L'intervista

“Ma quale fascista, con Meloni torna la Dc”. Parla Rotondi

Gianluca De Rosa

Psichdelico dialogo con il democristiano ex ministro di Berlusconi e oggi fan della presidente del Consiglio: "Oggi la borghesia che  votava Dc e poi Berlusconi ha trovato una nuova leader"

“Quando capiranno che Giorgia Meloni non è il nuovo fascismo, ma la nuova Dc, per loro sarà tardi. Non ci hanno visto tornare”. Gianfranco Rotondi lancia su Twitter la sua provocazione. Si sa che l’eterno democristiano d’Irpinia (copyright Salvatore Merlo), dopo la sbandata per Silvio Berlusconi che fu suo testimone di nozze e di cui fu ministro per l’attuazione del programma nel 2008, adesso ha preso una cotta megagalattica per Meloni. Eletto alla Camera nelle liste di FdI, al suo compleanno, una cena a Roma che lo scorso luglio, prima della vittoria elettorale, presentò la premier all’establishment, già ne preconizzava un finale democristianissimo “La Dc stasera battezza Giorgia, più Merkel che Thatcher”. E però Francesco Lollobrigida, Ignazio La Russa, Giovanni Donzelli non sembrano proprio Moro, Forlani o Zaccagnini.  Anzi, potrebbero forse prenderlo come un insulto. “E non lo sono infatti – ci interrompe subito Rotondi –, ma questo non significa che Meloni e i suoi non possano comportarsi come una nuova Dc, d’altronde tanti democristiani mica erano democristiani...”. Confusione. Ci spieghi meglio.

 

“Allora – prende fiato il democristian-meloniano Rotondi prima di partire per un lungo e psichedelico ragionamento – sulla carta un democristiano è un credente che aderisce alla convinzione di Sturzo per cui il cristiano debba fare politica in un partito di ispirazione cristiana, ma laico, debba aver letto Maritain, debba aver seguito la dottrina sociale della chiesa. Dentro a questo orizzonte può essere un conservatore, attento al cattolicesimo della morale oppure un progressista, attento al cattolicesimo del sociale, nella Dc convivevano, ma davvero il  ruolo della Dc è stato questo: realizzare la dottrina sociale della chiesa?”, si domanda prima di rispondersi, marzullianamente, da solo. “Ma assolutamente no. La risposta giusta è un’altra:  la Dc è stato il partito che  unì gli italiani contro il comunismo e interpretò un blocco sociale antiprogressista che prima era stato fascista, dopo fu berlusconiano e oggi è meloniano, io credo a questa teoria del professor Giorgio Galli che era la bestia nera dei democristiani italiani perché diceva loro la verità: siete dei conservatori”. E la sinistra Dc? “C’era eccome, voleva gareggiare con il Pci a al gioco ‘chi è più progressista’, dare del conservatore a un democristiano poteva essere un insulto indelebile, però un partito è fatto di dirigenza e di un elettorato, talvolta il primo è contro il secondo,  l’elettorato democristiano era il blocco conservatore, i neoguelfi lombardi, la piccola impresa, il ceto medio diffuso del sud, il generone burocratico romano, lo stesso blocco che aveva conosciuto un’avventura reazionaria con il fascismo, divenne democristiano, senza questa continuità non capiamo la storia dell’Italia”. 


Va bene, ma arriviamo a Meloni. Cosa c’entra con la Dc? “Questo blocco largo – continua il deputato – ha avuto tre leadership nel 900: una autoritaria e carismatica con Mussolini, una democratica e collegiale, la Dc, la terza carismatica e democratica, Silvio Berlusconi. Adesso Meloni cos’è? Rappresenta questa borghesia? Io penso di sì. Per certa sinistra rischia di somigliare alla prima, al fascismo, ma diciamoci la verità è un paragone ridicolo. A Berlusconi allora? Neppure, Giorgia ha certo carisma, ma non ha alle spalle il mondo che aveva Silvio. E allora cosa rimane? La forza collegiale e democratica della Dc, d’altronde è nata in un partito organizzato alla maniera antica, è forte con gli alleati internazionali, mi pare che già oggi proponga uno schema più vicino a quello democristiano che a quello del centrodestra conosciuto dal’ 94 ad oggi”.  Resta che FdI non sembra proprio la vecchia balena bianca. “Io la vedo così o lo diventerà o accanto a FdI può sorgere una nuova Dc che sostiene la Meloni, non parlo pro domo mea, perché, come diceva un mio antico maestro, la mia è la carriera più certa perché è tutta alle spalle”.

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