(foto Ansa)

Fi tra i sovranisti?

Su Mes, Bce ed Ue, Tajani sposa la linea Meloni. Ma in Forza Italia: “Lo spazio è al centro”

Luca Roberto

Il ministro degli Esteri e presidente dei forzisti si allinea alle posizioni critiche della premier sulle partite economiche europee. Dal partito: "Che senso ha rimandare il voto sul fondo salva stati?". E c'è chi teme di spostarsi troppo a destra

E’ dalla morte di Silvio Berlusconi che negli ambienti politici ci si arrovella su una domanda: cosa sarà di Forza Italia nelle settimane e nei mesi a venire? Resterà il baluardo delle culture garantista, europeista e liberale all’interno del centrodestra, o progressivamente gli azzurri finiranno con lo schiacciarsi sulle posizioni degli alleati? E va bene che è un discorso valido principalmente nel lungo periodo, ma in queste ore un qualche segnale per intuire il futuro s’è prodotto.

 

Ieri mattina Giorgia Meloni nel corso dell’informativa in Parlamento pre Consiglio europeo è sembrata tornare ai toni del passato, quasi d’opposizione: sull’immigrazione, sulle politiche della Banca centrale europea, la cui cura di tassi d’interessi sempre più alti sarebbe “più dannosa della malattia”, cioè l’inflazione. E anche sul Mes, la cui ratifica “è una non utile polemica interna”. Parole, quelle della premier, che sono sembrate allineate alla dialettica leghista e del suo leader Matteo Salvini, secondo cui “parlare del Mes adesso è inutile”, anche perché “è meglio che il debito pubblico rimanga in mano agli italiani”. 

Ufficialmente la posizione di Forza Italia sul Meccanismo europeo di stabilità è sempre stata di moderato attendismo. Si riconoscevano i limiti di una riforma studiata in un periodo diverso, persino anacronistico, ma non vi si aggrappava come se fosse il male assoluto. Anzi, c’è stato un tempo, durante la pandemia, in cui i forzisti chiedevano di utilizzare il Mes sanitario. Solo che ieri, solcando il Transatlantico, Antonio Tajani ha usato parole nettissime: “Il Mes non lo ratificheremo. Non finché non ci sarà anche un’unione bancaria seria e una armonizzazione fiscale”, ha detto il ministro degli Esteri e presidente di FI. Aggiungendo pure che “nelle istituzioni europee, più pieghi la testa e più te la schiacciano”. Anche sulle decisioni di Christine Lagarde, la posizione era praticamente quella della sua alleata: “Interesse nazionale è anche contestare le scelte della Bce quando le si ritiene dannose per il proprio paese”, ha spiegato il vicepremier. Ingenerando la sensazione che davvero sulle macro partite economiche a livello continentale il governo sia schierato su una sola posizione. Eppure all’interno di Forza Italia non tutti sono rimasti convinti dalle dichiarazioni di Tajani.

 

L’ex capogruppo forzista alla Camera, Alessandro Cattaneo, l’aveva già detto lo scorso maggio, proprio al Foglio: “Non possiamo permetterci di giocare, come Italia, il ruolo di sabotatori dell’Ue”. Oggi registra la posizione del suo partito con la stessa apprensione. “Perché che senso ha rinviare tutto di tre mesi se poi si sa già quale sarà il percorso delle altre riforme europee, dal Patto di stabilità al completamento dell’unione bancaria?”, si chiede oggi. “Ecco perché la questione sarebbe meglio affrontarla prima che poi”.  L’altra preoccupazione vera è se un avvicinamento di Forza Italia a Meloni e Salvini finisca per scoprire il centro, che dalla morte di Berlusconi in poi sembra essere diventato un baricentro politico interessante per trovare una collocazione elettorale. E se un ex ministro di cultura centrista tende a scongiurare rischi eccessivi, considerando quasi naturale la costruzione di una specie di partito unico tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, c’è invece un ministro di FI, in carica, che ammonisce rispetto al percorso da seguire, cercando di non sbilanciarsi troppo: “Perché al centro c’è ancora tanto spazio e dobbiamo continuare a essere attrattivi per i moderati”.

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