Il protagonista

Gentiloni, "l'infedele". Attaccato da Meloni e Salvini, dimenticato da Schlein

Carmelo Caruso

La premier pretende da lui "un occhio di riguardo". Lui non si sente abbastanza difeso dal Pd. Le voci sul suo futuro al Fondo Monetario Internazionale

Chi è da preferire: la destra che lo punta a faccia alta o la sinistra che lo difende senza grinta? Per il governo è ora il fellone d’Italia,  Gentiloni, “l’infedele”.  Meloni: “Deve avere un occhio di riguardo per la sua nazione”. Alla Camera resta “l’imperturbabile Paolo”. A Bruxelles, i funzionari: “E’ il commissario europeo all’Economia, non il vostro portiere d’albergo”. Da Palazzo Chigi: “Infatti è il portiere d’albergo della Germania”. Lui, agli amici del Pd: “Non ho molti amici nel Pd”. Con Schlein ha rapporti “cordiali”. E’ il signor “cordialmente, Paolo”.


Se fosse vera la metà delle accuse che, a destra, gli rivolgono, sarebbe il nuovo Andreotti, ma poiché l’astuzia del diavolo è fare credere di non esserlo, ecco il grande disegno, secondo Forza Italia: “Gentiloni vuole sfidare Tajani nella corsa a presidente del Consiglio Europeo”. FdI: “La vera sciagura è che resterà fino al 2025 commissario in carica. E’ pure in corsa per incarichi ancora più prestigiosi”. Esempi? “Fondo monetario internazionale e non va esclusa la Banca Mondiale. Di fatto ha un cv importante. Dopo la nomina della Lagarde si è dimostrato che i politici possono ricoprire questi incarichi in passato occupati dai tecnici”. Salvini ci avrebbe visto lungo: questo non ce lo leviamo. La versione ufficiale della Lega, è “che in Europa abbiamo mandato un compare di Francia, Germania, uno che non patrocina le nostre modifiche del Pnrr”. Non c’è un episodio specifico, ma un catalogo, piccole smorfie, prova che “lassù qualcuno non ci ama” e che Gentiloni non aiuta. Ieri Meloni in conferenza stampa: “Da quando ogni nazione ha un commissario accade che i commissari abbiano un occhio di riguardo per la nazione che rappresentano. Sarebbe normale”.  Aggiungono dal governo: “La Commissione chiede modifiche al Pnrr e noi correggiamo. Torniamo. Ci ripresentiamo. E però, gli amici di Gentiloni, come i vigili urbani, quelli che ti vogliono fare la multa a tutti i costi, ci dicono ‘eh no. Ci sarebbe il paraurti divelto oltre al faro scheggiato. Ritornate’. Una, due volte, voi non perdereste la pazienza? Noi sì”.

 

A Chigi, lo staff della premier ha conservato ben due articoli, uno di Repubblica e l’altro della Stampa, ritenuti prove schiaccianti. Gentiloni sarebbe in pratica la gola profonda dei corrispondenti esteri italiani, un suggeritore di retroscena come questo: “Torna il patto di stabilità. La Ue alza il muro sulle richieste dell’Italia”. E’ un po’ contorto ma è l’idea dei ministri di Meloni: “Il racconto dell’Italia all’estero lo fanno i corrispondenti italiani. A loro volta i corrispondenti italiani fomentano la Commissione contro l’Italia. Dietro tutti loro c’è Gentiloni”. L’indagine va avanti da mesi e Salvini ha deciso di rinviare Gentiloni a giudizio, con il parere del gip Tajani. Le accuse sono dunque queste: controspionaggio, omissione di soccorso, delazione. Gentiloni, stiamo sempre riportando le prove degli investigatori, “non sostiene la proposta italiana di modifica al Patto di stabilità che si traduce in esclusione delle spese militari in Ucraina e gli investimenti dal debito”. Chi in Europa ci lavora spiega che si tratta “di una proposta che non ha possibilità di passare dato che, a parte noi, lo vogliono solo Spagna e Grecia”.

 

A dirla tutta, c’è pure chi a Bruxelles rimprovera a Gentiloni di aver rilasciato “troppe interviste sui vostri giornali, in difesa del governo italiano”. E qui siamo al paradosso: Gentiloni è troppo straniero per l’Italia, ma anche troppo italiano per gli stranieri. E infatti Gentiloni è romano, aristocratico. Eterno. Chi ci parla al telefono: “Roma ha resistito ai sacchi, ai barbari. Gentiloni figuriamoci se teme il sacco di Salvini”. Lo aiuta pure il cognome, la famiglia, e il presidente Sergio Mattarella (sarebbe stato il Quirinale a chiedere la riconferma della direttrice del Demanio, Dal Verme, cognata di Gentiloni). Dall’altra parte dell’oceano Gentiloni può contare sul Partito democratico americano che surroga quello italiano. Quando un principe di sinistra si deve tutelare dice adesso: “Ho rapporti con i democratici e con Biden”. E però, Gentiloni sembra l’unico che ce li abbia davvero. Nel Pd a prendere le sue difese, loro sì con grinta, sono stati Piero De Luca, figlio di Vincenzo, Enzo Amendola, Lia Quartapelle, il “Pd Forza Pnrr”. Schlein ha preferito dare la procura del caso Gentiloni al capogruppo al Senato, Boccia, perché la verità è che difendere Gentiloni non è armocromatico, neppure per chi era il “secondo dei gentiloniani”. Oggi è il terzo. Gentiloni è un liberale, un riformista (nel Pd è una specie inseguita) oltre a essere stato ex ministro di Renzi. Aiuto! Per Gentiloni, e c’è chi giura lo abbia pensato, “Salvini mi ha restituito, a suo modo, centralità”. Lo aspetta un grande futuro perché in verità Gentiloni non lo cerca, come non lo cercava lo Smiley di “Chiamata per il morto”, di Le Carré, nient’altro che un uomo “che viaggiava senza precisa etichetta, destinato a rimanere un collo non reclamato da nessuno”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio