Foto di Cecilia Fabiano, via LaPresse  

il commento

Il Pd nel Lazio arriva secondo in una corsa a due. Ed esulta pure

Andrea Venanzoni

Il Partito democratico nella capitale sprofonda, lontano quattordici punti da FdI. I dem speravano nell'effetto Rosa Chemical e Chiara Ferragni. Ma all'infuori della ztl si eclissano

Francesco Rocca è il nuovo presidente della regione Lazio. La sinistra, con le ossa frantumate in primis a causa delle proprie ormai endemiche divisioni e litigiosità, lascia la scena della Pisana con un ampio strascico di veleni e polemiche. Dopo aver flirtato in ogni modo possibile e immaginabile coi Cinque stelle per mettere in piedi un fantasmagorico fronte progressista, sull’onda montante della giunta Zingaretti che i grillini li aveva in seno e dei peana intellettuali di Bettini che in Conte sembrerebbe vedere la reincarnazione demiurgica di un nuovo Marx, e aver fallito l’obiettivo nel Lazio dove si è andati in ordine sparso, dalle parti del Nazareno sembrano comunque averla presa bene.

 

“Il Pd rimane saldamente seconda forza politica e primo partito dell’opposizione”. Lo hanno scritto davvero. È il tweet di commento al risultato alle elezioni regionali apparso sull’account Twitter istituzionale del Partito democratico, dove troneggia un grazie ai candidati usciti sconfitti. A dire il vero quel tweet suona come una vecchia barzelletta dei tempi della Guerra fredda. Jimmy Carter e Breznev si misurano in una gara di corsa. Carter vince. La Pravda titola "Breznev secondo, Carter penultimo!".

Ecco, nel Lazio il Pd è arrivato secondo, in una corsa a due. D’altronde che vi fosse un certo spirito masochistico lo si intuiva chiaramente dall’aver deciso, con sincronia inquietante, di tenere dibattiti e primarie per il rinnovo della segreteria politica nel cuore di una tornata elettorale assai delicata. Una forma di eutanasia politica, pur se timida e pigra.

Le giustificazioni, poi. Certo, l’astensionismo record. Certo, tenersi sul groppone il dover governare Roma capitale, campagna elettorale ontologica a favore del centrodestra, campagna elettorale che si dipana nelle vive carni dei cittadini, tra cinghiali, ritardi del trasporto pubblico, sporcizia, insicurezza stradale tra incidenti e morti, disfunzioni varie e soprattutto un sindaco che non scalda i cuori, e di cui rimane memorabile la promessa di realizzare la città in quindici minuti, e per la quale è stato pure istituito un dipartimento ad hoc.

 

Città in quindici minuti. Suona come uno scherzo, una boutade, soprattutto se si pensa a una città caotica e planimetricamente gargantuesca come la capitale ma è stato detto davvero all’epoca e il dipartimento creato sul serio. Molti romani devono esserselo ricordato, decidendo o di non andare ai seggi oppure di andarci e votare Rocca. Certo, il Terzo polo ampiamente sotto le premesse e le promesse. L’amore tra Calenda, i suoi memorabili e voluminosi dossier, i suoi video capitolini, e la città con il suo elettorato, sembra essersi spezzato.

Anche lui la prende bene e in un’intervista accusa gli elettori di voto di appartenenza. Lui che nel Lazio ha sostenuto il candidato del voto di appartenenza a sinistra. Certo, Sanremo, Fedez, Rosa Chemical e la Ferragni non hanno spostato poi così tanti voti, come invece sembravano ritenere autorevoli esponenti del Pd che hanno glossato ogni serata del Festival manco fosse "Il mondo come volontà e rappresentazione".

 

Pensavano quel palco fosse Stalingrado e Amadeus la reincarnazione di Vasilij Grigor'evič Zajcev, e invece era solo un festival musicale i cui messaggi non si sa come avrebbero potuto influire sulle esigenze più impellenti della popolazione laziale, quelle cosucce tipo la sanità, i trasporti, i servizi sociali. La verità dei fatti è che a Roma il Pd sprofonda, distanziato di quattordici punti percentuali da Fratelli d’Italia. Resiste nelle roccaforti ztl ma si eclissa ed evapora dove i temi sociali della quotidianità sono rimasti inevasi.

Enrico Letta, perentorio, twitta "i fatti". I fatti sarebbero che il Pd è in crescita, i suoi candidati aumentano i voti (rispetto le politiche, che ci avevano sempre detto esser altra storia). E perché si è perso? Facilissimo, perché Terzo polo e Cinque stelle si pongono reciproci veti, non si sopportano. Il Pd il suo invece l’ha fatto, confermandosi saldamente perdente.