Governo

Il Papeete di Meloni. Rinvierà ancora il Mes. Si autosabota. La fantasia Crosetto

Carmelo Caruso

Non solo spread. Il 3 novembre torna il rebus Mes. La premier per "coerenza" si oppone, l'Europa la attende. Aleggiano fantasmi di governi tecnici

Matteo Salvini lo faceva almeno con le pinne. Giorgia Meloni fa prove di Papeete, in cappotto, a novembre. A Malta, rispondendo ai giornalisti, ha dichiarato: “I soliti noti vorrebbero il governo tecnico”. Il Papeete tecnico, per  paradosso, lo assembla  lei. A causa della sua bellissima (e sciagurata) coerenza, la premier intende tenere, ancora, ostaggio l’Europa sul Mes. Il 3 novembre scade il rinvio della proposta di legge di ratifica a firma Luigi Marattin. Il governo, e si può scrivere con sicurezza, prenderà tempo. Rinvia. Sarà ancora ammuina. E’ Meloni che tifa “avanti professori!” (o Crosetto).


Come Salvini, ma senza il mojito, la premier si sta bevendo il suo governo. Il suo cocktail è il Mes che non approverà di certo “non prima della sessione di bilancio”. Quel tempo rimandato, questa ammuina, si sta ripercuotendo sulla credibilità del paese, scoraggia la Bce a comprare i nostri titoli di stato. Il governo, ogni giorno, suggerisce, e fa bene, di acquistare Btp come fosse il latte del compositore Nino Rota, “bevete più latte, prodotto italiano, rimedio sovrano per tutte le età”. Ma questo latte può marcire. Era estate quando Meloni e il suo ministro, Giancarlo Giorgetti, si sono tirati fuori dall’impiccio Mes, la prigione maledetta della destra, rimandando l’esame. Luigi Marattin, presidente della Commissione Finanze, deputato, da un anno insegue la premier, il suo partito, i suoi alleati: “Rispondete!”. Scrivere di Mes è una noia pure per i giornalisti, se non fosse che sul Mes,  Meloni, sul serio, si gioca la carriera. La proposta di ratifica di Marattin è impantanata, come anticipato, fino al 3 novembre. Pure le date sono tristi; non portano bene.

 

La premier, una leader dai modi spicci, ed è il segreto del suo consenso, si servirà dei soliti stratagemmi parlamentari: dilatare, spalmare, portare avanti. Sono tutti attrezzi, verbi, cari ai governi stinti, quelli che perdono colore. Dice Marattin al Foglio: “Al governo vogliono fare ostruzionismo per buttare la palla in avanti qualche altra settimana? Lo facciano pure. Il momento in cui dovranno affrontare il voto, in Aula, si avvicina, non lo possono evitare. Li aspettiamo lì”. Lunedì 2 ottobre, verranno emessi ancora dei Btp valore. E’ la seconda emissione nel giro di pochi mesi. Non c’è motivo di non scommettere e di non acquistarli, ma cosa accade se la Bce smette di scommettere sull’Italia? Dopo la diffusione dei dati Nadef lo spread ha toccato 200 punti. Per carità, ieri, è sceso e non ci sono uccelli di malaugurio in volo, come pensa la premier, ma se un sottosegretario accorto, accordato (è un melomane) che fa di nome Federico Freni, leghista, a Radio 24, spiega che “200 non è affatto un tasso preoccupante”, per poi aggiungere che la soglia critica è “340”, viene da pensar (male) suo malgrado. Nel 2011 era 500 la zona rossa. Di Freni ci si può fidare, ma Freni si fida dei fanatici della coerenza?

 

Ogni giorno, ministri, uomini di governo, dicono che non siamo di fronte a un nuovo 2011 ma a furia di esorcizzarlo viene il dubbio che il 2011 il governo lo prepari. Preso atto, e lo conferma chi abita a Palazzo Chigi, che non esiste lo “scambio Mes-deficit” con la Ue, e che, “non possiamo più utilizzare l’arma Mes per trattare”, il governo sarà costretto a ratificarlo. E si sa. E però, quando Meloni sente le tre lettere salta sulla sedia. Si infastidisce. Ha sempre precisato che non lo utilizzerà. E infatti non si è mai parlato di usarlo, ma solo della ratifica. La premier ha un gradimento così alto che gli italiani le crederebbero. Ma Meloni è troppo innamorata della vecchia Meloni. Se Meloni leggesse con attenzione gli articoli delle firme economiche, giornalisti che hanno sempre scritto con rigore ed equilibrio, ma che da settimane si sono scatenate come fossero tutte Giorgio Bocca, capirebbe che c’è molto di più dell’asprezza dei commentatori. Uno di quei banchieri che lavorano a Londra, sì, proprio uno dei poteri forti (è così forte che può parlare solo con il cognome omesso) dice che “il governo è solido, ma ha scelto una politica aggressiva, un deficit alto, in un momento dove tutti i governi esplodono”. E quindi? “E quindi lo spread oggi conta molto più di prima”. E che c’entra lo spread con il Mes? “Non c’entra se non come prova che gli italiani fanno perdere tempo. Lei presterebbe denaro a un creditore che dopo avere ricevuto il suo denaro le parcheggia pure l’auto di fronte al garage, la mattina?”.

 

A novembre, anche la Lega  ha un buon motivo per dare tutta la colpa a Meloni. Attende l’autonomia. Il ministro Calderoli lavora, infaticabile, per accelerare sulla riforma, ma per avere l’autonomia servono Lep (i livelli essenziali) capaci di soddisfare le regioni del sud.   Per avere buoni Lep servono risorse economiche che non ci sono. Dato che è stata Meloni a scherzare sul governo tecnico, impallidirebbe se venisse  a conoscenza dell’intera “fantasia” tecnica. Si fa il nome di Guido Crosetto come suo possibile sostituto. Ovviamente, e giustamente, Crosetto, quando qualcuno, anche solo per provocazione glielo chiede, urla: “Ma che dite!”, e cambia strada. In nome della coerenza Meloni fa male a Meloni mentre basterebbe cambiare idea con il sorriso, quello di Altan. In una sua celebre vignetta si esprimeva così sulla coerenza: “E’ ovvio che non sono coerente. Altrimenti dove va a finire il pluralismo?”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio