Il governo media sul Pnrr con la Commissione, ma è già pronto il compromesso: costerà 270 milioni

Valerio Valentini

Le trattative in corso sugli stadi di Firenze e Venezia. Fitto prova l'estrema mediazione, ma intanto abbozza il "Piano B": trasferire gli impienti sportivi nel Fondo complementare. Significa rinunciare a una quota di finanziamenti, e ammettere il primo passo falso sul Recovery

L’ipotesi, per quanto concreta, non è di quelle esaltanti. Dunque ci sta che Giorgia Meloni e Raffaele Fitto di questa soluzione di ripiego ne parlino poco, quasi niente. E però sanno entrambi, e insieme a loro lo sanno anche i sindaci Dario Nardella e Luigi Brugnaro, che al dunque è lì che si potrebbe finire: a eliminare dal Pnrr i progetti degli stadi di Firenze e Venezia e inserirli nel Piano complementare. Finanziarli, dunque, coi soldi italiani. Si tratta di 270 milioni.

Non è roba,  per cui stracciarsi le vesti, insomma, nel contesto di una rata, quella relativa a dicembre 2022 e ancora sospesa dalla Commissione, che vale 19 miliardi. Il prezzo, semmai, rischia di essere politico. Per l’Italia, che da principale beneficiaria del Next Generation Eu segnerebbe il primo colpo a vuoto nell’attuazione del Pnrr; e per il governo Meloni, che di questa mancanza verrebbe  imputato. E si capisce, allora, perché Fitto, prima d’arrendersi allo scenario di ripiego, voglia provarle tutte, per convincere i funzionari di Bruxelles. “Lavoriamo con l’ottimismo della ragione”: così va catechizzando i suoi collaboratori in vista degli incontri decisivi di giovedì e venerdì prossimi, quelli in cui si cercherà di convincere gli scrupolosi ispettori della Commissione che sì, gli impegni presi sono tutti coerenti con gli obiettivi del Recovery.

Sulla faccenda del teleriscaldamento e delle concessioni portuali le contestazioni di Bruxelles sembrano superabili. Quanto a Firenze e Venezia, la faccenda è più complessa. Complessissima, in particolare, è quella del Bosco dello Sport del capoluogo veneto. Perché, in quel caso, l’area interessata dalla costruzione degli impianti sportivi cari a Brugnaro non rientra tra le aree urbane edificabili oggetto del bando. A Palazzo Chigi, d’intesa col sindaco, hanno ipotizzato una modifica sartoriale ai relativi piani urbanistici, ma dalla Commissione hanno fatto notare che servirebbe un contestuale aggiornamento del catasto. Insomma, c’è una ragione se nella scheda di valutazione elaborata da Bruxelles si parla di “inammissibilità” del progetto. Senza altri attributi.

“Probabile”, invece, è “l’inammissibilità” del nuovo Artemio Franchi. Qui le controdeduzioni inviate a Bruxelles paiono avere maggiore fondamento. Anzitutto perché, a dispetto delle apparenze, l’area di Campo di Marte rientra tra quelle che il ministero dell’Interno, tabelle alla mano, considera “periferiche”: secondo gli indici di valutazione del disagio sociale, dunque, quello spicchio di città intorno allo stadio della Viola è considerato “da riqualificare”. Per quel che riguarda i rischi di “aiuto di stato”,  si sta cercando di dimostrare che non ci sarà alcun tipo di affidamento  gratuito alla società della Fiorentina, ma che si procederebbe con un bando e in virtù di ben definiti canoni di locazione.
  Insomma, ci sono dei margini. E sono quelli che legittimano una certa speranza in vista del parere definitivo degli uffici di Ursula von der Leyen, che a Palazzo Chigi attendono entro lunedì prossimo. Margini risicati, però, se è vero che, confidandosi coi senatori di FdI, giovedì scorso, Fitto ha ammesso che quelli della Commissione “sono un po’ rigidini”. Ed evidentemente non agevola questa trattativa il fatto di doverla svolgere in una settimana in cui lungo l’asse tra Roma e Bruxelles si registrerà alta tensione per la faccenda delle concessioni balneari – il parere motivato da parte della Commissione arriverà domani, la sentenza della Corte di giustizia di Lussemburgo giovedì: e da entrambi i fronti ci si attendono legnate.

Dunque, ecco spiegato il perché del “piano b”. Un piano di cui si parla poco, per non infiacchire la posizione negoziale del governo, ma che è lì, già abbozzato. Si tratterebbe, in sostanza,  di espungere i progetti di Firenze e Venezia dal Pnrr e trasferirli nel Piano complementare, quello da 30 miliardi stanziato dal governo Draghi due anni fa per garantire finanziamenti a opere che non rispecchiano gli stringenti parametri del Recovery. Non sarebbe una scelta indolore, ovvio. Perché, a quel punto, le risorse andrebbero trovate nelle casse del Mef. Per il Franchi significherebbe rinunciare a circa 55 su un totale di 200 milioni stimati per il nuovo stadio. Per il Bosco dello Sport, su 304 milioni complessivi, la quota coperta dai fondi europei scenderebbe a 88. Il resto, starebbe all’Italia coprirlo. Sommati, i due ammanchi fanno qualcosa come 270 milioni, che andrebbero allora sottratti ad altre opere presenti nel Fondo complementare.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.