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Il commento

Nelle città dell'A4 e A1 vince il Pd, però soltanto lì

Maurizio Crippa

Le due autostrade non sono solo immagini da evocare, ma linee vitali di sviluppo e di connessione che uniscono le economie e i territori più avanzati d’Italia. Ecco il senso giusto di un bel tweet di Gori: ride solo chi non ha mai visto una mappa del territorio

Ma sì, “il Pd riparta da Isoradio” è una buona battuta, infatti è venuta in mente a molti per commentare un tweet di Giorgio Gori che in effetti a prima vista sembrava facilmente scherzabile: quello sulla A4 e la A1, dove vincono i sindaci del Pd. Ma chi conosce davvero quei territori, e Gori li conosce, sa che A4 e A1 non sono l’“autostrada della vacanza”, per citare una vecchia canzone di Franco Califano. Sono di più, e la politica c’entra.

Giorgio Gori a ridosso del bagno preso dal Pd alle comunali aveva provato a riflettere, con la sintesi obbligata del social, su una immagine intuitiva: “Con la vittoria di @GiacomoPossamai si completa l’asse che lungo l’A4 vede tutti i capoluoghi, da Milano a Padova, governati dal centrosinistra. E così lungo l’A1 da Milano a Bologna. Ovunque la formula è la stessa: alleanza larga con al centro il #Pd e ruolo decisivo del civismo”. In effetti, un Pd vincente sulle direttrici della CO2 e del traffico su gomma, oltre a provocare un’intossicazione alla sinistra green e climaticamente catacombale, può sembrare un’immagine bizzarra. Invece appare tale, e risulta incomprensibile, solo a persone che pensano alla politica (e magari straparlano di ascolto dei territori) senza aver mai guardato dal vivo un territorio. E senza mai aver studiato una cartina geografica che riporti, oltre ai monti e ai fiumicelli, anche le aree economiche, le densità demografiche e gli hub dell’innovazione, le arterie di comunicazione. Chi invece conosce bene quei territori, come il sindaco di Bergamo, sa che A4 e A1 non sono solo immagini da evocare, ma sono le linee vitali di sviluppo e di connessione che uniscono le economie e i territori più avanzati d’Italia e più proiettati verso l’Europa e i mondi globali. E allora, che lì il Pd vinca “con una alleanza larga e con al centro il ruolo decisivo del civismo”, diventa un tema interessante e anche dannatamente concreto, rispetto alle mille frasi fatte post sconfitta sui campi larghi o alternativi da costruire e sui territori da cui ripartire. Gori nel tweet ha detto un paio di cose vere e di cui spesso non si tiene conto, anche tralasciando il tema delle alleanze, di cui si occuperà chi deve.

E’ evidente che queste città poste sulle due arterie più trafficate e ad alto pil d’Europa – da Milano a Bergamo a Brescia, da Verona e Vicenza a Padova oppure (con qualche restringimento di carreggiata) da Lodi a Parma a Bologna rappresentano quelle che per gli studiosi di geografia umana sono due megalopoli estese. L’asse padano che da Novara (o Torino) arriva a Vicenza (o Padova) è un tutt’uno di insediamenti e servizi (a volte anche disservizi) e connessioni sociali ed economiche. Così come, attraversando verso sud quella che Aldo Bonomi chiama la “quarta Lombardia” agricola e della logistica e poi l’Emilia c’è un territorio omogeneo: tanto che gli stranieri si stupiscono che nei 120 chilometri tra Milano e Parma si attraversino ben quattro province e cinque città di rango universitario. E’ significativo che in queste città vincano da tempo (o per la prima volta, ma considerando il dato nazionale è interessante) sindaci espressione di un riformismo oggi minoritario persino nel partito (Gori minacciò di andarsene dopo l’elezione di Schlein), esponenti ed eredi di un’area civica e deideologizzata: no Podemos, insomma. E anche Possamai ha vinto cercando consensi nel centro riformista, questo il senso della frase di Gori. Che è più di una boutade. Le città cui fa riferimento sono economicamente produttive, centri di innovazione industriale e finanziaria, sedi di università con forte proiezione internazionale e dunque anche ricche di un tessuto sociale e delle professioni che non è “la sinistra Ztl”, ma un ceto proiettato verso il cambiamento sociale e una liberalizzazione ben temperata (visto che votano a sinistra) del sistema Italia. Non è così strano che qui la sinistra “che si deve spostare a sinistra”, e di cui Elly Schlein sembra quasi più in balìa che una guida, non sia dominante e non sfondi. 
Ma è ancora più interessante notare che in queste “città della pianura”, per passare da Califano a Cormac McCarthy, la destra formato sovranista vincente a livello nazionale perda quasi regolarmente. Perché a quei ceti urbani a forte proiezione internazionale, sia come professionisti che come imprenditori che come giovani studenti, la destra popolana-populista della Lega o quella nazionalista di Meloni non ha risposte o alleanze strategiche da offrire.

Ma qui si ferma anche il viaggio autostradale di Gori. E l’ingorgo l’ha colto bene il suo collega Beppe Sala, esponente della sinistra pragmatica e che è idealmente al vertice delle due autostrade, la Milano-Vicenza e la Milano-Bologna. Perché è vero che nelle città innovative del nord la sinistra vince; ma appena si esce da quei centri a alta concentrazione economica e innovativa la sinistra non vince più. Non vince a Sesto San Giovanni, non vince a Orzinuovi, non vince a San Donà di Piave e non vince a Sassuolo. Il sindaco di Milano ha commentato su Instagram: “Serve ragionare su cosa sia quella che definisco la mia parte politica. Che cos’è il centrosinistra?”. Cosa manca, si chiede: “Probabilmente manca una forza… consistente e popolare, che consenta all’area di centrosinistra di non sbilanciarsi solo su battaglie minoritarie”. Una forza insomma, secondo Sala, “capace di rappresentare l’innovazione di far parlare quella vasta maggioranza silenziosa che desidera stabilità, progresso”. Poi ci sono, ovviamente, anche quelli che da sinistra dicono che il Pd vince solo nelle zone ricche ma non riesce ad attivare un’idea di cambiamento dove servirebbe. Per molti a sinistra “il partito degli amministratori”, già “partito dei sindaci”, che era un modello di riferimento e una medaglia, è diventato un motivo di recriminazione. Ma il cambiamento, di solito, viaggia dove trova strade. O autostrade.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"