglia sarebbe stato pregato, per il centrodestra. Poi Marco Cappato, radicale, veterano dei  diritti, qui per il centrosinistra incredibilmente unito (vuoi vedere che il Pd rinascerà dalla Brianza?). E poi un terzo candidato abbastanza improbabile, il sindaco di Messina Cateno De Luca, e poi cinque outsider (Daniele Giovanardi, fratello dell’ex ministro Carlo, per Democrazia Sovrana e Popolare, Domenico Di Modugno del Partito Comunista Italiano, Giovanna Capelli di Unione Popolare, Andrea Brenna per Democrazia  e Solidarietà  e Lillo Massimiliano Musso dell’area Novax). Vabbè.

 

Intanto va detto che questa terra è misteriosa e indefinita: “brianzolo” è un aggettivo che indica ambiguamente qualcuno di nordico ed efficiente e un po’ bolso, insomma non affascinante (chiunque si è sentito appellare così  almeno una volta se del nord, anche se, come chi scrive, in Brianza non era mai stato in vita sua). Terra di ville settecentesche di delizie, e pure capannoni, svincoli, mobilifici. Monza, capitale di questo feudo, è l’antica Modoetia di Teodolinda, regina dei Longobardi, e pare che ora  stia diventando di moda; ci sono scuole internazionali che attirano americani di stanza a Milano, e poi i soliti cacciatori di posti più economici. E poi il Monza calcio.


Enormi e bellissimi parchi, enormi viadotti e camion. “La cara ed avita Brianza”, come teorizzava Carlo Emilio Gadda che ne avrebbe fatto terra soprattutto di nevrosi, terra che “carezza l’orecchio dalla musica de’ più cari nomi lombardi, in ago e in ate.  Saronno, Usmate, Inverigo, Lurago, Pizzighettone, Incasate, Buccino, Capiago, Busto Arsizio, Busto Garolfo”. E in generale terra troppo vicina a Milano per avere un’identità, schiacciata tra la periferia e i laghi, diventata finalmente provincia (MB, Monza-Brianza), proprio quando le province son state abolite. 

 

Ma andiamo con ordine. Il giovedì è giorno di mercato a Monza. Ecco, sulla piazza che pullula di genti longobarde, il candidato “identitario”, Galliani. Collo taurino, giacca blu, sneaker, codazzo, l’ex amministratore delegato  del Milan e ora del Monza, squadra  riportata in auge, fende le folle come il burro, ingrediente qui fondamentale. “Ecco, quello lì era il mio ufficio,  lì abitava mia sorella. E lì il mio barbiere”, ahahah, risate della folla, mentre la crapa pelada rifulge nel sole di Lombardia. Però lui si muove proprio in casa. Nato qui, in quell’ufficio lassù studiava nuovi metodi antennistici. In questa Silicon Valley berlusconiana, Galliani entrò nell’empireo del Cav. perché con la sua azienda, la Elettronica Industriale, rese possibile il miracolo delle finte dirette. Si sparava il segnale da varie antenne coi “pizzoni” pre-registrati e l’effetto era del sincrono.  L’incontro fatale col Cav. fu nel 1979. Domanda: Lei può cablarmi tutta l’Italia? “Ma dottore non è legale”. “Lei faccia il tecnico, e mi dica solo e è possibile farlo”. Il tecnico (da immaginare magari pronunciato “tennico” alla lombarda) rispose, e l’Italia (e la Brianza) non fu più la stessa. Mediaset, Milan, ora Monza. Galliani è il candidato del centrodestra unito, sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati. “Ho accettato solo perché questo era il collegio di Silvio Berlusconi e perché qui sono nato e cresciuto”, dice. Slogan: “scendi in campo con me”.

 

Ha sfidato gli altri candidati soprattutto sulla cucina brianzola, la luganega di Monza e la torta paesana. Ha detto che eventuali dibattiti li farà in dialetto, evidente provocazione  soprattutto al siciliano De Luca. Eccolo tra i banchi, “Adriano! Sei un grande”, gli urlano le folle di fronte al banco di Mister Max (strofinacci 5 pezzi tre euro e cinquanta). “Da bambino andavo su e giù dal monumento ai caduti”, rimembra lui. Atmosfera da spogliatoio. Un’attivista mora: “faccio il tifo per te Adrianooo”. “Signora, lei è molto energica!”, fa lui. Uno: “è come un doppio Viagra!”. Si fa fotografare con un bavaglino “Modestamente io piaccio”, pescato da un altro banco, insiste per pagare, “no, mi offendo”, e mette teatralmente mano al portafogli, insomma il topos del cumenda in purezza.  “Mio marito dice che non la vota perché se viene  eletto non farà più il capo del Monza!”, gli dice un’altra signora tra i banchi di slip “Baci e abbracci” (3 paia 10 euro).

 

Non sia mai. Gli si gonfia la vena e il sopracciglio come nella celebre imitazione che ne faceva Teo Teocoli. Per lui Monza, e il Monza, sono la vita. Nel suo libro “Memorie di Adriano G” ha ricordato che accettò di entrare in società con Berlusconi solo a una condizione; di poter seguire sempre la sua squadra, in casa e in trasferta. In che senso, chiese lo stralunato Cav. non ancora Cav. “Io le garantisco la mia totale disponibilità  giorno e notte, compresi Natale e Ferragosto, ma se io sono a Trieste per mettere in piedi la nostra rete e il Monza gioca a Catania, devo avere il tempo per fare Trieste-Catania e Catania-Trieste”. Il Cav. non ancora Cav. accettò. E poi tutti a festeggiare al “ristorante Quattro Stagioni di Cinisello Balsamo”. Quindi, è chiaro che non rinuncerà mai al Monza. “Aspetti, lo metto per iscritto”! E prende un volantino e fa la promessa scritta, nel tripudio. E’ il suo contratto con gli italiani, o almeno coi brianzoli. E’  Silvio reincarnato. Ma cosa le ha insegnato Berlusconi, gli chiediamo. “Troppe cose”. E’ diplomatico. E’ d’accordo che Arcore debba diventare un museo? “Questo deve deciderlo la famiglia”. E poi, chiudendo il passaggio tra le acque del mercato brianzolo: “ricordatevi tutti che bisogna ringraziare per sempre Silvio Berlusconi! A proposito, fatemi andare che c’è una messa ad Arcore, oggi sono i 4 mesi dalla morte”. Messa nella famosa cappella di Cascella? No, un’altra. E sguscia via.  


Così ci si lancia anche noi in una fuga verso Arcore, non si è mai stati, sfidando il traffico micidiale della Brianza,  incolonnati tra i camion che ruggiscono trasportando i prodotti sacri alle fabbrichette. Di fronte a villa San Martino non ci sono più le camionette dei carabinieri, c’è un centro sportivo in costruzione, e degli striscioni appesi alle siepi ben curate che facevano da quinte teatrali al berlusconismo brianzolo. “Silvio hai fatto sognare l’Italia”, “Ciao Silvio proteggici da lassù”, e poi “Silvio clonato subito”. Arriva qualche macchina coi vetri oscurati, forse per la messa. Vedere da vicino la villa fa impressione, ah se quelle siepi potessero parlare. Il soffio della storia spirava su quei pitosfori: da Bossi in canottiera alle Olgettine, alle  corse nel parco in tuta con Pier Silvio nell’opuscolo “Una storia italiana”, alle pseudonozze con Marta Fascina, ultima padrona, che pare non voglia sloggiare. Le ultime notizie riferiscono che abbia apposto la targa di “ufficio politico dell’on. Marta Fascina” su alcune stanze in modo da non essere sfrattabile.

 

Il maniero fu comprato da Berlusconi esattamente cinquant’anni fa, nel 1973, dall’ereditiera Anna Maria Casati Stampa, orfana del padre nel famoso delitto, comprato “a cancelli chiusi” con le quadrerie  dentro grazie ai buoni uffici del tutore dell’orfana, Cesare Previti. Vittorio Sgarbi ha raccontato più volte che le uniche opere d’arte serie possedute da Berlusconi sono quelle che gli ha consigliato lui, oltre a quelle che già stavano nella villa, ma adesso raccontano al Foglio un’altra storia. Che vi sia un enorme capannone, nei dintorni della casa, dove il Cav. aveva stipato i frutti di quella che negli anni era diciamo la sua seconda passione notturna: comprare quadri alle televendite. Alessandro Orlando, volto notturno di Telemarket, l’ha raccontato, furono migliaia i dipinti che il Cav. ordinava personalmente al telefono a notte fonda, scosso dall’insonnia. Prima si pensò a uno scherzo, ma poi fatte le verifiche del caso si capì che era lui davvero, e Orlando andava a portargli le primizie direttamente con un camioncino. Insomma, pare che negli anni Berlusconi abbia accumulato venticinquemila quadri di non eccelso valore in questo hangar refrigerato e sorvegliato, suddivisi per tema  (vedute di Venezia; nature morte, ecc.). Hangar che di affitto e gestione costa la bellezza di 800 mila euro l’anno, che pesano sugli eredi, che sono in fase di spending review. Poi ci si sono messi pure i tarli, che hanno aggredito  le cornici, al ché raccontano che i custodi abbiano proposto alla famiglia di smontare le venticinquemila cornici, bruciarle e sostituirle, ma la famiglia ha detto: no, bruciate tutto. Così qualche giorno fa si è avuto l’immenso rogo dell’arte povera del Cav.


Fuori da villa San Martino, un poster dell’Esselunga col nuovo claim che sembra un rimprovero: “Non c’è una spesa che non sia importante”. E poi quello dell’Autunno arcorese, manifestazione letteraria e teatrale locale, fino al 28 ottobre. In paese, delle elezioni pochi sanno qualcosa. Arcore pare abbastanza sonnolenta. La chiesa di S. Eustorgio è sbarrata. Il municipio affaccia nella bellissima villa Borromeo d’Adda, parco cittadino. Alla cooperativa La Serra Social Green, che fa giardinaggio impiegando ragazzi sfortunati, la responsabile Francesca ricorda di aver composto delle ghirlande tre anni fa per un Natale di Berlusconi, dice che venne qualche addetto a ordinarla, eccola, mi fa vedere una corona natalizia, con pigne, rami, arance, pagarono puntuali, furono tutti contenti. Sul bancone ha dei sacchi di foglie secche, “rarissime, ci servono per fare delle composizioni autunnali, ma è difficilissimo perché le foglie non cadono, con questa estate infinita”. Al fornaio su via Piave la proprietaria non sa niente delle elezioni, e Berlusconi non l’ha mai visto, “avrà avuto i suoi fornitori”. All’agenzia immobiliare House & Consulting trattano villette in vendita in tutta la Brianza, “Monza è sempre stato un buen retiro per i milanesi, è un mercato che non conosce crisi, si vende sui tremilacinque al metro. Arcore un po’ meno, è più locale, sui duemila e  otto”. Avete mai avuto richieste di qualcuno che si trasferisce qui magari perché feticista del Cav.? “No, mai”. La titolare racconta che in persona non l’hanno mai visto, “ma sapevamo quando era in casa perché sentivamo l’elicottero”. Più entusiasta il signor Hassan, della Macelleria islamica Al Jawda: “aspetta, ti faccio vedere”, e va a recuperare una foto plastificata del Cav, formato A4, che teneva in vetrina, ora è finita in un sottoscala: racconta che lo vedeva per strada, e che uno quando sentiva il nome Arcore ai telegiornali, si inorgogliva, grazie a lui. Però pure Hassan le elezioni non sa bene quando sono, deve chiedere a un suo amico. 

