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Il retroscena

Zaki domenica in Italia, l'obiettivo di Meloni ora è l'estradizione di Chico Forti

Simone Canettieri

L’attivista rifiuta il volo di stato, la linea del governo "non polemizziamo". Intanto si lavora al ritorno in Italia del velista incarcerato in Florida dove governa il repubblicano Ron DeSantis

Su Patrick Zaki nelle stanze del governo si masticano cattivi pensieri. L’attivista che ha ricevuto la grazia da al-Sisi ha rifiutato di ritornare in Italia con il volo di stato. Niente Ciampino, ma Milano e poi Bologna dove è atteso per domenica, non prima, per via di motivi burocratici legati ai documenti. Per il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, è una scelta “dettata dall’indipendenza dai governi, nessuna polemica politica”, se alla fine Zaki e la sua famiglia prenderanno un volo di linea (e magari sotto le due Torri troveranno Elly Schlein, al posto di Giorgia Meloni). Una decisione che nell’esecutivo è stata presa con una punta di rammarico, anche se la premier non ha mai mostrato l’intenzione di volerlo andare ad aspettare sulla pista. Stesso discorso per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in quanto il ragazzo rimane comunque un cittadino egiziano. E, come il passato insegna, spesso queste cerimonie a favore di flash possono rivelarsi un boomerang. E’ stato questo sì un successo diplomatico della Farnesina e dunque dell’esecutivo di centrodestra. Ecco perché ieri davanti alla decisione di Zaki la linea è stata: non rispondere, non polemizzare, non sporcare questo risultato che la sinistra per un approccio ideologico contro al-Sisi, per via anche del caso di Giulio Regeni, non è riuscita mai a portare a casa. 

Il secondo obiettivo a cui sta lavorando il governo, a fari spentissimi, porta a Chico Forti. Si tratta del produttore televisivo e velista italiano detenuto da 23 anni negli Usa, perché ritenuto responsabile di un omicidio per il quale si è sempre dichiarato “vittima di errore giudiziario”. Nel 2020 il governatore della Florida firmò per il trasferimento in Italia ma l’iter non si è chiuso. Per la sua estradizione Meloni si è impegnata in prima persona, non solo con la famiglia di Forti. Nessun proclama, nessun annuncio in streaming, ma la consapevolezza che una trattativa del genere vada portata avanti di pari passo all’oblio dell’opinione pubblica. La storia si fa interessante perché il governatore della Florida si chiama Ron DeSantis, l’anti-Trump, più che possibile candidato dei Repubblicani alla Casa Bianca. Per molti questo aspetto potrebbe agevolare il buon esito dell’operazione, vista la comune area politica dei due e non la non belligeranza dell’amministrazione democratica di Biden. Per altri, l’ok del governatore a Roma potrebbe passare come un gesto di debolezza alla vigilia delle presidenziali . Meloni non ne parla. Anche se gli input sul caso non le mancano (a partire dalla famiglia del cantante Andrea Bocelli che ha sposato la causa, seguendola in prima persona e tampinando da anni ormai gli ambasciatori). Dopo Zaki, l’obiettivo è Forti. Ma vale la regola usata per l’attivista egiziano: il silenzio è d’oro.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.