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l'editoriale del direttore

Divisivo un corno. Perché la vera eredità del Cav. è la sua trasversalità

Claudio Cerasa

Lo hanno attaccato. Lo hanno combattuto. Lo hanno detestato. Poi gli hanno dato ragione, sulla giustizia e non solo. La storia di Berlusconi è fatta anche di lunghe e formidabili stagioni all’interno delle quali i suoi nemici hanno provato a investire in una caratteristica speciale dell’arsenale del fondatore di Forza Italia: l’arte del compromesso

Lo hanno attaccato, ma poi ci hanno fatto i governi. Lo hanno combattuto, ma poi ci hanno fatto gli accordi. Lo hanno detestato, ma poi gli hanno dato ragione. Nelle ultime ore, si è sentito dire spesso che una delle principali caratteristiche politiche del berlusconismo, in questi anni, ha coinciso con il suo essere stato estremamente divisivo e con il suo essere riuscito in diverse circostanze a lacerare letteralmente un intero paese. Nel corso della sua vita, Berlusconi ha polarizzato in molte occasioni il dibattito politico e sarebbe sciocco non ammetterlo. Ma accanto al Berlusconi divisivo nel corso del tempo è emerso con forza anche un Berlusconi diverso divenuto per la disperazione dei propri avversari anche l’esatto opposto: un simbolo cristallino di formidabile trasversalità.

 

Lo hanno attaccato. Lo hanno combattuto. Lo hanno detestato. Ma la storia di Berlusconi è fatta anche di lunghe e formidabili stagioni all’interno delle quali i nemici del Cav. hanno provato a investire in una caratteristica speciale dell’arsenale berlusconiano: l’arte del compromesso. E  tutti i leader del centrosinistra, negli ultimi trent’anni, sono stati sedotti dalla trasversalità del Caimano. Nel 1997, Massimo D’Alema, da premier, tenta la strada delle grandi riforme con Berlusconi, a colpi di Bicamerale. Nel 2014, Matteo Renzi, da premier, tenta la strada delle grandi riforme, a colpi di patto del Nazareno. Nel 2011, il Pd di Pier Luigi Bersani accetta di formare un governo di unità nazionale anche con il supporto del partito di Berlusconi. Nel 2013, il Pd, con Enrico Letta premier, sceglie di formare una grande coalizione con Forza Italia. Nel 2020, il governo giallorosso, con Giuseppe Conte premier, accetta di collaborare anche con Forza Italia per la realizzazione di uno scostamento di bilancio, ai tempi della pandemia.

Nel 2021, il M5s e il Pd decidono di formare un governo di grande coalizione ancora con Forza Italia. E il risultato è che negli ultimi dieci anni il Pd e Forza Italia hanno governato insieme per sei anni. Per non parlare poi del quadro europeo. Dove il centrosinistra anti berlusconiano e il centrodestra berlusconiano, tranne una parentesi tra il 1999 e il 2004, governano insieme ininterrottamente dal 1994 (e in questo momento, mentre scriviamo, il Pd di Elly Schlein, al Parlamento europeo, è alleato con Forza Italia). Il Berlusconi di lotta ha diviso l’Italia, ma il Berlusconi di governo ha avvicinato i poli politici più di quanto abbiano fatto i suoi avversari. E con la sua spontanea trasversalità ha creato non solo le condizioni per unire il paese su alcuni temi che contano (“mentre penso alla scomparsa di Berlusconi – ha detto ieri Romano Prodi intervistato dal Messaggero – rifletto soprattutto sugli obiettivi comuni più che sulle nostre divisioni. Per questo mi viene alla mente, con naturalezza, il tema dell’europeismo: entrambi abbiamo avuto la chiara idea che il futuro dell’Italia passa attraverso l’Europa”) ma anche per rendere ridicoli molti di coloro che in questi anni hanno tentato di considerare Berlusconi come un corpo estraneo della nostra democrazia (il rettore dell’Università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari, ha scelto di non tenere nella sua università le bandiere a mezz’asta nel giorno dei funerali, cosa che invece anche il Parlamento europeo nei suoi uffici italiani).

 

Il vero termometro  della trasversalità di Berlusconi, però, lo si trova su un campo che era stato questo sì divisivo nella prima fase della stagione berlusconiana. Quel campo è ovviamente la giustizia. E la battaglia quotidiana combattuta dal Cav. contro la trasformazione dell’Italia in una repubblica codina, giacobina, fondata sulla gogna e sulla venerazione della magistratura d’assalto costringe tutti a porsi una domanda: era davvero così divisiva quella lotta o quella lotta era dirompente solo perché sgretolava un totem e dunque una consuetudine? Lo hanno detestato, ma poi gli hanno dato ragione. La trasversalità del Cav., in fondo, era tutta qui.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.