 

Lasciandoci Arcore alle spalle, per minuti interi scorre il muraglione boscoso di villa San Martino, che è grande quasi tutto il comune. Poi improvvisamente si arriva uno svincolo gigante. “Brianza tende”, “Brianza Arreda”, i cartelli, poi di nuovo ville,  muraglioni gentilizi, poi ristoranti, “Costata day”, “Tatoo & piercing”, “Ranch Mary”, e siamo arrivati a Gerno, tutta la toponomastica richiama del resto al berlusconismo, Gernetto si chiama l’altra villa dove B. voleva mettere l’università del liberalismo.  Si potrebbe percorrere  la Brianza saltando solo tra una villa di Berlusconi e l’altra, tipo nuotatore di John Cheever.
Si va dunque verso Macherio, altro feudo fatale al Cav., la villa Belvedere dove vive Veronica e passano gran parte di tempo i Berlusconi giovani, che sta su un cocuzzolo, passando tra casette neomedievali, ruscelli, la stazioncina  dove passano  le TreNord, e infine eccoci sopra, la villa Visconti di Modrone col serpentone di tulipani, quella dove Veronica impiantava l’orto biodinamico secondo i dettami steineriani. Quella dove venne registrato il famoso discorso della discesa in campo del 1994. Qui sembra veramente un feudo, e, almeno da fuori, sembra molto più bella di Arcore. Domina la vallata, e un cancellone dalle lance dorate è aperto su vialetti di ghiaie ordinatissime. Siepi tonde e quadrate si alternano. Paiono le alture di Pacific Palisades. Un camioncino sta scaricando pacchi Amazon, chissà Veronica cosa ordina, la notte, e cosa la tiene sveglia. Chissà crescere qui, come dev’essere stato, per la prole del secondo matrimonio del Cav., tra le caprette, e il feudo. 


Un’infanzia brianzola l’ha avuta pure Marco Cappato, l’altro contendente al seggio che fu del Cav. Candidato unico del centrosinistra, opposto a Galliani che rappresenta non solo Forza Italia ma tutta la costituency “Dio patria famiglia”, Cappato, agile e scattante cinquantenne, ha il suo quartier generale a Vedano al Lambro, altro paesino neomedievale con le casette basse e i ciottoli a terra, tra cascine e palazzotti, che affaccia sul parco di Monza, “il più grande parco urbano d’Europa”, mi dice. E infatti il suo programma tra le varie cose è incentrato sull’ambiente, sistemare un po’ il caos della Brianza che sembra Los Angeles per traffico e numero di tangenziali e una nuova Pedemontana che dovrebbe infilarsi tra i pochi metri quadri non ricoperti di macchine. “La  Brianza è abbastanza indefinita”, dice. “Basti pensare che molti dei comuni che hanno il toponimo  ‘Brianza’ nel nome non fanno parte della provincia”. Cappato punta sui diritti, la sanità in Lombardia, che è stata privatizzata di fatto, dice, problema gigantesco, e il fine vita, le sue battaglie storiche e con l’Associazione Luca Coscioni. Andiamo a prendere un caffè nella piazzetta del paese, e la barista Luciana subito fa sapere che lo voterà. Col piccolo dettaglio d’essere leghista, fortemente leghista, con tanto di poster della Lega esposto. “Ma leghista della prima ora, più bossiana, libertaria”. Così anche Cappato sembra raccogliere un pezzo dell’eredità del Cav., “Quello spirito delle origini che si è perso, quando il berlusconismo aveva la possibilità di essere altro, e non è stato”, riflette lui, raccontando di come Galliani abbia firmato il manifesto di Pro Vita e Famiglia, e di un momento fatidico epoche fa in cui si discusse di un possibile primo governo Berlusconi con Martino all’Economia e Pannella agli Esteri. L’ha mai incontrato, qui, da ragazzino, Berlusconi? Dice di no, l’ha visto semmai da grande, da  eurodeputato a Bruxelles. 


Se Galliani è il calcio, Cappato ha giocato nella  squadra di basket “Forti e liberi Monza”  e salta fuori essere pure lui un brianzolo doc, e non lo si sapeva proprio. “Mio padre è nato a Monza, era dirigente alla Fiam ascensori”, racconta, “io sono cresciuto qui, per andare a fare l’università a Milano bisognava prendere quattro mezzi, due pullman e due treni”. Ha fatto il liceo Zucchi, il classico di Monza. Insomma la sfida in dialetto lanciata da Galliani non avrebbe problemi a sostenerla.  Si professa brianzolo anche De Luca. “Mio papà nel 1958 era venuto a Monza a lavorare” - ha raccontato  (si dice che sia  ebbro di vendetta perché Marta Fascina, la nuova Teodolinda, gli ha scippato il seggio in Sicilia). 


