Il racconto

A cena con Meloni: l'establishment romano alla corte della leader di FdI

Salvatore Merlo

Il compleanno di Rotondi diventa la festa con cui Roma si presenta alla Predestinata. Dirigenti pubblici, avvocati, prefetti, generali e generone. Ma lei si apparta con Panetta

Casina di Macchia Madama. Sono le 21 e 30 di martedì 26 luglio. E’ il compleanno di Gianfranco Rotondi.  Circa duecento invitati. C’è quasi tutto l’establishment romano.  Due figure si appartano. Un uomo e una donna. Lui in completo scuro, brevilineo, compatto, una versione forse meno algida di Mario Draghi, è ripiegato verso di lei come nello sforzo  di esprimere un che di complicato, di preoccupante o forse addirittura di indicibile. Molti pensano che sarà il prossimo governatore della Banca d’Italia. Lei invece è vestita di bianco, i capelli legati, i pendenti dorati alle orecchie.  Ascolta, corruga la fronte, mentre sul suo volto  si legge un’attenzione tenace, famelica, combattiva.   E’ la donna di cui tutti ormai dicono la stessa cosa: “Ecco il prossimo presidente del Consiglio”. Sono seduti l’uno di fronte all’altra, Fabio Panetta e Giorgia Meloni, l’unico italiano nel Comitato esecutivo della Bce, l’ex direttore generale di Bankitalia, e la signora del centrodestra. Lui le sta illustrando “la situazione”, per così dire. Il contesto. Quello che forse potrebbe trovarsi lei a dover gestire, tra qualche mese, da Palazzo Chigi.  L’economia dell’euro, la politica finanziaria e monetaria, l’inflazione, lo scudo antispread, le politiche di austerity che forse tornano a fare capolino, le preoccupazioni di  Bruxelles e Francoforte sulla tenuta italiana. Le tensioni sul debito pubblico. A breve. Brevissimo. Perché la campagna elettorale è soltanto una parentesi irreale. Un tempo sospeso. Si vince, sì, forse. Ma poi si deve governare. Ed è così che  si estende, di fronte alla leader della destra italiana, alla Predestinata, il quasi sconfinato oceano da cui sorgono le bufere e i miraggi. E infatti distoglie lo sguardo per un attimo, Giorgia Meloni, come a voler afferrare un’ombra: è l’ignoto a cui furtivamente getta un’occhiata di ansiosa consapevolezza, quella che le fa subito dire: “Se vado al governo io metto in piedi una squadra stellare. Non voglio e non posso fallire”. Più distanti, per discrezione, ci sono anche alcuni degli uomini che la stanno aiutando nella compilazione del programma di governo. Raffaele Fitto, Giovanbattista Fazzolari, il capogruppo e cognato Francesco Lollobrigida. Pare che lei lo abbia detto senza mezzi termini a Matteo Salvini: “Nei programmi non voglio leggere stupidaggini o promesse irrealizzabili”. Chissà se è vero. Però è certamente vero che lei  ha ancora negli occhi, e nelle orecchie, gli annunci roboanti, l’abolizione della povertà e la via della seta con la Cina, i viaggi a Mosca e la crisi diplomatica con la Francia, Quota 100,  il caos, il dilettantismo e l’improvvisazione che Salvini mise in piedi con Luigi Di Maio e Giuseppe Conte nel 2018. Il governo del cambiamento. Un film dell’orrore. “Piuttosto mi ritiro a vita privata”. La speranza è nei numeri. Nei voti. Doppiare, triplicare quelli della Lega. Meglio correre da soli? Sì, ma se poi perdi perché ti sei separato da Salvini e Berlusconi poi la gente te la fa pagare. Ragionamento: gli elettori vogliono che vai da solo e che vai anche a governare, ma le due cose insieme non sono facili.


 Via di Macchia Madama è uno stradone che costeggia e sormonta lo stadio Olimpico. E’ la cima di Monte Mario, una zona di Roma che s’intuisce essere stata anzitempo strappata alla vita agra del feudo pontificio. C’è infatti un antico Casale, seminascosto, la Casina Madama, appunto, che fu residenza di Margherita d’Austria. Oggi ospita feste, eventi, matrimoni. E compleanni. Come quello di Gianfranco Rotondi, sessantadue anni, ex ministro di Silvio Berlusconi, deputato, eterno democristiano d’Irpinia. “Stasera la Dc ha battezzato Giorgia Meloni”, dice. “E’ una serata istruttiva, per chi volesse capire”. Capire cosa? “Le danno della fascista. Ma basta vedere chi c’è qui per rendersi conto che  è una stupidaggine”. Generali dei carabinieri, banchieri, imprenditori, ex prefetti, dirigenti di Camera e Senato, giornalisti Rai, dirigenti della Pubblica amministrazione, soubrette della tv, politici in attività e vecchi democristiani di un tempo che fu. E le camicie nere? Al buffet si serve Ernesto Maria Ruffini, il direttore dell’Agenzia delle entrate. Ecco il prefetto Giuseppe Pecoraro. Nemmeno un saluto romano. Ma c’è Paola Taverna vestita come un uovo di Pasqua. La Meloni la vede e si fa una foto con lei, sgranando gli occhi, come a dire: “Anvedi!”. 


