Un'immagine del funerale di ieri (Lapresse)

il lutto

Augello trasforma il suo stesso funerale in un atto politico, con Bettini e Meloni

Salvatore Merlo

Un gesto tra avversari che rivela quanto l’antifascismo brandito come arma politica oggi sia posticcio e recitato. Non si costruisce sul solido se si costruisce sull’odio

“Mantenevamo l’impegno a non degradarci nella contrapposizione”, ha detto Goffredo Bettini, una vita nel Pci di Berlinguer, mentre parlava dello scomparso Andrea Augello, una vita nel Msi di Almirante. “Il nostro è stato un legame basato non soltanto sulla stima, ma sull’amicizia. Ci univa la politica e ci univa il cuore”. E così, con l’eulogia funebre affidata a Bettini e a Giorgia Meloni, su sua precisa richiesta avanzata a entrambi qualche settimana prima di morire, ecco che Andrea Augello, un uomo che aveva immaginazione (il muscolo dell’anima), ha voluto compiere nel corso del suo stesso funerale, ieri nella basilica di Santa Maria in Aracoeli, un ultimo atto politico: la naturalezza di un gesto tra avversari che in un lampo, nella sua ovvia semplicità, ieri rivelava quanto l’antifascismo brandito come arma politica, oggi, sia posticcio e recitato. Fasullo.

 

Come se Berlinguer e Almirante non si fossero mai parlati, quasi sessant’anni fa nel tentativo di mettere fine al terrorismo, come se Pajetta non avesse mai fatto omaggio alla salma del segretario del Msi nel 1988, come se Pertini non fosse andato a trovare Paolo Di Nella morente in ospedale nel 1983, come se Trombadori non avesse partecipato sul finire degli anni Ottanta a un dibattito alla Sapienza, organizzato da Gianni Alemanno, pronunciando parole sul “fuoco” che andava spento e andava sostituito dal confronto delle rispettive storie e delle rispettive identità. Non si costruisce sul solido se si costruisce sull’odio. E allora ecco Bettini, il dirigente post comunista, che prende la parola poco prima di Meloni, la presidente del Consiglio post missina. A volte le parole più semplici, le più quotidiane, assumono all’improvviso un significato straordinario. Ed è questo che probabilmente Augello aveva in mente, spinto com’era da un profondo istinto estetico e politico. Fino alla fine dei suoi giorni. E in fondo cos’è la politica se non scegliere i gesti, dare forma a una intenzione o a una volontà?

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.