(foto Ansa)

l'intervista

“Il Pd appoggia l'indagine conoscitiva sull'IA”. Parla Maria Cecilia Guerra

Luca Roberto

"Lo studio di Rizzetto e gli altri potrà servire anche a specifiche politiche industriali. I rischi? L'importante è usare l'innovazione per redistribuire la ricchezza, non per concentrarla e licenziare i lavoratori". Colloquio con la responsabile Lavoro del Partito democratico

“Un’indagine conoscitiva sull’impatto dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro? Noi del Pd in commissione abbiamo dato parere favorevole. Il tema è rilevante, merita di essere approfondito”. Risponde così la responsabile Lavoro del Partito democratico Maria Cecilia Guerra a proposito di quanto ha annunciato ieri al Foglio Walter Rizzetto, presidente della commissione Lavoro della Camera. L’organo parlamentare andrà avanti con una serie di audizioni, ascolterà esperti, imprese, ministri, producendo un testo che serva da base per l’attività normativa e legislativa. “Ma mi permetto di rilevare che potrà servire anche ad altro”, spiega Guerra. “Per esempio potrebbe dar luogo a specifiche politiche industriali e del lavoro”. Anche lei condivide il timore per i rischi che l’IA potrebbe avere sui posti di lavoro in Italia? “Non credo che si debba avere paura dell’innovazione tecnologica, che per altro nel caso dell’intelligenza artificiale procede a ritmi micidiali. Il punto è governare il fenomeno, cercando di indirizzare lo sviluppo perché sia a beneficio dei cittadini, dei lavoratori, e non della concentrazione delle ricchezze e della contemporanea perdita di posti di lavoro. Abbiamo visto quel che è accaduto in questi anni: compagnie dell’hi-tech che hanno accumulato profitti enormi e si sono disinteressate alla redistribuzione”. Secondo l’economista, già sottosegretaria al Mef, “la digitalizzazione può migliorare la produttività. Il nostro compito è vigilare perché quest’aumento di produttività serva a una riorganizzazione del lavoro, alla riduzione per esempio delle ore lavorate a parità di salario, non unicamente all’aumento dei fatturati”. L’altro grande tema è sull’utilizzo di strumenti di razionalizzazione del lavoro e che però, secondo l’esponente dem, “non devono servire da strumento di controllo dei lavoratori. Il governo da questo punto di vista nel decreto del 1° maggio ha fatto un grande passo indietro rispetto a strumenti legislativi come la legge Orlando, rendendo non conoscibili gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme”.

 

Parallelamente, dice Guerra, “andranno rivisti gli strumenti di assistenza,  gli ammortizzatori sociali. Perché è ovvio che l’ingresso in una nuova fase del lavoro porterà a ristrutturazioni che dovranno essere accompagnate. Anche con specifici percorsi di formazione. Il rischio è anche quello di una polarizzazione tra lavori iperqualificati e lavori dequalificati, facilmente sostituibili, senza più una vera classe media”. Insomma l’innovazione è positiva, ma con dei ma. Condivide le parole della premier Giorgia Meloni che ha spesso parlato, lo ha fatto anche all’Assemblea generale dell’Onu, del rischio di disumanizzazione? “Il rischio c’è se questi processi non vengono orientati a finalità collettive. Il processo non è neutrale. Ed è per questo che gli indirizzi pubblici devono restare trasparenti”. Ma questo governo e questa maggioranza, a tratti tecnofobici, per esempio nella contrarietà alla carne sintetica, sono adeguati a governare questa fase di transizione tecnologica? “Stanno dimostrando di avere un atteggiamento fortemente protezionistico. Non mi sento di condividerlo, ma è vero che le innovazioni, per quanto positive possano essere, vanno gestite con molta attenzione. Ripeto, alla politica rimane in capo il grande compito di orientare questi fenomeni. Vogliamo che migliorino le condizioni di pochi o che vadano a beneficio di tutti?”.

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