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L'editoriale del direttore

No, l'ambiguità sull'Ucraina non paga. Appunti per Schlein e Conte

Claudio Cerasa

Fa perdere voti? Chissà. Di sicuro il tentativo di dare voce all’Italia “pacifista” fa perdere la faccia (e i giovani). Lezioni per il centrosinistra dopo la sconfitta alle regionali in Molise

Nel loro piccolo, anzi nel loro piccolissimo, le elezioni in Molise, vinte dal centrodestra, hanno dimostrato che il tentativo portato avanti in questi mesi dal Partito democratico e dal Movimento 5 stelle di ampliare il proprio bacino elettorale scommettendo sulla catastrofe imminente del paese, sulla deriva fascista del governo e sull’emergenza democratica dell’Italia non sta portando i frutti sperati. Non ha portato i frutti sperati aver descritto Meloni come un’estremista assetata di potere disposta a tutto pur di occupare tutte le poltrone (ieri Meloni ha scelto come commissario all’emergenza alluvione in Emilia-Romagna lo stesso generale scelto da Draghi per guidare la campagna di vaccinazione nel 2021, Francesco Paolo Figliuolo, e come successore di Ignazio Visco in Bankitalia lo stesso tecnico che avrebbe nominato Draghi se fosse rimasto in carica qualche mese in più, Fabio Panetta). E non ha portato i frutti sperati neppure aver fatto leva in questi mesi sull’ambiguità delle posizioni relative al sostegno all’Ucraina.

 

Lo sappiamo: l’Ucraina incide poco sulle elezioni regionali, così come incide poco sulle elezioni amministrative. Ma il tema è evidente: l’idea che vi sia un’Italia desiderosa di abbracciare i partiti capaci di rappresentare il famigerato umore critico del paese rispetto alla difesa dell’Ucraina è un’idea semplicemente perdente. E il tentativo di dare voce all’Italia cosiddetta pacifista non ha portato alcun beneficio ai due partiti più importanti del centrosinistra. Schlein, negli ultimi mesi, ha scelto di investire molto nell’ambiguità del Pd sull’Ucraina. Lo ha fatto a maggio, quando il Pd, al Parlamento europeo, ha votato contro un pacchetto da 500 milioni di euro per far fronte alle necessità di munizioni dell’Ucraina e degli stati membri. Lo ha fatto a inizio giugno, quando il Pd ha promosso come vicecapogruppo alla Camera Paolo Ciani, unico deputato del Pd ad aver votato contro l’invio delle armi in Ucraina. Lo ha fatto a metà giugno non votando a favore di una mozione sostenuta dal gruppo dei socialisti europei per chiedere di accelerare l’ingresso dell’Ucraina della Nato. Le posizioni titubanti di Schlein sulla guerra non solo non hanno portato apprezzabili benefici elettorali ma sono posizioni che vanno a cozzare in modo clamoroso con un pezzo di elettorato che la segretaria ha sempre sostenuto di voler rappresentare: i giovani. E la segretaria del Pd non ha compreso quanto la difesa dell’Ucraina dall’aggressione della Russia sia un tema tutt’altro che divisivo, anche tra i più giovani. Ed è sufficiente fare due passi in qualsiasi facoltà italiana per capire tutto quello che l’Ucraina, con i suoi volti, con la sua storia, con i suoi eroi, con quegli scorci d’Europa spazzati via dalle bombe visibili a ogni ora del giorno e senza troppe intermediazioni sugli smartphone di tutto il mondo, rappresenta per uno studente.

 

È come una carrellata: la difesa della libertà, la difesa dell’occidente, la difesa delle democrazie liberali, la lotta contro i regimi totalitari, il senso di appartenenza alla comunità degli europei. Elly Schlein forse non lo ha ancora capito, ma la partecipazione di cuore, netta, senza ambiguità, alla difesa dell’Ucraina non è un tema divisivo, soprattutto tra i giovani, ai quali tra l’altro non puoi dire di battersi con tutte le forze possibili contro i nuovi fascismi lasciando poi intendere che non sia necessario fare di tutto per difendere un popolo aggredito dai nuovi fascisti, come quello ucraino. È qualcosa di più genuino: è un’educazione al mondo libero, a quanto siamo fortunati, a quanto dovremmo essere orgogliosi di farne parte. Schlein, finora, ha usato l’ambiguità sull’Ucraina per avvicinarsi al M5s. La strategia opposta potrebbe non essere così disprezzabile: sposare con nettezza la difesa dell’Ucraina per non allontanarsi dalla maggioranza dell’elettorato italiano. Non per non perdere in Molise, ma più semplicemente per provare a non perdere la faccia. Forza Elly: batti un colpo se ci sei.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.