Ma tornando verso Milano, dove la Brianza sfuma verso la grande città, dove le ville lasciano spazio alle villette, tocca fare una tappa dove tutto è nato. Prima delle tv, prima di Milano 2 e 3 ci fu l’Edilnord. Quel complesso dove Berlusconi  vendeva di persona, radunando parenti che fingevano d’essere compratori interessati.  Qui  cominciò a progettare il suo quartiere satellite nel 1962. Oggi, arrivando, ecco i palazzoni di sette piani a mattonelline chiare, le insegne “residenza i Cigni”, e poi  “Fiori”, “Meridiana”, “Cedri”,  insomma il berlusconismo urbanistico in purezza. Un’aria di decadenza spinta, però, in giro. I palazzoni sono scrostati, la gente in giro un po’ abbacchiata, molte canottiere. L’idea era che ci fosse tutto, nel verde e lontano da Milano: bar, ristoranti, c’è perfino uno studio di notaio. Al bar Master Elis, accanto all’ingresso, diversi anziani prendono l’aperitivo. “Noi sì, abbiamo comprato da Berlusconi”, mi dice una signora dal capello candido, risolutezza lombarda. “Arrivammo a fine  anni Sessanta, c’erano questi appartamenti-campione che lui ti faceva vedere, erano bellissimi. Arredati con mobili Cassina e B&B Italia, con la vista sul laghetto. Era uno spettacolo, e costava un terzo che a Milano centro, da cui ci siamo spostati. Berlusconi consegnò l’appartamento in tempo, suonò la chitarra per noi, anche perché era appena nato Pier Silvio, ci regalò i fiori e un abito da sera, perché l’idea era che quando consegnava i condomìni finiti doveva essere una festa”.

 

Un’altra signora che beve un aperitivo è meno romantica . “Siamo venuti dal centro anche noi, mio marito insegnava al Politecnico, avevamo i bambini piccoli,  c’era l’asilo nido, tutto. Mia suocera ci disse: siete pazzi. All’inizio era bello, poi però Berlusconi ci ha abbandonati. Quando se n’è andato lui è venuto giù tutto. Decadenza? Peggio dell’impero romano. Guardi il club” – e pronuncia club come lo pronunciava Berlusconi. Il club è stato chiuso, pare, ed era il fulcro delle attività sociali dell’Edilnord. Dice l’altra: il fatto è che quando c’era Berlusconi, se il club andava in rosso lo ripianava lui. Poi, abbiamo dovuto pensarci noi, e nessuno ha più voluto metterci i soldi.  Più ottimista il signor Gaetano, già proprietario di un negozio di fiori (tema che ricorre ossessivamente nella mitologia berlusconiana). “Noi fornivamo Mediaset, Cologno qui vicino, anche per le trasmissioni, e poi Arcore. Nel 2016 quando c’è stato il cinquantesimo dell’Edilnord l’ho invitato, e Berlusconi è venuto. E’ stata una festa trionfale, migliaia di persone”. Il barista Francesco conferma, e mostra le foto. Dice che Berlusconi passava ogni tanto, ecco una foto con Francesca Pascale. “Ogni volta che cambiava compagna la portava all’Edilnord”, dice ancora il signor Gaetano. “Per farle vedere la sua prima grande opera, quella da dove era partito”.  Voterete a queste elezioni? “Berlusconi e i suoi seguaci certo no. Galliani? Un allenatore di calcio? Ma per favore”, dice la signora riflessiva. “Io non voto da vent’anni”, la risoluta. “Certo, Galliani, e come me credo faranno molti”, il fiorista ottimista. Nel claim originario del quartiere Edilnord, quello era il luogo “dove l’autunno finisce dopo e la primavera comincia prima”. Ma adesso l’autunno forse è appena cominciato. 
 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).