(foto Ansa)

a palermo

In Sicilia si sbriciola l'asse Meloni-Salvini e Schifani non sa come uscirne

Paolo Mandarà

Alla vigilia dei ballottaggi di domenica, la coalizione deve fare i conti con fibrillazioni interne. L'assessore regionale del Carroccio Turano sulla graticola

I rapporti fra Meloni e Salvini, in Sicilia, proseguono sotto una cattiva stella. Non è bastato il successo di Catania con Enzo Trantino a rinsaldare le file del centrodestra, che alla vigilia dei ballottaggi di domenica e lunedì (sono chiamati al voto quattro Comuni sopra i 15 mila abitanti, fra cui Siracusa) deve fare i conti con le fibrillazioni interne: Fratelli d’Italia, forte del suo ascendente sul governatore Schifani, ha chiesto infatti la rimozione del salviniano Mimmo Turano dalla giunta regionale.

 

L’assessore all’Istruzione sarebbe stato l’artefice della sconfitta incassata dieci giorni fa dal centrodestra a Trapani, dove l’ambizioso candidato di FdI, Maurizio Miceli, è stato battuto al primo turno da Giacomo Tranchida, tesserato Pd ma “civico” per l’occasione. Al suo fianco, forte del 9% dei consensi, una lista riconducibile allo stesso Turano, ovviamente senza il simbolo del Carroccio. Da qui la pretesa, forte e chiara, dello stato maggiore di FdI: “È successo che un giocatore si è tolto la maglia della propria squadra e ha giocato con quella dell’altra. Il presidente della Regione deve intervenire”, sono state le parole di fuoco pronunciate dal coordinatore di Fratelli d’Italia per la Sicilia occidentale, Giampiero Cannella. Ma il risentimento dei patrioti si è esteso ad altre figure cardine del partito: dalla deputata nazionale Carolina Varchi, legatissima a Giorgia Meloni, passando per il senatore Salvo Pogliese e il capogruppo all’Ars, Giorgio Assenza: l’attesa per un regolamento di conti è divenuta spasmodica.

 

Peccato che le ultime visite di Salvini in Sicilia abbiano anestetizzato i tempi della decisione di Schifani: anch’egli, in un primo momento, sembrava convinto della necessità di un ritocco alla squadra di governo. Turano, però, è una delle new entry leghiste nell’Isola e gode dell’appoggio di Luca Sammartino, attuale vicepresidente della Regione e catalizzatore di voti, specie nella provincia di Catania (alle ultime regionali ha ottenuto più di 20 mila preferenze). Un enfant prodige già scafato – viene dalla duplice esperienza con il Pd e con Italia Viva – che né Schifani né tanto meno Salvini possono rischiare di perdere per un “capriccio” patriota. Così la situazione ristagna.

 

Per altro le Amministrative e la vittoria di Catania non hanno cancellato vecchi rancori all’interno del centrodestra. Tanto che la coalizione deve fare i conti con la rottura di Siracusa, dove un pezzo di Forza Italia sosterrà al ballottaggio il calendiano Francesco Italia, sindaco uscente opposto all’azzurro Ferdinando Messina. E soprattutto di Acireale, dove il “prescelto” di Schifani, l’ex sindaco Roberto Barbagallo, è contrastato dagli stessi partiti alleati del governatore a Palermo: cioè Fratelli d’Italia, Lega e persino la nuova Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro.

Attorno al candidato Barbagallo, in queste ore, è esploso un vespaio a causa delle frequentazioni di quest’ultimo con alcuni esponenti del clan mafioso Ercolano-Santapaola, tra i più feroci del Catanese, portati alla luce da un’informativa del commissariato di Polizia di Acireale e dalla Squadra Mobile. Lo stesso Barbagallo è stato condannato in primo grado per richieste illecite di un vigile urbano e la sua posizione, adesso, è al setaccio della commissione parlamentare antimafia e del Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, messi al corrente da una segnalazione di Angelo Bonelli (Verdi).

 

Insomma, un caos quasi impossibile da districare, che potrebbe avere effetti postumi rispetto a un eventuale successo nelle urne (ad esempio la contestazione di “infiltrazioni mafiose”). Schifani, invitato dall’ex Iena Ismaele La Vardera, oggi deputato dell’opposizione all’Ars, a ritirare il sostegno a Barbagallo, non ha messo bocca sulla questione. Ha troppi guai da risolvere anche all’interno del suo partito: Forza Italia a Catania s’è già spaccato in un paio di correnti che sono in lotta per avere più spazio nella giunta Trantino. L’elezione dell’avvocato e figlio d’arte – il padre è uno storico esponente del Msi e di Alleanza nazionale – sembrava poter garantire maggiore slancio all’azione del centrodestra, ma finora si è rivelata solo l’inizio della fine.

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