Il rosario delle auto blu, dei lampeggianti, degli autisti e degli uomini di scorta lascia intravedere che qualcosa di più d’un compleanno sta per succedere. E’ la capitale che non ha paura, ma annusa. Si presenta ai nuovi, futuri, possibili, quasi certi vincitori. Ed è serenamente pronta all’Avvento. Spunta la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Indossa quelli che sembrano due enormi sassi del Cretaceo, come orecchini. E la solita spilla d’oro bianco da circa mezzo chilo sul bavero della giacca. Sarà forse per questo che procede un po’ sbilanciata. Pende a sinistra. La prendono sottobraccio. Era invitato anche Silvio Berlusconi, ma non è venuto.  Però a un certo punto il telefono cellulare del festeggiato, Rotondi, comincia a squillare. Driin. Driin. Driin. E’ Silvio!  “Sono qui con Gianni Letta, stiamo preparando il vertice del centrodestra”, si scusa il Cavaliere. Il vertice, certo. L’evento della settimana. Dell’anno. Lo spartiacque delle elezioni. Quello per le candidature. Per le liste. Quello dell’incoronazione del nuovo leader. Pardon: della leader. E allora Rotondi, in un soffio: “Potevi venire qua, Silvio. C’è anche Giorgia. E lo preparavi certamente meglio il vertice”. E Berlusconi: “In effetti è vero, ma a Salvini poi come glielo spiegavo?”. E Rotondi: “Non siamo riusciti a fare un grande centro, ma ora possiamo fare una destra centrale”. Poi, guardando da lontano Giorgia che sorride e ascolta tutti, Rotondi sentenzia: “Più Merkel che Thatcher”.


Tutt’intorno, fra i tavoli del buffet imbandito, gli ospiti roteano. Vino freddo e cibo eccellente. Una danza, un minuetto. Parlamentari in carica, ex parlamentari, aspiranti parlamentari. Donne dal trucco in stile macchiaiolo, altre che sembrano impacchettate da Christo, uomini rotondi e sudati,  avvocati, parastato e generone romano.  I nominandi o i nominabili per i cda delle partecipate statali  di un possibile futuro governo di centrodestra. Che poi, in parte, sono all’incirca gli stessi dei governi di centrosinistra. C’è ovviamente il fotografo Umberto Pizzi, che è lo spirito del tempo salottiero italiano. Passa anche Anna La Rosa, la giornalista Rai che intervistava Berlusconi seduto sul trono: si avvicina alla Meloni, di trequarti. Riesce a comparire in una foto con lei, che forse non se ne accorge. Qualcuno mormora malevolo: “Non si perde mai un battesimo”. 


Discorsi superficiali, gossip, qualche cattiveria. E tanto più ci si allontana dalla politica e ci si avvicina al generone romano, tanto più tutti sembrano sapere tutto. E spiegano tutto. Un fitto ragionare, un dissertare gravido di consigli, di suggerimenti  alla nuova regina d’Italia. Per esempio un avvocato dice di sapere per filo e per segno che cosa avrebbe detto davvero Berlusconi a Salvini e cosa Salvini pensa di Giorgia Meloni, e ovviamente cosa pensa anche Meloni di Salvini. Cosa pensa? “Che è mezzo matto”. Spizzichi di discorsi. “Non si sopportano ma devono stare insieme”, “Eh, però Berlusconi l’ha detto chiaro: vuole farlo lui il presidente del Consiglio”,  “Salvini è un pericolo soprattutto per se stesso”, “Se fanno un governo dura poco”, “Può darsi ma basta che arrivino a completare le nomine. Sono trecentosessantacinque. Almeno un anno e mezzo lo durano”. E così via. E allora eccola Roma, che impazzisce per Giorgia. Ecco la città dove per tradizione costruire relazioni equivale a creare il capitale. Al punto che la frase di ingresso, la nuova parola d’ordine è: “Giorgia? Ma sì, io la conosco da tanti anni“. D’altra parte lei è romana (e romanista). Un tizio argentato e massiccio attacca bottone con Giorgio Mulè, sottosegretario alla Difesa, che sta mangiando spaghetti cacio e pepe dunque forse non ha troppa voglia di ascoltare. “Angela, Elisa, venite qua”, dice quello. Angela ed Elisa arrivano. Sono la ballerina della tv Angela Melillo ed Elisa Isoardi, la conduttrice, l’ex fidanzata di Matteo Salvini. Tradimento (politico) postumo? “Vi presento il prossimo ministro della Difesa”. 

 

Alle 22 Meloni taglia la torta di compleanno a riprova che è lei la vera festeggiata. E Rotondi dà un senso circolare alla sua personale biografia politica: “Ho compiuto quarant’anni festeggiando con Forlani, a cinquanta ero con Berlusconi premier, adesso ne compio sessantadue brindando a Giorgia Meloni presidente del Consiglio”. Fabio Panetta è già andato via. E però, mentre Giorgia sorridente taglia la torta, si coglie forse ancora l’ombra di quel discorso sulla “situazione”. Un atteggiamento di ottimismo allegro che tuttavia pare allo stesso tempo di allerta.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.