Linee roventi

Renzi prova a fare scouting tra i delusi del Pd di Schlein

Gianluca De Rosa

Italia viva, dopo Enrico Borghi, cerca nuovi proseliti tra chi non si sente a suo agio con la nuova segretaria. La settimana prossima saranno possibili nuovi arrivi se la leader non concederà qualcosa alle minoranze negli uffici di presidenza dei gruppi

Drin, drin. “Pronto chi è?”. “Ciao, sono Matteo Renzi”. I telefoni di deputati, senatori, consiglieri regionali e persino consiglieri comunali del Pd sono caldissimi. Si cercano riformisti a disagio, moderati pensosi, preoccupati dalla nuova linea dem targata Elly Schlein. Dopo l’addio del senatore Enrico Borghi, che solo due giorni fa ha annunciato proprio insieme a Renzi il suo passaggio a Italia viva, seguendo una scelta già compiuta da Andrea Marcucci, dentro il Pd ha cominciato a circolare una certa preoccupazione. “D’altronde – raccontano alcuni senatori dem – Matteo è dal 27 febbraio (il giorno in cui Schlein ha vinto le primarie ndr) che telefona per cercare di trovare qualche deluso”. L’operazione “stana il riformista a disagio”, si dice, la porterebbero avanti direttamente lui e la fedelissima, capogruppo del Terzo polo al Senato, Raffaella Paita (nella sua Liguria è già riuscita ad arruolare alcuni consiglieri comunali ex Pd ).

Ogni passaggio a Italia viva – che si tratti di un parlamentare come nel caso di Borghi o di un consigliere comunale – è scandito da un post sui social del partito con la “figurina” del nuovo arrivato e la scritta maiuscola “BENVENUTO”. Al senato nei giorni scorsi Renzi aveva provato un altro assalto, quello a Carlo Cottarelli. L’economista che l’ex presidente del consiglio volle (e poi silurò) a palazzo Chigi per curare la spending review è stato eletto a palazzo Madama da indipendente nella lista del Pd e di quel gruppo oggi fa parte, ma in tutti i suoi più recenti interventi non ha mai nascosto il timore di sentirsi un pesce fuor d’acqua nel nuovo Pd di Schlein. L’invito di Renzi lo ha però declinato. Cottarelli è uomo di parola. Ai dem ha promesso: “Se sarò troppo a disagio, mi dimetterò da senatore, nessun passaggio di gruppo”. E sul suo futuro si specula su qualcosa del genere: un addio per candidarsi poi con +Europa alle europee del 2024. Stessa tornata elettorale che potrebbe interessare Irene Tinagli. Anche all’euodeputata ed ex vicesegretaria del Pd di Enrico Letta è squillato il telefono. Anche lei fino ad adesso ha gentilememte declinato l’offerta. Dentro Italia viva però giurano: “A poco a poco quando ci sarà da fare le liste per le europee, e non manca molto, in tanti tra chi è rimasto fuori e chi aspetta di vedere come si comporterà Elly si sposteranno con noi”. Sulla questione certo pesano le liti interne al Terzo polo. “Dove vado se mi sposto con Renzi?”, ci si domanda giustamente. Anche perché lo scouting del senatore fiorentino –  che con Borghi intanto ha raggiunto il numero previsto per costituire un gruppo autonomo al senato – sta colpendo anche Carlo Calenda, al quale, ad esempio, ha soffiato il vice segretario di Azione in Piemonte Emanuele Maino e l’ex sindaca di Arenzano, già dem e poi nel direttivo del partito di Calenda, Maria Luisa Biorci.

Ieri invece anche alla Camera si temevano nuove defezioni. Circolava forte il nome di Piero De Luca. Il figlio del governatore della Campania però per adesso non sembra intenzionato a lasciare il Pd. Lui come altri, ancora prima delle europee, attende un’altra scelta della segretaria, quella sugli uffici di presidenza dei gruppi dem alle camere. Come presidenti Schlein ha scelto due suoi fedelissimi (Chiara Braga e Francesco Boccia) le minoranze, non solo riformisti e cattolici, ma anche la sinistra più critica, sperano che adesso per le vicepresidenze e i tesorieri la segretaria scelga in modo diverso. Uno dei nomi che circolano per Montecitorio è proprio quello di De Luca. Schlein dal canto suo ha cercato di non scontentare i riformisti sui temi più delicati, dalla guerra in Ucraina al termovalorizzatore di Roma. Lo stesso ha fatto con i cattolici, preoccupati dalle posizioni di della segretaria sulla maternità surrogata. Lei è favorevole, ma ha già spiegato che non sarà una battaglia del partito: “Ci sono posizioni diverse ne dobbiamo discutere”, ha detto.  Intanto due deputate, Lia Quartapelle e Marianna Madia, e un senatore, Filippo Sensi, che di Renzi fu  spin doctor, hanno organizzato un ciclo di quattro seminari che partirà il prossimo 4 maggio per cercare di dar voce ai riformisti “non fuori, ma dentro il Pd”.

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